Come ti azzero pensioni e welfare nel nome dell’euro (e col consenso del PD)

di Roberto Polidori

Titanic Europa: questo il titolo di un recente libro dell’economista Vladimiro Giacché; alla luce degli ultimissimi eventi di cui tutti hanno qualche cognizione, mai titolo fu più azzeccato. Anche perché un’eventuale sopravvivenza dell’euro non sarà indolore per noi italiani, nel senso che le politiche di austerity appena intraprese dal governo Monti rischiano di essere il piacevole antipasto di un pranzo ben più indigesto. Figurarsi cosa potrebbe succedere in caso di uscita “disordinata” dalla moneta unica… nessuno lo sa.

Già a Marzo 2011 da queste colonne abbiamo cominciato a prefigurare una serie di rischi potenzialmente devastanti per l’economia italiana a causa degli squilibri economici interni di paesi europei strutturalmente troppo diversi, fatti convivere artatamente sotto l’egida di una moneta comune. “Siete troppo pessimisti”, fu il commento di più di qualche amico: oggi gli stessi amici ammettono che “ci abbiamo azzeccato”.

Occorre ricordare che, a parte i timori espressi da esimi economisti internazionali già  durante la calda estate 2010, una batteria non indifferente di economisti italianissimi – e mai troppo apprezzati e ascoltati- ha, con varianti sul tema, evidenziato con crescente preoccupazione tutti i rischi della permanenza in un Europa unita “solo nella moneta”: chi scrive non ha fatto altro se non tradurre nel modo più chiaro possibile questi timori. Adesso anche  gli economisti mainstream più ottimisti devono ammettere che seri rischi di crak sono all’orizzonte.

Per comprendere i motivi del pessimismo di chi scrive è necessario ricostruire brevemente i presupposti logici delle azioni di politica economica del nostro governo.

Mario Monti diventa Presidente del Consiglio il 16 Dicembre 2012, quando è a tutti chiaro che il Governo Berlusconi – che continua a negare la crisi con lo spread Btp-Bund a 530 – non è in grado di dare attuazione alla famosa Lettera della BCE inviata al nostro paese in data 05/08/2012 (è la lettera che chiede liberalizzazioni e riforme strutturali di pensioni e lavoro).  Il presupposto logico dell’insediamento di Monti è pericoloso perché vero: Berlusconi è un incapace e Tremonti è buono a fornire analisi storiche della crisi ex-post (cioè oggi) ma in tre anni di governo non ha fatto niente per tirare l’economia italiana fuori dalle secche, se non negare la crisi. Così, grazie anche ad un poderoso battage pubblicitario a reti unificate sui principali quotidiani nazionali – ad eccezione di Manifesto, Fatto Quotidiano ed Unità – passa il messaggio che, finalmente, anche l’Italia ha il suo alfiere tecnico in grado di traghettare il paese fuori dalla tempesta per lasciare poi ad un governo politico di larghe intese la possibilità di ritornare a cassetta con i conti pubblici risanati.

Monti – Presidente Europeo del Trilateral, primo Presidente del think thank  Bruegel e membro del comitato direttivo  del Bilderberg – è stato Presidente della Bocconi ed è un noto economista liberista.  Il liberismo (o teoria neoclassica) è quella dottrina economica che, sbagliando in mala fede, fa finta che le scelte economiche siano a-politiche, non siano cioè dettate dagli interessi di pochi gruppi di persone più o meno organizzate, ma siano invece dettate dalla scelta razionale del singolo (che non interfaccia con nessuna altra persona o sodale ed è quindi un “atomo”) posto di fronte ad un numero finito di opzioni da scegliere nell’allocazione di risorse limitate. Per la teoria neoclassica l’uomo è un robot, per cui farà la scelta più razionale in assenza di interazione con altri uomini  – i monopoli sono “fallimenti” del mercato perfetto da regolamentare- : non ci sono altre possibilità. Soprattutto, dato che il comportamento di questo uomo-robot è prevedibile, può essere misurato “scientificamente” attraverso la matematica differenziale.  Per l’economista liberista l’economia nazionale è frutto della somma delle economia dei mercati dei singoli beni: l’economia è il frutto dell’azione di tanti robot senza alcun rapporto di conoscenza.

