Piano per il Lavoro 2011 della Regione Puglia: si parte!

di Luca Delton

Ragionare di lavoro oggi significa, fino a che non cambieranno la Costituzione, leggerne l’art. 1, che fonda la Repubblica democratica sul lavoro, cercando di coglierne il senso più profondo.

Il percorso è complesso e accidentato, perché, in una specie di grande ubriacatura generale, dalla metà degli anni novanta ci hanno abituato a pensare che la “flessibilità” in salsa italiana avrebbe aumentato le occasioni di lavoro.

Non ci hanno spiegato bene gli ingredienti di questa poltiglia peninsulare e hanno accuratamente omesso le differenze, nella strutturazione della flessibilità e del welfare, rispetto agli altri paesi europei. I dati impietosi degli ultimi dieci anni, e in particolare degli ultimi tre, hanno fatto chiarezza sul fallimento delle politiche del lavoro creative, basate su oltre quaranta tipologie contrattuali in stile ipermercato, che vanno dal “lavoro a chiamata” ai “buoni lavoro”. In epoca di crisi il lavoro flessibile e senza garanzie frana per primo e si porta appresso alcune generazioni e il loro diritto alla vita.

Pare complicato, nel basso impero politico di questi tempi, pensare che possa essere invertita la rotta riconoscendo gli errori commessi. Una parte della classe dirigente del Paese si dipinge il volto, si veste in mimetica ed entra in trincea per proseguire la propria battaglia permanente a difesa di una precarietà per la quale continueranno a coniare comici neologismi.

Da parte del Governo centrale sono mancati gli investimenti nel lavoro, se non per il foraggiamento di cassa integrazione in deroga. Sono mancati interventi correttivi sotto il profilo normativo e, anzi, quelli prodotti sono stati peggiorativi. Basti pensare alla riesumazione di tipi contrattuali come lo staff leasing (oggi non solo le auto sono in leasing!) e al ripristino della possibilità di assunzioni a progetto nei call-center.

E, come cantava Otello Profazio in “qua si campa d’aria”, al sud “siamo genti felici e stracontente: non abbiamo bisogno mai di niente!”. Di politiche per il sud, in cui fanno impressione le cifre sulla disoccupazione giovanile e femminile, nemmeno l’ombra.

Più che l’investimento economico è mancato quello in termini di idee, cioè il pezzo più importante.

In questo quadro la Regione Puglia ha provato a investire dandosi alcuni obiettivi.

Quattro mesi fa è stato presentato il Piano Straordinario per il Lavoro 2011. Era l’11 gennaio quando, nei locali della fiera di Bari, venivano illustrate cifre e obiettivi del Piano.Proviamo e riassumere la struttura del Piano in partenza e a dare le prime informazioni ai lettori.

Si prevedono 340 milioni di euro complessivi di investimento, oltre 52000 destinatari potenziali, 6 linee di intervento e 43 azioni specifiche. I pilastri della costruzione sono due: nuova occupazione, in particolare per la parte della popolazione con più basse prospettive occupazionali (donne e giovani) e salvaguardia dell’occupazione esistente attraverso la valorizzazione delle persone (non amo il termine “capitale umano”).

La governance del Piano prevede una cabina di regia con il coinvolgimento diretto delle Parti Sociali, del terzo settore, di alcuni assessorati regionali e delle amministrazioni locali.

Una delle critiche rivolte al Piano è stata quella di essere troppo piegato sulle attività formative. I vincoli di bilancio, legati al patto di stabilità, hanno imposto l’utilizzo di economie sul Fondo Sociale Europeo. Questo ha determinato la prevalenza dell’investimento sulla formazione, che, però, sembra finalizzato al perseguimento di obiettivi determinati e non alla distribuzione di risorse a pioggia. Il tutto con buona pace delle critiche tremontian-leghiste sull’incapacità del sud di utilizzare le risorse europee e sui “meridionali cialtroni”. Come la Regione Basilicata l’estate scorsa, con ironia e acume, potremmo riempire le spiagge di Rimini portando in giro cartelli con la scritta “meridionale cialtrone”, spiegando che, a volte, anche il sud produce impegno e idee, o almeno ci prova.

