Ambienti Comuni: studenti e società civile a confronto

di Pasquale Ricci

A cinquant’anni dall’insediamento della grande industria a Taranto, dopo trent’anni di dominio incontrastato del pensiero unico e a vent’anni dalla conferenza di Rio, si è affermata un’esigenza improrogabile per la nostra generazione: ricostruire un rapporto con le proprie città, con il territorio e l’ambiente. Un rapporto incardinato sulla sostenibilità, sulla garanzia dei diritti alla salute e al futuro,  sulla giustizia ambientale e sociale, dove produrre e consumare non è più imporre ricatti, inquinare, annientare la democrazia e avvelenare il futuro. Come studenti siamo coscienti che è necessario aprire un dibattito costruttivo con obiettivi ben precisi che rimetta al centro della politica e del nostro stile di vita il rispetto dell’ambiente. Una discussione che sia permanente e pluralista mirata ad una conversione ecologica del sistema produttivo dove la conoscenza diffusa a tutti i livelli della società sia il principale strumento di uscita dalla crisi ecologica, che ci sta portando a rendere invivibile il nostro pianeta.

Nel contesto globale come nel locale i diktat delle politiche neo-liberiste e dei mercati hanno determinato un processo molto simile a quello che Calvino descrive rispetto alle città e gli scambi nel libro “Le Città Invisibili”: si costruiscono fili, relazioni e scambi tra di noi, con lo spazio fisico in cui viviamo e le risorse che utilizziamo, finchè quando gli scambi sono troppi e  intricati tali da renderla inivivibile, la città viene abbandonata. Il tipo di scambio che abbiamo adottato però è un non-scambio, dal momento che ci limitiamo soltanto a consumare e consumare.

A Taranto la differenza è che viviamo incatenati ad un unico grande filo-catena che s’impone su tutti gli altri, l’Ilva e il complesso industriale che lo circonda; non esiste certamente uno scambio reciproco di benessere e di garanzia del futuro tra la grande industria e chi la vive lavorandoci o semplicemente ospitandola. Bensì si costringe chi si è rassegnato a essere succube delle esternalità della produzione e dell’inquinamento relegando i propri figli ad un avvenire di malattie, mentre chi si oppone è avvolto dalla nebbia della precarietà economica ed esistenziale che costringe a lasciare la città. Riappropriarci della nostra città e dei suoi spazi e delle sue ricchezze, ripensando ad un nuovo rapporto durevole e sostenibile nel tempo è necessario per superare questa condizione di alienazione.

L’esigenza di cambiare un velenoso presente è palese, vista anche la risposta dei giovani rispetto ad eventi come l’apertura di un processo storico contro l’establishment dell’Ilva. Queste situazioni rappresentano l’occasione per potere sensibilizzare chi è ancora intorpidito dalle false promesse di benessere e qualità della vita  che grandi industrie e politici servi del sistema capitalista ci somministrano quotidianamente. Sono momenti per costruire uno spirito di aggregazione, condividere idee e pratiche di lotta, prospettive di cambiamento, alternative che siano inclusive rispetto ad ogni soggetto sociale. Non si può infatti continuare a cadere ingenuamente nella dicotomia del conflitto ambiente-lavoro. E’ un falso costruito ad arte da chi ricatta le nostre vite nascondendosi dietro al motto del pensiero liberale There is No Alternaitve. Non ci sono alternative se vuoi lavorare, devi inquinare! Ma cosa? L’unico vero conflitto esistente è tra capitalismo e ambiente, tra profitti e garanzia dei diritti e della sicurezza del lavoratore; non è più sostenibile perciò continuare a vivere in questa ipocrisia dove chi parla di difesa del posto di lavoro si dimentica di quanti giovani tarantini sono costretti a vivere nella precarietà e ad andare via da Taranto per colpa di una scelta che condiziona tutte le altre, che ammazza gli altri settori produttivi perchè inconciliabile nelle modalità e nei ritmi con cui produce.

Al tempo stesso recidere quella catena che ci opprime, chiudendo l’industria, senza avere una prospettiva di come ridefinire una società sostenibile e capace di essere inclusiva verso tutte e tutti, non è una soluzione; significa mantenere invariato quello modello di scambi che ci porta ad essere niente. Dobbiamo perciò cogliere un sfida importante in questo momento specie noi studenti: proporre un alternativa basata su una riconversione ecologica delle nostre vite e delle relazioni economia-lavoro. Essere in grado di andare a spiegare a chi difende un posto di lavoro appartenente ad un modello obsoleto e distruttivo, che non uscirà mai fuori dalla crisi e non ci sarà mai un futuro per i suoi figli. Una sfida che si costruisce dal basso perchè tutti dobbiamo essere fautori di un cambiamento, dato che nella comunità risiedono quei saperi diffusi e quei sani interessi collettivi che possono ricalibrare le politiche, i modelli e le relazioni tra noi e l’ambiente sulla frequenza della sostenibilità. Il contesto locale, stando anche ai negativi esiti della Rio+20, ribattezzato dai movimenti che hanno partecipato Rio-20 proprio per l’arretramento rispetto a soluzioni di cambiamento che siano vincolanti verso il rispetto dei limiti del pianeta, resta l’unico terreno su cui lottare.

Per questo la Rete della Conoscenza Puglia lancia la I Assemblea Regionale “Ambienti Comuni: studenti e società civile a confronto per un ambiente ed una società civile più giusti”, invitando tutti a partecipare e a condividere riflessioni ed esperienze pratiche. Un assemblea che non sarà solo Ilva, ma anche Beni Comuni, Difesa del Territorio, Eneregie Rinnovabili, Rifiuti, riassunti in un documento scritto dagli studenti per i cittadini. Un testo con cui ci auspichiamo di stimolare l’attuazione di buone pratiche, progetti, campagne di sensibilizzazione per promuovere un nuovo modello di organizzazione economica e sociale, basato su processi di democratizzazione dello sviluppo.

Consapevoli della complessità del tema e di quanto in questi anni si siano acuite le divergenze tra i chi ha animato il dibattito sull’Ilva e l’ambiente, non possiamo perciò rinunciare a discutere di un tema che è in ultima istanza il nostro futuro. Prendersi la responsabilità di promuovere e condividere le idee e le lotte con altri soggetti è un azione che riteniamo assolutamente necessaria per rilanciare un alternativa che dovrà vivere di momenti di discussione cittadina, di campagne di sensibilizzazione e di partecipazione ad una vita politica basata su un nuovo senso civico-ecologista. Solo l’unione dei conflitti, che hanno il comune denominatore di voler abbattere un sistema che sacrifica la vita di milioni di persone in nome del profitto di pochi, rappresenta il mezzo per ricostruire un opposizione sociale che sappia indirizzare le istituzioni e la politica verso una trasformazione all’insegna della sostenibilità e alla difesa dei beni comuni.