Cantiere Maggese. Cronaca di un’ occasione perduta

di Francesca Razzato

Questa settimana vi raccontiamo la storia del Cantiere Maggese – la struttura sorta da un paio d’anni in Città Vecchia – da un punto di vista privilegiato: quello di chi, come Gianluca Tagliente dell’associazione “Punto a capo”, in prima persona ha collaborato alla stesura del progetto per il laboratorio urbano di Città Vecchia.
Il termine “maggese”, che fa riferimento a quella pratica agricola per cui un terreno a lungo sfruttato, viene lasciato a riposo, affinché la sua rigenerazione avvenga naturalmente, doveva essere metafora della “rivitalizzazione e fertilizzazione del territorio e della comunità”.
Questi processi si sono verificati? Se non sono avvenuti, a chi sono riconducibili le responsabilità? La politica è capace di captare e valorizzare i fermenti che si sviluppano nel suo territorio?
Un dato è certo: se oggi ci si reca in questo luogo ad emergere non è la sua vocazione laboratoriale, ma piuttosto quella discotecara; e così nel silenzio generale, e grazie al sostegno di molti, un progetto dalle potenzialità straordinarie, si trasforma in un’occasione perduta.
La storia del Cantiere Maggese fornisce numerosi spunti di riflessione sui processi di gestione di uno spazio, che in senso astratto potrebbero figurare come dei paradigmi di amministrazione della  città.

Come e quando nasce il progetto del Cantiere Maggese?

Il progetto nasce all’indomani delle dimissioni dell’ex sindaco Di Bello. In quelle settimane, l’assessorato alle politiche giovanili della Regione Puglia, pubblica il bando “Laboratori Urbani”; così, con alcuni amici, veniamo a conoscenza che il Comune di Taranto è intenzionato a partecipare a tale bando. Le settimane successive con “Punto a capo”, l’associazione a cui appartengo, scopriamo che è stato costituito un gruppo di dirigenti del comune che si occuperanno di individuare il luogo da destinare al laboratorio urbano e di scrivere il progetto. Come “Punto a capo” inviamo un fax all’assessorato dei servizi sociali, dichiarando la nostra disponibilità a collaborare. Presto veniamo convocati insieme a “Programma sviluppo”, una società di formazione e progettazione. Nella stesura del progetto la nostra associazione  si occuperà della parte descrittiva, emozionale e tecnica, mentre a “Programma sviluppo” sarà riservata la parte economica e finanziaria.
Come associazione, subito diamo  il via ad alcuni incontri rivolti alle realtà dell’associazionismo tarantino, per coinvolgerle a collaborare nella parte del progetto di nostra competenza; da qui nasce l’incontro con un gruppo di giovani architetti, che in una fase successiva fonderanno l’associazione culturale  LABuat.
Inizia così la fase dei rilievi e della stesura del progetto riguardante le due sedi di via Cava 90 e vico  San Gaetano, denominate appunto “Cantiere Maggese”.

Gianluca, quale ruolo ha avuto l’associazione “Punto a capo” all’interno del progetto?

Per le associazioni , i movimenti e i singoli, che comunque in quel periodo vivevano una fase di notevole fermento, siamo stati una scintilla. Questo bando nasceva con la finalità di trasformare spazi comunali abbandonati, in luoghi di aggregazione giovanile. “Punto a capo”, come associazione, aveva la percezione, per il suo bagaglio di esperienze, di quelle che erano le difficoltà nel proporre cultura a Taranto. In primo luogo l’assenza di spazi e luoghi fisici, la cui mancanza  gioca ancora oggi un ruolo gravoso. Quindi ci entusiasmava l’idea di essere protagonisti di quello che sembrava  un momento di cambiamento così importante. Inoltre, l’architetto Valeria Cifarelli di LABuat ed io, ci stiamo occupati di scrivere la parte emozionale del progetto, ed insieme abbiamo anche coniato il nome di questo spazio: Cantiere Maggese.
Abbiamo scelto di definirlo un “cantiere”, perché il fermento che c’era in quegli anni, e la collaborazione con il comune che viveva una fase politica instabile, dava l’idea dei “lavori in corso” e di qualcosa che dovesse costruirsi man mano. La definizione di Maggese è riconducibile alla  pratica agricola che consiste nel lasciare a riposo una parte del terreno che è stato a lungo coltivato e sfruttato, per permettergli di rigenerarsi naturalmente. Lo slittamento semantico della pratica agricola del maggese alla realtà ionica, in cui il progetto è stato calato, avrebbe dovuto coniugare l’esigenza di rispondere alla priorità territoriale di creare per i giovani un ambiente fertile agli influssi, alla necessità di sopperire alla carenza di luoghi di aggregazione giovanile.
Il “maggese”  sarebbe dovuto diventare la pratica che simbolicamente richiama il processo di rivitalizzazione e fertilizzazione del territorio e della comunità, che da una situazione di stallo e di attesa, riesce a produrre nuovi e maggiori stimoli per la comunità. Ci stimolava l’idea che questo spazio fosse ubicato in Città Vecchia, che è sempre stata politicamente giudicata come il cuore della città e il centro della rinascita, ma che concretamente non ha mai visto effettivamente questo programma di sviluppo attuarsi.

