Il sacro ordine degli Amici “Liberi, Ecologisti e Sinistri”

di Serena Miccoli

Qualche domenica fa, ad una trasmissione su un’emittente locale il dott. Marcello Bellacicco, illustrava, fra le tante attrattive del territorio jonico tarantino, la possibilità del volo, che permette di godere, attraverso velivoli ultraleggeri, della visione di luoghi incantevoli come la Salina, o di meravigliarsi dinanzi alla bellezza della scacchiera meticolosamente creata dai contadini sulla nostra terra. Mentre il dottore procedeva con la descrizione di quella parte di Taranto vista dall’alto, affiorava alla mia mente un’altra immagine, quella di una Taranto vista da quote superiori, da un volo Brindisi-Roma: i due mari, le due piccole isole, la città vecchia. Tutto da lì su sembra nitido finché, in prossimità di Punta Rondinella, la visione viene ostacolata da una nuvola rosa, dalla quale non si intravedono dei teneri e saltellanti Mini Pony (come vuole il celebre cartone animato), ma quello che è l’impianto siderurgico più grande d’Europa.
E’ un macigno, l’industria cosiddetta pesante, che tira giù chiunque “sogni” e parli di alternativa ormai da anni – alimentato dalle esperienze personali e familiari, o dall’amore per quella realtà violentemente passata da industriale (Cantieri Tosi, Arsenale) e agricola¹ a fortemente industriale nel giro di un paio di decenni, attraverso la sottovalutazione di uno svantaggio su tutti: l’inquinamento.
Vi sono, però, fonti che parlano di una coscienza del problema già dagli ultimi anni 60 e di movimenti per l’ambiente che si manifestarono all’inizio dei ’70. Certo è che di fronte all’insediamento di quel nostro concittadino abusivo “condonato” che occupa buona parte del territorio tarantino, si venne a determinare una situazione molto simile a quella che si è riproposta lo scorso venerdì 25 novembre dinanzi a Palazzo di Città: anche allora sindacati e industriali – non per esplicito volere, ma per convergenza di obiettivi – si accolsero felicemente la seconda fase d’industrializzazione tarantina. Le motivazioni che li muovevano erano differenti: contrastare il dilagante stato di disoccupazione post-bellico era la principale preoccupazione dei sindacati, mentre ai datori di lavoro interessavano soprattutto le opportunità economiche che l’Italsider avrebbe offerto all’impresa locale sia direttamente (leggi appalti), sia indirettamente (attraverso il miglioramento del tenore di vita della popolazione).
Il costo di quel boom di benessere economico lo paghiamo oggi, nel conflitto fra chi rivendica un lavoro che nel presente è tangibile, c’è – per il quale ci si infortuna e talvolta si muore, ma c’è – e chi per colpa di quel lavoro non vuol morire più o, per lo meno, non vuole trasmetterne gli effetti negativi e mortali alle generazioni future².
Proprio qualche giorno fa è stato presentato il “Rapporto Ambiente Sicurezza 2011” dell’Ilva di Taranto: in una accattivante grafica, su uno sfondo beffardo composto da quanto mai adatte nuvolette rosa (di cui sopra, alle pagg 60, 89, in mise grigia pagg 57, 73-78), sono illustrate le medie annue delle rilevazioni sulle emissioni di inquinanti effettuate da “Ilva spa e altri Enti” (come si evince su alcuni di questi ideogrammi). C’è un puntino rosso all’interno della pagina 52: è quello legato al valore medio annuo di emissioni di diossina calcolato dall’Arpa(con detrazione d’incertezza del 35%). Merita attenzione la procedura legata a queste rilevazioni: queste avvengono senza preavviso, ma con un lasso di tempo pari a 90minuti fra l’arrivo dei tecnici Arpa e il campionamento; in tre misurazioni circoscritte al camino E312, tralasciando il resto dei numerosi camini; ciascuna misurazione dura per 6-8 ore, ma fino ad ora sono state monitorate solo ore diurne, mentre è in quelle notturne che i video dei cittadini tarantini hanno denunciato l’emissione della maggiore massa di fumi e polveri – ed è in quelle stesse ore che si verifica il numero più elevato di segnalazioni di malori da parte degli operai.
