Ali Hasan e i diritti violati dei bambini dei Bahrain

di Serena Miccoli

Le sommosse popolari, in Bahrain non sono finite: quotidianamente cortei si accendono per le strade di tutto il Paese contro il regime di Al Khalifa, ma non c’è nessuna notizia, a proposito, sul sito dell‘agenzia di stampa nazionale bahrainiana; sono cortei pacifici di protesta che ricevono una risposta armata che è causa di numerosi feriti e incarcerazioni di donne, uomini e adolescenti.
In quest’ultimo mese la storia di un 11enne arrestato è riuscita ad oltrepassare il muro della censura del Paese: il bambino, Ali Hasan, è stato detenuto – fino a pochi giorni fa – con l’accusa di aver preso parte ad un raduno illegale, ovvero, per la legge del Bahrain, ad un raduno di un numero di persone superiore a cinque. Il 5 Luglio verrà emesso il verdetto riguardo quest’accusa, la cui condanna prevista va da un paio di settimane a tre anni di detenzione. Da un documento presente sul sito di Amnesty International si apprende che il bambino non ha potuto incontrare il proprio avvocato prima della terza apparizione in tribunale e che, successivamente all’arresto, è stato interrogato per 4 ore in stazione di polizia, da solo: con la promessa di essere lasciato libero, affamato e stremato ha poi “confessato” le accuse imputategli, pur avendo dichiarato al proprio avvocato che stava giocando vicino casa con altri bambini quando i poliziotti – richiamati dal corteo che aveva luogo in quel momento nelle vicinanze – hanno minacciato di sparare qualora non avessero fatto ciò che veniva detto. Il quotidiano “The Guardian” del 20 giugno, pubblica un comunicato dell’ambasciata del Bahrain a Londra, nel quale si sostiene che il bambino nel momento dell’arresto abbia dichiarato di essere stato pagato per compiere azioni illegali, cioè bloccare – con i manifestanti – una strada principale con bidoni dell’immondizia. [¹]

La responsabilità penale in Bahrain è riconosciuta al raggiungimento dei 15 anni, e nonostante ciò quello di Ali non è il solo caso di adolescenti/bambini coinvolti nella caccia ai rivoltosi da parte delle autorità: la situazione è peggiorata da quando è stato annunciato lo stato di sicurezza nazionale e sono state adottate misure estreme per la soppressione delle sommosse.
Sul sito dei  Bahrain Centre for Human Rights sono numerose le denunce di violazione dei diritti dei bambini, da parte delle autorità militari bahrainiane, diritti sanciti nella “Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia”, ratificata anche dallo stato del Bahrain: arresti arbitrari (più di 60 bambini sono detenuti), torture, privazione del diritto all’istruzione – è il caso di un bambino respinto da scuola perché colpevole d’aver scritto “abbasso il re”; violenze psicologiche – durante i blitz notturni organizzati per la cattura dei parenti – e violenze fisiche che in alcuni casi hanno portato alla morte di alcuni bambini, colpiti da proiettili o asfissiati dal numero eccessivo di lacrimogeni lanciati – questi ultimi davvero molto piccoli!
Le autorità hanno, inoltre, assoldato alcuni bambini come informatori, mentre altri stanno vivendo lontani dai propri genitori, perché detenuti o perché uccisi, senza ricevere alcuna tutela dallo stato.
Tutto ciò sta avvenendo nella totale indifferenza della comunità internazionale, nonostante il web, unico mezzo d’informazione attendibile e di trasmissione della realtà da parte dei bahrainiani, fornisca il drammatico quadro di quanto stia avvenendo.
Unico intervento internazionale quello di Stati Uniti e UK [²][³]: avendo terminato le scorte di “Democracy” take-away, hanno concentrato le proprie esportazioni sulla fornitura di armi al regime di Al-Khalifa.


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