La pesca alla deriva

di Francesca Razzato

Il 25 gennaio i pescatori provenienti da tutta Italia si sono incontrati a Montecitorio dando vita ad un’animata protesta contro il caro gasolio.
Anche a Taranto la marineria, riunitasi in piazza Fontana, ha espresso il proprio dissenso contro la cancellazione dell’esenzione IVA da parte del governo, proclamando il proprio stato di agitazione.
La crisi che attanaglia il comparto pesca è radicata nel tempo ed è causata da problematiche di carattere nazionale, internazionale e prettamente locale.
I pescatori lamentano l’aumento dei costi di produzione (spese per il gasolio, per le reti, per la mano d’opera etc…)e subiscono gli effetti della stagnazione dei prezzi di mercato, dovuta all’introduzione di prodotti ittici provenienti da paesi extracomunitari a prezzi più concorrenziali.
Inoltre, giudicano molto negativamente le normative UE in termini di politiche sulla pesca, ritenendole penalizzanti per la pesca mediterranea.
Le norme sulla tracciabilità, sulla regolamentazione delle taglie minime dei prodotti ittici, accomuna le risorse mediterranee a quelle atlantiche, ignorando le peculiarità biologiche, come la taglia ridotta, delle specie che abitano i nostri mari.
I pescatori sono critici anche verso il decreto di fermo temporaneo della pesca, e verso l’adozione del Piano mediterraneo, che impedisce ai pescatori attività di pesca storiche nel Mare Nostrum.
La crisi che ha colpito i pescatori di Taranto è aggravata da un altro fattore: l’inquinamento.
La compromissione dell’ecosistema marino provocato dagli sversamenti incontrollati, industriali e civili, di sostanze altamente inquinanti, ha provocato enormi danni all’economia ittica.
Prima dello sviluppo delle grandi industrie, che hanno apportato alla città un benessere economico passeggero e danni irreversibili all’ambiente, Taranto era una città florida.
Il suo sostentamento lo traeva dai due mari, che erano ricchi di risorse.
Nel Mar Piccolo era fiorente l’industria per la lavorazione del bisso e per la produzione della porpora. La coltivazione dei molluschi, dei mitili in particolare, che ha origini antichissime, risalenti alla fase della dominazione bizantina, è da sempre stato uno dei punti forti della nostra economia.
Un dato risalente alla metà dell’Ottocento ci dice che, dei circa 30000 abitanti di Taranto, due terzi traevano sostentamento dal mare.
La nostra storia ci insegna che la vocazione di Taranto è marinara, prima che industriale.
Le istituzioni dovrebbero fare in modo di favorire, attraverso politiche di sviluppo sostenibile, la crescita dell’economia ittica e dovrebbero impedire ai pescatori di abbandonare la propria attività, con un sostegno che non sia di tipo emergenziale, ma strutturale e progettuale; e queste politiche, pur rispettando le peculiarità del territorio, non dovrebbero essere dislocate da un piano “globale” di difesa del mare e delle sue risorse.

Nel mar Mediterraneo, secondo i dati forniti dal WWF, 1.5 milioni di tonnellate di pesce vengono pescate ogni anno con metodi di pesca distruttivi, poco selettivi, e spesso illegali con enorme impoverimento della sua biodiversità.
A pagarne le spese saranno gli ecosistemi marini e costieri, danneggiati irreversibilmente, e i pescatori, che non potranno più attingere alla risorsa mare, perché definitivamente compromessa.
In tema di pesca sostenibile proprio il WWF, con la campagna “Aziende per il Mediterraneo”, propone alle imprese di contribuire attivamente alla tutela del nostro mare, partecipando a programmi per la tutela della biodiversità.
Tra questi appare interessante la certificazione MSC (Marine Stewardship Council), per la pesca sostenibile.
Acquistando un prodotto ittico con questa certificazione il consumatore sa di non contribuire ai danni ambientali e sociali della sovrappesca.
In due anni c’è stata una crescita strabiliante della vendita di prodotti con questa certificazione, con enormi vantaggi economici per aziende e pescatori.

Per tutte queste ragioni, sarebbe auspicabile che nel nostro territorio fin da subito si introduca un dibatto intorno a questa tematica, che appare ormai non più rinviabile, e che che in essa si intercetti una delle prospettive per il nostro futuro.