Quali erano le finalità per le quali il Cantiere Maggese è stato progettato?

Il progetto “Cantiere Maggese” nasce con l’obiettivo di creare nuovi spazi dove favorire l’inserimento e l’integrazione socio-culturale dei giovani e giovanissimi. Il suo obiettivo originario era quello di sviluppare un lavoro permanente e quotidiano di sviluppo culturale dedito a coinvolgere diversi  attori sociali, intervenendo con programmi specifici miranti alla coesione sociale, al contrasto del disagio e della devianza minorile, al contrasto dell’abbandono scolastica. I laboratori, inoltre, sarebbero dovuti essere i luoghi privilegiati dell’apprendimento nei campi dell’arte, delle nuove tecnologie e della cultura.
Quello spazio doveva costituire per il quartiere( in particolare per i bambini e i ragazzi) e per la città   un presidio fisso e un luogo fondamentale per la crescita culturale e sociale.

Dall’apertura del Cantiere Maggese ad oggi, che genere di attività si sono svolte?

La fase bellissima ed entusiasmante di questa esperienza è stata quella precedente all’apertura del Cantiere, quella di gruppo e preparazione, in cui i tanti e diversi, dai singoli alle associazioni, si sono messi in gioco, cooperando e arricchendosi a vicenda. Credendo in  questo progetto, tessendo rapporti importanti con gli abitanti del quartiere, e dando vita a una serie di iniziative portatrici di un vento innovatore e di cambiamento.
Le cose sono cambiate nel momento in cui il Comune di Taranto, proprietario dei locali e soggetto che partecipa al bando della Regione Puglia, ha assegnato la struttura.
Il soggetto attualmente gestore della struttura [la cooperativa Carisma, ndr], risultato vincitore del bando, non credo che abbia  le competenze, le capacità e forse anche la voglia di proporre le attività che erano iscritte nel progetto, come testimoniano gli ultimi utilizzi del Cantiere Maggese.
Il bando prevedeva che il soggetto gestore prendesse un contributo nel primo anno di attività e per gli altri quattro anni successivi provasse a mettere a reddito quel posto, e che attraverso le attività finanziasse la gestione del Cantiere.
La storia sino ad ora ha dimostrato che il soggetto gestore non è stato in grado di rispettare la destinazione d’uso di quel bene.

Gianluca, secondo la tua percezione qual è il bilancio dell’ attività svolta nel Cantiere in questi anni? Ha rappresentato per il quartiere un momento di crescita sociale e culturale?

Il giudizio è chiaramente nel complesso negativo. Sebbene, rispetto alle attività, abbiamo potuto fare una distinzione tra un “prima “ e un “dopo”,  se oggi mi recassi in Città Vecchia e incontrassi alcune delle persone che in quella fase iniziale si erano fidate di un gruppo di giovani che raccontavano loro che il Cantiere Maggese sarebbe diventato un luogo in cui i loro figli avrebbero potuto giocare e crescere attraverso i laboratori e le attività, così come il progetto originario prevedeva. Facendo un bilancio di quello che è diventato il cantiere oggi, non faccio fatica ad immaginare la delusione di questa gente e il loro conseguente giudizio negativo su come invece si è operato.

Allora, secondo te quali caratteristiche dovrebbe avere la gestione del Cantiere Maggese,  affinché quel luogo costituisca uno strumento di emancipazione per la Città Vecchia ?