Questa economia di automi “intelligenti” – poiché fanno sempre la scelta più razionale senza mai scambiarsi emozioni tra loro o stringere legami di lobby – è in grado di massimizzare l’utilità di risorse scarse se:

1)      L’attività dello Stato è ridotta al minimo indispensabile (Difesa dello Stato e garanzia di applicazione delle leggi). L’ingerenza dello Stato nelle attività economiche di ogni tipo (anche Welfare e Salute) implica un’allocazione non efficiente di risorse, e quindi uno spreco, sia esso un maggiore utilizzo delle stesse rispetto al necessario e/o un’allocazione ad un prezzo più alto o basso rispetto al prezzo di mercato; uno Stato ipertrofico e con un bilancio in deficit di spesa è semplicemente impensabile e tutti i servizi normalmente pubblici dovrebbero essere privatizzati; l’unico investimento previsto è quello privato perché frutto di un’attenta analisi costi- benefici (quindi di una scelta efficiente);

2)       Tutti i fattori produttivi sono liberi di essere collocati ai “prezzi di mercato”. In questo senso anche e soprattutto il lavoro (la cui funzione sociale non esiste per il neoliberismo) è soprattutto un bene che non fa eccezione; i sindacati che contrattano, dunque, dovrebbero essere semplicemente aboliti ed la contrattazione dovrebbe essere solo a livello individuale;

3)      L’unico strumento di politica economica utilizzabile per risollevare le economie è la moneta, nel senso del contenimento dell’offerta della stessa onde evitare inflazione (un rialzo continuo dei prezzi) che, secondo la teoria neoclassica, erode i salari e stimola rivendicazioni sindacali non “efficienti”. Ovvero attraverso una riduzione del tasso di interesse per stimolare gli investimenti privati, che sono gli unici possibili visto che le politiche economiche Keynesiane (politiche statali industriali, sanitarie e formative) sono semplicemente un’eresia.

E’ chiaro che Monti è il vate del neoliberismo in Europa. Chi meglio di lui avrebbe potuto dar corso alla lettera della BCE? Quest’uomo si è presentato al grande pubblico italiano in una trasmissione alla 7 affermando che il “grande successo dell’Europa è la Grecia”, un paese in cui la disoccupazione ha raggiunto il 23% e 500.000 bambini (su 11 milioni di greci) sono malnutriti. Fa specie che il centro-sinistra italiano (anche Vendola inizialmente) si sia immediatamente schierato al fianco del salvatore della patria (ricordate il Salva-Italia?) accecati dallo spread che, in poche settimane, calò a 300 punti base.

Gli economisti italiani che avevano previsto l’attuale situazione, hanno scientificamente contestato punto per punto la teoria neoclassica ben prima dell’attuale stato di cose e avevano invitato a non cantare vittoria per l’abbassamento dello spread. Nel merito:

1)      Nel contesto sociale l’uomo prende decisioni economiche dopo essersi confrontato con “pari grado” e dopo essersi scontrato con altri gruppi sociali: le classi esistono, così come esistono le lobby, perciò l’uomo non è un automa e non è la “scarsità” di risorse a guidare le sue scelte. A conferma di ciò l’attuale crisi si caratterizza perché mai l’uomo ha raggiunto un insieme di conoscenze così alto come quello odierno né è mai stato circondato da tanti beni in tale quantità in nessun altra epoca (neanche nel 1929). L’esistenza di lobby granitiche è stata confermata dal Cresci-Italia: 500 notai in più, lo scorporo di una rete del gas (riconsegnata ad un’altra società di Stato) e la “liberalizzazione” delle licenze dei taxi demandata alla decisione dei singoli comuni. Tutto qui: talmente poco che, per dare corso alla fantomatica “spendig review” (ossia la razionalizzazione delle spese pubbliche) stiamo aspettando il nuovo commissario dei Tecnici (Mr. Bondi “mani di forbice”). Ma i tecnici (alcuni dei quali economisti) avrebbero potuto leggersi qualche libro di economia o storia economica per capire che esempi di libero mercato sono rarissimi a livello macroeconomico (di dimensione nazionale e non locale) e che le lobby sono durissime da sconfiggere….intanto, per non sbagliare, vengono tosati i redditi fissi in attesa che le liberalizzazioni cancellino gli interessi corporativi, ancora vivi, vegeti e, se possibile, più granitici;

