Questa non è una città per giovani

di Pinuccio Stea

Una ricerca della Banca d’Italia, pubblicata nel gennaio dello scorso anno e la cui analisi si ferma al 2005, conferma, ammesso che ve ne fosse bisogno, che il tratto saliente delle migrazioni interne in Italia è rappresentato dai flussi di persone che dal Mezzogiorno si spostano verso il Centro Nord. Tale ricerca individua, con una certa approssimazione, quattro fasi dal secondo dopoguerra ad oggi descrivendole in questo modo: “La prima fase è stata caratterizzata da un massiccio fenomeno d’emigrazione; durante gli anni sessanta emigrarono dal Mezzogiorno, in media annua, 12 persone ogni 1000 abitanti, prevalentemente verso il Nord del triangolo industriale e verso Roma.

La seconda fase, compresa tra i primi anni settanta e la prima metà degli anni novanta, è caratterizzata da un progressivo declino dei flussi migratori; nel 1994 si attestano a 4,5 persone ogni 1000 residenti, il punto di minimo degli ultimi decenni. Se nella prima fase gli studiosi erano interessati ai possibili effetti negativi di un’emigrazione così traumatica e turbolenta, nella seconda ci si è interrogati sui possibili freni alla mobilità. Il calo dei trasferimenti di residenza, infatti, si accompagnava ad un aumento dei differenziali economici tra le due aree.

La terza fase vede l’emigrazione dal Mezzogiorno riprendere vigore nella seconda metà degli anni novanta. A parte l’inversione di tendenza, il flusso migratorio è tornato ad essere rilevante anche come numeri assoluti. Il 2000, con quasi 150 mila persone che si sono trasferite verso il Centro Nord, ha rappresentato il punto di massimo dalla seconda metà degli anni settanta.

La quarta fase ha inizio con il decennio in corso ed è caratterizzata da un nuovo indebolimento del fenomeno migratorio1. La caratteristica distintiva di quest’ultima fase è, tuttavia, l’ampliamento della quota dei laureati e della perdita netta di capitale umano qualificato dalle aree meno sviluppate del paese. Negli anni novanta, i trasferimenti di laureati dal Mezzogiorno erano in media annua 7 ogni 1000 abitanti con un analogo titolo di studio, un tasso di poco superiore a quello riferito al complesso della popolazione (5,5). Tra il 2000 e il 2005, tale indice è considerevolmente aumentato portandosi a circa 12. In termini assoluti, la perdita netta di laureati per le regioni meridionali è stata di quasi 50 mila unità (a fronte di poco più di 20 mila nel complesso degli anni novanta).”

E Taranto rientra in questo quadro riferito all’emigrazione di laureati ?

In un articolo pubblicato negli scorsi giorni ho evidenziato come dai dati Istat emerga che a Taranto l’incidenza della fascia di popolazione tra i 18 e i 34 anni, ha subito, nel corso degli ultimi due decenni, una drammatica riduzione passando dal 27,31 percento al 21,32 per cento.

Grafico 1 – Incidenza della popolazione tra 18 e i 34 anni sul totale della popolazione residente a Taranto.

Fonte: Istat, anni vari

In realtà, questo dato, di fonte anagrafica ufficiale, già drammatico, sottostima la portata del problema poichè sfugge alla rilevazione Istat la parte di giovani, che pur essendo domiciliata in altro Comune non ha ancora ufficialmente modificato la propria residenza anagrafica.

A questo dato si accompagna un invecchiamento notevole della popolazione residente, alla luce del dato che riguarda l’incidenza della popolazione ultrasessantacinquenne, che si è invece quasi raddoppiata passando dall’11 percento al 19,23 percento.

E una parte dei giovani che sono andati via, quali caratteristiche ha ?

Ho fatto una mini-mini indagine, quasi di carattere interfamiliare; metto in chiaro quindi che il suo valore scientifico non è attendibile. Ma lo voglio sottoporre lo stesso all’attenzione dei lettori; ecco il risultato.

Mia figlia si è maturata, all’”Archita” di Taranto, nel 2001: oggi, dopo essersi laureata in “Management delle Pubbliche amministrazioni e degli Organismi internazionali”, vive e lavora a Milano. Ed i suoi compagni di classe ?

Vivono e lavorano a Milano: una laureata in “Economia aziendale”, un laureato in Giurisprudenza, un laureato in Scienze politiche. Vivono e lavorano a Bologna: una laureata in “Scienze della Comunicazione”, una laureata in Farmacia. Vive e lavora a Perugia: un laureato in Veterinaria. Vive e lavora a Pisa: un laureato in Giurisprudenza. Vive e lavora a Roma: un laureato in “Scienze della Comunicazione”. Vive e lavora a Siena: un laureato in Medicina. Vivono e lavorano all’Estero: una laureata in “Economia delle Istituzioni pubbliche e degli Organismi internazionali”, un laureato in Lingue. Vivono e lavorano a Taranto: due laureati in Giurisprudenza, un laureato in Filosofia, una laureata in “Scienze della Comunicazione”.

Tab. 1 – Città in cui sono domiciliati o residenti (v.a e %)

Città v.a. %
Bologna 2 12,5
Estero 2 12,5
Milano 4 25
Altre città italiane 4 25
Taranto 4 25

Grafico 2 – Città in cui sono domiciliati o residenti (%)

Insomma il 75 per cento di una terza liceo, dopo la laurea e oggi al di sotto dei trent’anni, vive e lavora fuori Taranto; e quasi tutti si sono laureati con una votazione tra il 105 ed il 110.

Tab. 2 Laurea che hanno conseguito

Laurea v.a. %
Economia 3 18,75
Giurisprudenza 4 25
Scienze della comunicazione 3 18,75
Altro* 6 37,5

* Farmacia, filosofia, lingue, medicina, scienze politiche, veterinaria

Dopo la pubblicazione dell’articolo in cui erano riportati questi dati, ho ricevuto numerosi messaggi ed altrettanto numerose telefonate di amici e conoscenti che confermavano la mia mini-mini indagine, contribuendo ad arricchirla con casi analoghi di loro parenti o conoscenti.

Bene, voglio anche in questa nuova riflessione porre la domanda, che penso sia nella testa e nel cuore di tanti cittadini di Taranto: dopo il tentativo promozionale di “Nati a Taranto”, quali scelte sono state concretamente fatte e quali scelte si ha in mente di fare per invogliare questi giovani talenti nostrani a lavorare e quindi tornare nella nostra realtà, immettendo così linfa vitale in un corpo che si rinsecchisce sempre più? Ed è una domanda che è rivolta sia alle Amministrazioni pubbliche che alle Associazioni imprenditoriali private, che non possono non sentire sulle loro spalle la responsabilità di contribuire a dare risposte ad un’esigenza assolutamente vitale per il futuro di Taranto.

1 I dati più recenti tratti dal bilancio demografico dell’Istat indicano che l’affievolimento dei saldi migratori tra il Mezzogiorno e il Centro Nord è proseguito anche negli anni successivi. Il rallentamento dell’emigrazione dal Mezzogiorno è solo in parte legata a fattori demografici, ovvero al restringimento delle coorti a maggiore intensità migratoria. Se si considera la popolazione tra i 15 e i 34 anni, il deflusso netto di giovani dal Mezzogiorno era nel 1990 di 6,3 ogni 1000 residenti nella corrispondente fascia d’età. Tale indice raggiungeva il valore massimo di 8,7 nel 2000 per poi diminuire nuovamente fino a 6,2 nel 2005.