Affinché quello spazio viva e diventi un punto importante per la città, è necessaria la presenza di un gruppo di persone, capace di dare un’identità culturale precisa e netta a questo luogo.
Solo attraverso questa guida è possibile che singoli e associazioni esterne possano trovare uno spazio dove proporre le proprie attività e dove sviluppare i propri interessi; Solo mettendo a sistema quelle competenze, sarebbe possibile creare un momento di crescita sociale e culturale per il quartiere e la città intera. Ma purtroppo sino ad oggi la gestione di quel luogo  non si è caratterizzata per le sue progettualità, ma piuttosto si è contraddistinta per la loro mancanza.

Nell’ottica di quanto delineato fin ora, è possibile attribuire responsabilità politiche per la situazione in cui oggi versa il Cantiere Maggese?

Credo che si sia persa un’occasione importante, perché quello spazio poteva essere qualcos’altro. Ritengo che le responsabilità maggiori siano attribuibili al soggetto gestore. Anche se, nascendo questo progetto da un’ esigenza ben precisa che la Regione Puglia voleva raggiungere attraverso il bando “laboratori urbani”, e avendo il comune di Taranto coofinanziato  il progetto, ritengo che nel momento in cui è emerso che la gestione era finalizzata ad  obiettivi che si discostavano dal progetto iniziale, il Comune avrebbe dovuto fare in modo che ciò non avvenisse. Quindi credo che delle responsabilità ci siano.

Se tu fossi un assessore alle politiche giovanili, come metteresti a sistema il fermento che c’è in città, con le dinamiche culturali che stano caratterizzando la Regione Puglia in questa fase?

Sicuramente cercherei di progettare e condividere le scelte politiche legate ai giovani e al loro modo di esprimersi. Farei in modo di conoscere quelle parti di città che mi sfuggono e proverei a captare tutti quei “ bollenti spiriti “ presenti e proverei a giocare un ruolo che secondo me per la politica è importantissimo, ovvero quello di connettere tra loro tutti questi fermenti, dando a queste realtà gli strumenti che la Regione mette a disposizione, creando un ponte con essa. Manca tuttavia forse alla nostra classe politica la volontà e la capacità di rendersi strumento propulsore per tutte quelle realtà che potrebbero essere, se valorizzate, strumento per il cambiamento.

4 Comments

  1. Anonymous April 24, 2012 3:45 pm 

    che paura nel definire le responsabilità politiche, che prudenza… Eppure sembrano molto chiare… Non facciamo nomi e cognomi perchè forse stiamo ancora facendo campagna elettorale a favore?? Ragazzi siamo giovani… liberiamoci dai lacci e dai lacciuoli del potere!!

    Luca Occhionero

  2. Anonymous April 27, 2012 5:17 am 

    Una storia che ha molto in comune col mercato coperto Kennedy di San Giorgio Jonico.

  3. Anonymous April 27, 2012 8:44 am 

    c’è da chiedersi (anche se credo sia chiaro) come mai tutti quei soldi, che sarebbero dovuti finire in mano a chi queste cose le aveva progettate per bene, attraverso anni di lavoro sul territorio, siano invece finiti in mano di perfetti sconosciuti, provenienti addirittura da fuori Taranto……. che nervi che mi vengono se penso che per promuovere qualcosa di culturale che riesca a rendere partecipi gli abitanti dei quartieri, qui a Taranto, c’è chi ci rimette di tasca propria, mentre c’è chi prende migliaia di euro con questa scusa, senza neanche riuscire a far partecipare la gente dei quartieri e mossi e interessati da progetti dai finanziamenti facili, fanno i loro porci comodi con soldi che servono ad altro ……….una struttura che doveva essere per gli abitanti del quartiere regalata a gente che non ha nulla a che fare con la nostra cultura e che sta facendo di quel posto mero business e affari personali. Io vado contro.

  4. Anonymous April 29, 2012 12:31 pm 

    Se non mi sbaglio la gestione del cantiere è stata sempre chiara con persone iscritte ad un determinato partito politico. Il Cantiere Maggese fu promosso, finanziato per il caldeggiamento di un determinato partito politico anche contro un’esperienza allora ottima come il Clororosso(cui una sede non è mai stata data). Si può dire qual’è il partito politico? Vogliamo completare questo ottimo articolo? Si può anche dire che sarebbe il caso di non votare quel partito politico insieme ai suoi candidati? Si può dire o andiamo a toccare qualche sensibilità?
    Luca Occhionero

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