Come si cerca di generare nuova occupazione in Puglia, in particolare giovanile? La domanda merita una risposta precisa, che cercherò di fornire senza tute mimetiche e neologismi. Gli interventi vertono sulla formazione, sul sostegno al reddito per i lavoratori atipici e sul microcredito per l’imprenditorialità giovanile. Le modalità di attuazione seguiranno lo schema della pubblicazione di un avviso pubblico, al quale sarà possibile candidarsi da parte degli individuati come beneficiari della singola azione di intervento. Per ogni azione sono indicati obiettivi, destinatari, beneficiari delle risorse, modalità di attuazione, fonti di finanziamento, risorse e presunto numero di destinatari.

Interessante e distante da logiche assistenziali sembra la politica sul microcredito. L’avviso non è tra quelli appena pubblicati, ma lo sarà presto. L’obiettivo è quello di sostenere iniziative imprenditoriali giovanili non “bancabili”, in quanto prive delle garanzie necessarie. Il target sarà quello delle microimprese esistenti e di nuova costituzione, composte prevalentemente da giovani. La Regione ha già indicato i settori per i quali sarà prevista, in sede di valutazione delle proposte progettuali, una premialità. Si dovrebbe trattare dei settori del turismo, dell’ambiente e dell’industria creativa. Le cifre danno la dimensione dell’importanza riservata a questa azione, per la quale si investiranno trenta milioni di euro, con un coinvolgimento stimato in circa mille giovani.

Intanto, uno dei primi tre avvisi, pubblicati da qualche giorno, riguarda la costituzione di una rete informativa e di assistenza agli utenti sulle iniziative del Piano. A livello operativo, invece, i primi due avvisi vertono sulla formazione per gli occupati con contratto di apprendistato professionalizzante e sulla possibilità delle frequenza di percorsi di alta formazione. Il contratto di apprendistato è caratterizzato dalla fusione di lavoro e formazione nello stesso tempo. Una delle degenerazioni più diffuse è determinata dal fatto che spesso la formazione dell’apprendista viene vissuta come un peso e non come una risorsa, ammesso che venga realmente svolta.

L’obiettivo dell’avviso appena pubblicato è finalizzato al finanziamento della formazione, formale ed esterna all’azienda, dei giovani tra i 18 e i 29 anni assunti con contratto di apprendistato professionalizzante in tutti i settori di attività. Si prevede il coinvolgimento di circa settemila apprendisti nelle imprese pugliesi. L’avviso sull’alta formazione, che si differenzia dal vecchio “Ritorno al Futuro”, prevede l’erogazione di un voucher individuale, fino a seimila euro, per l’accesso a percorsi di alta formazione indicati e disciplinati nel catalogo interregionale on-line, disponibile sul sito www.altaformazioneinrete.it.

Enti di formazione accreditati per la macrotipologia “formazione superiore” e Università possono essere ammessi al catalogo interregionale dell’alta formazione presentando proposte di percorsi di formativi su tematiche specifiche, indicate dal bando. I percorsi formativi avranno inizio tra ottobre 2011 e aprile 2012 e dovranno chiudersi entro il 30 giugno 2013. Laureati e diplomati, purché occupati o in cassa integrazione, potranno, entro il 4 agosto 2011, presentare richiesta per l’erogazione del finanziamento da parte della Regione indicando il percorso formativo prescelto. La graduatoria delle richieste sarà pubblicata il 7 ottobre 2011 sul sito www.altaformazioneinrete.it. Si tratta di un primo intervento, a valere sull’asse 5 del POR 2007-2013 (quello che si occupa di transnazionalità e interregionalità), volto a favorire l’occupabilità e l’adattabilità, in epoca di crisi, ai mutamenti occupazionali.

Dovremo attendere per valutare le ricadute di questi investimenti sul mondo del lavoro pugliese. Possiamo, invece, già affermare che la Puglia, magari con qualche fisiologica difficoltà iniziale nei tempi, sta tentando di produrre qualche idea alternativa. L’impresa è complessa in quanto condotta in un Paese che, anziché recuperare risorse dai centoventi miliardi di evasione fiscale all’anno per investirli nelle politiche del lavoro, si inventa un’estrazione del lotto ogni dieci minuti per svuotare le tasche dei propri cittadini.

Proseguendo nel ricordo di Otello Profazio, male che vada noi meridionali cialtroni ci ritroveremo in spiaggia cantando “ma che bisogno c’è di lavorare, cu’ ‘stu cielu, ‘sta luna e cu’ ‘stu mari?”. Andando verso le spiagge potremmo persino sostare una ventina di minuti in un tabacchino, tanto per giocarci gli ultimi spiccioli in un paio di estrazioni del lotto.