2)      In Italia non si fa altro che parlare di riduzione di Spesa Pubblica e Debito Pubblico anche a sinistra (ammesso che un partito che annovera tra le sue fila Boccia, Finocchiaro, Fioroni e Veltroni possa dichiararsi “di sinistra”). La Lettera degli Economisti sottoscritta da 250 studiosi nel Giugno del 2010 () ammoniva con congruo anticipo i governanti italiani sugli effetti recessivi delle politiche di austerity: Repubblica, Corriere della Sera, Europa, Stampa non hanno mai ritenuto di dover pubblicizzare questo documento che anticipava con precisione svizzera ciò che sarebbe accaduto semplicemente perché la storia insegna che, in tempo di crisi, il debito pubblico va manutenuto, non va ridotto con tasse poiché, semplicemente, non cala  il rapporto tra debito pubblico e PIL, che è ciò che realmente conta. Se, in un rapporto (una divisione) scende il denominatore ma il numeratore (il PIL) scende più velocemente, il rapporto non si riduce ma aumenta. Infatti il rapporto Debito pubblico/PIL salirà dal 120 di oggi al 123% nel 2012 (invece di scendere). E tutto questo dopo una manovra assassina da 80 mld di Euro fino al 2013, fatta per ¾ da nuove tasse e quindi, se possibile, ancora più recessiava. Da un punto di vista squisitamente storico, a differenza di quanto le teorie di Monti preconizzano, i debiti pubblici di paesi da sempre liberisti come USA e Regno Unito sono esplosi agli inizi degli anni ’80, con Reagan e Tatcher, i “liberisti per antonomasia”…una contraddizione in termini che Monti non ha mai spiegato. I 250 economisti della Lettera del 2010, più che fossilizzarsi sul Debito Pubblico e sulla Spesa pubblica dei paesi dell’area Euro, hanno individuato nei crescenti squilibri di avanzi e disavanzi commerciali dei paesi (la differenza positiva o negativa tra controvalore di esportazioni ed importazioni) la vera causa di una possibile deflagrazione della zona Euro. Se il vero problema di un paese fosse il Debito Pubblico il Giappone sarebbe fallito da tempo, con il suo rapporto Debito/PIL al 244%: le sue aste di titoli di debito pubblico vanno sempre esaurite con tassi bassissimi. Il vero problema è il Debito Privato, quello delle banche e quello delle imprese, cioè il vero problema è il Disavanzo Commerciale crescente di tutti i paesi europei nei confronti della Germania. L’articolo a cui faccio riferimento è stato pubblicato da Emiliano Brancaccio il 2  Marzo del 2011, 15 mesi fa. Oggi (3 giugno), su Repubblica, Federico Rampini e l’economista Boldrin parlano di “disavanzi commerciali crescenti “ e del neo-imperialismo commerciale della Germania che, con la sua forza economica, fagocita tutti gli altri paesi europei. Ma l’Italia, con altri paesi europei, non avrebbe potuto porre il problema a livello europeo insieme con Francia, Grecia e Spagna prima di sottoporre i propri cittadini a 4 manovre economiche, l’ultima delle quali deve ancora sortire i suoi effetti micidiali?

3)      La teoria economica dominante non contempla la presenza di disoccupazione: cioè non dovrebbe esistere disoccupazione. Capisco che il lettore potrebbe essere colto da un attacco di risate isteriche ma, per Monti, se la disoccupazione esiste è solo perché la forza lavoro non è efficientemente allocata. Bisogna liberalizzare il mercato del lavoro per abbattere la disoccupazione, anche se ciò comporta una riduzione reale (e nominale dei salari). Ciò potrebbe comportare un aumento temporaneo della disoccupazione (l’ “aumento temporaneo” in Grecia è al 23%, in Spagna al 25% ed in Italia al 10,9%- con sistemi di calcolo che mascherano la disoccupazione reale) ma, nel lungo periodo, la disoccupazione dovrebbe diminuire.  La teoria poggia tutta sulla convenienza dell’imprenditore privato ad assumere persone (in assenza di Stato) per cui compito del Governo è incentivare l’occupazione con detrazioni alle imprese. Peccato che, come dimostrato storicamente dalla Grande Crisi del ’29), quando gli imprenditori – che non sono robot- sono scoraggiati (cioè non sono fiduciosi nella ripresa futura), semplicemente non assumono o licenziano dopo aver sfruttato gli incentivi, anche con salari bassi. Intanto, però, il mercato del lavoro italiano è stato “modernizzato” e la precarietà, con la rivisitazione dell’Art. 18, è stata estesa anche alle persone assunte a tempo indeterminato, con  l’abolizione della Cassa Integrazione e istituzione di un’assicurazione privata (ASPI) che dovrà essere pagata dai lavoratori e garantirà una mancia per un anno ai lavoratori “flessibili”. Peccato che siano stati pubblicati sei studi economici sulle conseguenze della maggiore flessibilità del lavoro sul tasso di occupazione di un paese e nessun economista abbia potuto dimostrare che una maggiore flessibilità implichi maggiore occupazione.