Nonostante queste variabili, che una semplice media annua su dati così rilevati non può considerare(sia essa effettuata da “Altri Entri” o Arpa), parole di giubilo sono state spese in riferimento al Rapporto Ambiente Sicurezza.
In primis dal Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, che con il suo post su facebbok “I livelli di diossina e furani prodotti dall’Ilva di Taranto non sono più pericolosi per la salute. Siamo partiti con 10 nanogrammi per metrocubo, con un’ipoteca sul futuro della città, e siamo arrivati a 0.2 nanogrammi: un’esperienza di avanguardia per tutta l’Europa.” ha incassato più di 400 commenti, soprattutto di cittadini della provincia di Taranto che non si lasciano ingannare (e invitano a non lasciarsi ingannare) dai ritratti che si vogliono far passare della situazione ambientale della città. L’Amico³, in perenne campagna elettorale di Impugliamento, preferisce evidentemente celebrare l’efficacia delle misure contenute nella legislazione regionale per la mera rilevazione dei dati, piuttosto che impuntarsi affinché i motivi per cui si effettuano i controlli abbiano riscontro (diritto dei cittadini alla salute e all’ambiente salubre!).
Della stessa comitiva amichevole di Vendola, anche Stefàno, del quale consiglio vivamente, in prossimità del termine del mandato, una rilettura e verifica del suo programma elettorale (Disponibile qui).
Stefàno, incassata la carica di sindaco nel 2007, sull’onda dell’entusiasmo dei cittadini giustificato dalla sua professione, dalla sua tesi di laurea sul tasso d’incidenza dei tumori in città, dalla sua attitudine al volontariato, assume una serie di atteggiamenti e attua misure che poco hanno a che fare con le aspettative di allora: lo “sconto” sull’Ici da addebitare all’Ilva, la sua posizione sul progetto Tempa Rossa, raddoppio Eni, centrale Enipower, documenti firmati che passano nel suo dimenticatoio in occasione del procedimento per la concessione dell’Aia, convegni in cui si attribuisce, anche ed insistentemente, allo smog delle auto l’alto tasso d’incidenza di tumori infantili. Cosa è cambiato dal 2007?
Quel rigore che ci si aspettava nella difesa e garanzia dei diritti alla salute e all’ambiente salubre, insomma, vacilla in più occasioni: sarà un caso, ma nel promuovere la Festa del partito, in una sua nota sull’amato Facebook, Stefàno trasforma il SEL in “S&L”; lapsus che, forse, ci dà ennesima dimostrazione di quanto meno “ecologia” e più “congiunzione” fra vari attori che intervengono nelle questioni ambientali, sia rimasto sia in lui che nel Segretario Nazionale di quello stesso soggetto politico.
Dunque orecchie ben tese per i prossimi mesi di intensa campagna elettorale tarantina. Nell’intimità delle proprie sedi infatti si stanno riunendo aspiranti coalizioni e circolano bozze di programmi, ma già nell’aria si sente la presenza di parole come “ecocompatibilità” o “alternativa”. La speranza è che dal nefasto giro di amicizie, fornitori di servizi in comune, promessine e elmetti da lavoro sui capi di chi le mani non se l’è mai sporcate, si erga ed emerga quella soluzione che tuteli tutti i diritti e di tutti, senza più rinunce né ricatti.

¹http://www.youtube.com/watch?v=2Z69OEwj8c4

²http://www.lucacoscioni.it/comunicato/allarme-fertilit-e-tumori-inquinamento-altro-comunicato-stampa-dal-congresso-di-lecce-ogg

³http://www.repubblica.it/politica/2011/07/13/news/addio_compagni_vendola_meglio_amici_ma_sul_sito_di_sel_parte_la_rivolta-19085989/