“Essere o dover essere”? Incontro con Michela Marzano

di Greta Marraffa

Vi è mai capitato nel corso della vostra vita di dovervi fermare necessariamente ad un bivio? Molti a quel bivio sostano per molto tempo; altri, invece, osano e tentano di orientarsi aggrappandosi ai propri punti di riferimento. Ma quanto quella strada sarà percorribile se non ci si è soffermati preventivamente a conoscere sé stessi? Sentiamo di sapere tutto del mondo, delle sue sfumature, ma quanto in realtà siamo ignoranti su noi stessi, ignari del nostro stesso pensare e del nostro vivere? Quanto, nell’incertezza dei nostri giorni, i concetti di autonomia e di indipendenza sono così maledettamente attuali?
Proprio di questi temi è venuta a discutere la professoressa Michela Marzano, docente ordinario di Filosofia all’Università di Parigi V (René Descartes), nonché autrice di numerosissimi ed interessantissimi libri come: “Straniero nel corpo. La passione e gli intrighi della ragione”,”Sii bella e stai zitta”,”La filosofia del corpo”, “Etica Oggi”. La sala che ospita l’incontro è quella del teatro “Tatà” di Taranto.
La platea è così variegata: uomini, donne e ragazzi/e, ognuno con il proprio portamento, ognuno con la propria storia da raccontare. Ma l’esperienza reale e concreta oggetto del dibattito è quella della professoressa.
Nel suo ultimo libro, “Volevo essere una farfalla”, saggio filosofico toccante come un flusso di coscienza, la giovane scrittrice e filosofa racconta la sua esperienza triste e sofferta con l’anoressia.
La bella Michela tiene a sottolineare che non si tratta di un saggio biografico, ma di una raccolta di emozioni, di una cura, di una risposta, di una sintesi delle tante domande che si è posta nei lunghi anni di psicoanalisi, in cui tutti i tasselli della sua vita si sono ricomposti e hanno lasciato spazio alla sofferenza e alla catarsi, conducendola finalmente alla liberazione.
I suoi occhi sono lucidi, colmi di saggezza e di bellezza: una bellezza rara, quella che caratterizza i cuori ribelli. “Per anni sono stata prigioniera del timore di dover essere quello che gli altri avrebbero voluto che fossi” – Michela racconta dell’amore paterno così invasivo – “dovevo essere come mio padre voleva che fossi, al tempo stesso però dovevo essere indipendente”
Ossimori e paradossi insormontabili hanno caratterizzato un susseguirsi di processi di auto-negazione di sé stessa, per ottenere infine quel riconoscimento: il riconoscimento di suo padre e della sua famiglia. “I genitori dovrebbero saper riconoscere l’importanza dell’alterità dei propri figli, purtroppo nel rapporto genitoriale tale alterità viene del tutto cancellata per lasciar spazio alle aspettative, alla concezione illusoria che il “dovere” coincida con il potere e che tali non debbano lasciar spazio ai desideri e alle passioni”.
La scrittrice descrive l’anoressia non come banalmente si è soliti definirla – una malattia –, ma quale sintomo. E tale sintomo sorge a causa di una interpretazione distorta del concetto di “controllo”. E’ il rifiuto del cibo che la rende forte, è tramite questo segno di protesta che tenta di ribellarsi… ma non ci riesce,perché questo autocontrollo si trasforma in dipendenza,in morte! Michela combatteva contro un’ossessione competitiva. Un’ossessione reale, come erano reali i chili che perdeva.
Sembra però che la giovane professoressa sia finalmente tornata ”in sé”, non rimuovendo con la logica o con l’etica del dovere il suo malessere, ma affrontandolo, dopo averlo riconosciuto; partendo dalla considerazione che l’uomo non è solo anima, ma anche corpo; non è solo logica – che lei definisce la “colonna vertebrale” del suo essere – ma è anche desiderio, passione.
Attraverso questa personalissima testimonianza, Michela Marzano racconta la lotta di ciascuno di noi con il proprio lato oscuro; e ci spiega che, per star bene, non serve ribellarsi a sé stessi, ma bisogna imparare a saper “perdere il filo, a non incaponirsi, a non cercare a tutti i costi di essere coerente”.
La sua salvezza è stata la Francia: lei ci è andata per seguire un uomo che pensava di amare e non perché si considerasse uno di quei “cervelli in fuga”di cui oggi è tanto di moda parlare . Rivolgendosi alle ragazze in prima fila, porge un invito, cioè quello di vivere realmente la vita avendo il coraggio di attraversare i propri desideri, di coltivare i propri interessi e di conseguire incessantemente la propria felicità che non coincide necessariamente “con una brillante carriera all’università parigina”!!!!!!!!!
E’ il concetto di autonomia che deve riaffiorare nella sua lucentezza: quell’autonomia che offre la certezza di essere soggetto del mondo, soggetto della propria vita. La sicurezza di poter e saper progettare autonomamente il proprio futuro, senza aver il timore di non riuscire a sopportare l’abbandono o la sofferenza.
Le parole dolci e soavi come note di una sinfonia riempiono la sala di stupore ma anche di gioia. E’ il riscatto che affiora in ogni cuore, è la voglia di cambiare realmente la realtà delle cose partendo da sé stessi il motore che spinge la Marzano a dedicarsi a sé stessa, iniziando a valorizzarsi!
Alla guarigione del sintomo corrisponde, come lei afferma, un interesse filosofico radicalmente mutato. Ora “l’etica e il corpo sono la sua passione”, l’oggetto del suo insegnamento a Parigi.
Non teme la sofferenza: la psicoanalisi l’ha aiutata; afferma con voce sommessa: “E’ stato difficile ripercorrere i miei stati d’animo, i volti, le immagini scolpite nella mia mente. E’ stato come riaprire improvvisamente la porta di una soffitta ormai dimenticata ed abbandonata a sé stessa”
Lei ora è forte, non le importa del giudizio altrui, non le interessa quello che penseranno i suoi alunni, le sue colleghe o il suo compagno: ha voluto spogliarsi, denudarsi delle sue paure … l’ha fatto perché ora vola in alto… ora lei è una farfalla. Prima era leggera, ma appesantita dalle angosce e dalle paura; ora è serena ed osserva la realtà da prospettive differenti: studia la sua fragilità, impara ad amarla e a confrontarsi con essa, senza timore e con curiosità.

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