4)      Appare chiaro che la politica economica comunitaria non può essere affidata al tasso di interesse, già bassissimo (1%), anche perché le banche si fanno pagare il rischio che corrono nel prestare i soldi applicando un tasso al cliente altissimo. Gli investimenti privati non ripartono e ci vorrebbe l’intervento dello Stato, ciò che proprio oggi Obama si appresta ad ordinare negli States (per la quarta volta) e che in Europa, invece, non si può fare perché, al contrario, stiamo “costituzionalizzando” l’austerity di bilancio su ordine tedesco. Impedire ad uno Stato di utilizzare le proprie risorse per investire e sostenere la domanda vuol dire condannare a morte gran parte dei propri cittadini, come abbondantemente argomentato in due interviste rilasciate a Siderlandia qualche mese fa dagli economisti Emiliano Brancaccio e Vladimiro Giacché.

Al di fuori della Germania tutti i paesi d’Europa, Francia inclusa, sono stretti all’interno di una moneta unica impossibilitati costituzionalmente a sostenere le proprie economie con le rispettive entrate fiscali – che sono utilizzate proditoriamente per coprire i debiti pubblici: in questa situazione tutte le economie europee sono destinate ad avvitarsi su se stesse e si annunciano nuove manovre atte a reperire nuove risorse. Ma c’è un problema: in Italia è stata innalzata l’età di pensionamento cancellando in pratica le pensioni di anzianità, è stata fatta una riforma draconiana delle pensioni che ha di fatto cancellato tutte le tipologie di pensioni che non siano di tipo contributivo (cioè ognuno si paga la propria pensione e se non lavora pazienza), è stata creata l’assicurazione privata per gli ammortizzatori sociali, l’indicizzazione al costo della vita delle pensioni più alte è stata bloccata per due anni, è stata varata una riforma del lavoro che rende il mercato del lavoro italiano tra i più flessibili in Europa, è stata introdotta l’lMU e spacciata da Monti come una mini-patrimoniale (mentre è incostituzionale perché non è progressiva all’aumentare dei redditi). La Senatrice PD Finocchiaro ha pubblicamente plaudito alla riforma del lavoro (che ha votato come tutti i senatori del PD); un riforma che, come tutte le “riforme liberiste”, oltre ad essere scientificamente discutibile è  di destra.

Ora, però, le cartucce sono finite e lo spread, come preconizzato dai 250 economisti dell’ “altra lettera”, è nuovamente a 470. Potrà scendere (e solo temporaneamente) se, accanto ad artifici contabili, si utilizzerà l’ultima arma che il ricettario del libero mercato consiglia, quella già utilizzata in Italia nel secondo dopoguerra: un devastante taglio secco di salari, un taglio nominale che ci condannerà ad essere i contoterzisti cinesi della Germania, ma in Europa, e che consegnerà per due soldi le nostre importanti industrie in mano tedesca. Un film in pieno svolgimento in Grecia, il “successo europeo” tanto amato dal nostro Presidente del Consiglio.

Mentre in Grecia, Portogallo, Francia e persino in Irlanda (con il Sean Fenn) la sinistra parla apertamente di andare a battere i pugni sul tavolo della Signora Merkel, in Italia, a parte il Soldato Fassina, capoeconomista del PD in crisi d’identità che ha un grande bisogno di essere salvato, il nostro maggior partito di opposizione (??!!) non prende una posizione precisa. Va bene tutto ed il contrario di tutto: avanti così!

1 comment

  1. Anonymous June 20, 2012 1:54 pm 

    L’ANALISI E’ PERFETTA.UNA COSA PERO’:RENDERE PIU’ FACILE LA LETTURA ALL’ITALIANO NON POLITICIZZATO.IL TESTO E’ PRETTAMENTE TECNICO E NON POTREBBE ESSERE ALTRIMENTI,MA SI POTREBBE RENDERLO DI PIU’ FACILE LETTURA SEMPLIFICANDO IL CONTENUTO,LASCIANDO NALTERATO IL SUO VALORE.COMUNQUE CONDIVIDO E APPROVO E’ UN LAVORO BEN FATTO E RENDE BENE L’IDEA DI QUEL CHE E’ ATTUAMENTE L’EUROPA DELL’EURO E DEI TRATTATI ULTIMI SCORSI.NONCHE’ DI CHI SIA VERAMENTE MONTI E LA SUA CRICCA:GRAZIE!!!

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