Oggi come nel 1929. Se gli illusionisti giocano a fare i tecnici

di Roberto Polidori

“Di recente è diventato di prammatica per i responsabili dell’intervento pubblico confessare all’occasione la propria inadeguatezza, che in ogni caso è fin troppo evidente. La grande eccezione a questa squallida storia è l’attività della Banca Centrale. Questa attività disciplinatrice emerge da un misurata e ordinata discussione di uomini dall’aria tranquilla ed austera, seduti al loro posto consueto intorno ad un bel tavolo in una sala riccamente adorna di quadri e tendaggi. Questi uomini muovono saggi d’interesse, comprano e vendono titoli e, così facendo, danno all’economia una tiratina qui ed una piccola spinta di redini lì. Poiché il significato delle loro azioni non è inteso dalla maggioranza della gente, si può ragionevolmente presumere che essi siano di saggezza superiore. Le loro azioni saranno criticate in certe occasioni, ma più spesso saranno minuziosamente vagliate nel tentativo di scoprirne il significato recondito. Questa è la mistica della “Banca Centrale “ e dei banchieri. Questa era la mistica nel 1929. C’era tuttavia una stonatura. Il consiglio dei Governatori delle Riserva Federale era in quell’epoca un organo di eccezionale incompetenza.”

John Kenneth Galbraith, Il Grande Crollo

Viviamo tempi terribili ed interessanti, dominati da un pensiero unico costruito su fondamenta fatte di presunto rigore logico tutto da dimostrare… fondamenta che per fortuna cominciano a  presentare crepe sempre più imbarazzanti, anche agli occhi dei “non addetti” ai sacri ed alti concetti della teoria economica pura. Ciò che maggiormente colpisce – era ora – anche i profani di scienze economiche è la vulnerabilità nel merito di alcune affermazioni semplicemente ridicole e scientificamente insostenibili; affermazioni che prestano il fianco a smentite  clamorose.

Il Mario Monti di Seoul (“La crisi è quasi finita”) non sembra più il vate “tecnico” dal ricettario economico miracoloso: lo “spread” – maledetto impertinente! – ha ricominiciato a salire infischiandosene delle sue sobrie parole e sfiorando quota 400. Questo Mario Monti somiglia più all’imbonitore televisivo dal sorriso a 32 denti che dichiara fiducioso:”diventeremo tutti ricchi”, mentre però la “teoria economica classica” – quella che lui segue punto per punto – gli indica ancora il “modello greco” come la strada del successo; dopotutto la nostra crisi, ci dice Monti, non ha (ancora) provocato il numero di suicidi che ha mietuto in Grecia: siamo tutti grati.

Appena ieri il vice-ministro dell’Economia Grilli dichiara da Washington: ”L’Italia ha superato la fase acuta della crisi”, smentito ex ante dalle previsioni del Fondo Monetario Internazionale, che vede un nerissimo 2012 ed un nerissimo 2013 per il nostro paese (previsioni economiche confermate dall’OCSE). La disoccupazione è in aumento, molti pensionati e molti lavoratori non sanno come pagare l’IMU in scadenza– la terza rata di dicembre sarà micidiale perché ingloberà l’immancabile addizionale decisa dai Comuni italiani indebitati per più di 50 miliardi di Euro – ma per Grilli l’economia italiana è in ripresa.

Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco vede un “credito normalizzato”, quando tutti sanno – anche chi non lavora in banca – che la scarsità di credito è uno dei più importanti fattori di fallimento di aziende in Italia ed all’estero: credito normalizzato, si, ma al ribasso.

In quest’orgia di previsioni ottimistiche, smentite dalla cruda realtà dei fatti, risalta la previsione montiana a lunghissimo termine: “Nel 2020 l’Italia avrà una ripresa portentosa”. E’ forse superfluo far notare che sono “normali”  una ripresa portentosa su un valore di PIL dimezzato o una riduzione di disoccupazione dopo un aumento durato per anni, come il caso della Lituania dimostra. Dopo un Pil crollato del 23% ed un tasso di disoccupazione al 25%, adesso in Lituania il Pil risale (di poco) e la disoccupazione cala (ma i salari sono ora molto più bassi rispetto a qualche anno fa) a causa della forte emigrazione. Che molta gente sia povera o poverissima e che la gente scappi via dal proprio paese (come in Grecia o Bulgaria) è, per Monti, solo un dettaglio “tecnico”, appunto.

Ma come raccontavano la crisi del ’29 gli economisti e gli attori di politica economica del tempo? C’è qualcuno che si è divertito a raccogliere le testimonianze dirette degli opinion maker di allora? Esistono molti libri che raccontano la Grande Crisi, ma ce ne sono pochissimi che la presentano come un romanzo narrato dagli stessi protagonisti giorno per giorno, attraverso gli articoli dei giornali più autorevoli. Il più bello ed il più completo è “Il Grande Crollo” di J.K. Galbraith, professore di Economia a Princeton, Cambridge ed Harvard, vissuto abbastanza a lungo da attraversare “da giovane economista” la crisi, le due guerre mondiali, il crollo di borsa dell’87 e la “bolla di Internet” del 2000. Galbraith “è” la storia economica del secolo scorso ed è anche un economista “sui generis”, rigorosissimo teorico ed ironico fustigatore dei “tecnocrati” dell’epoca. E’ un libro predittivo perché stigmatizza i vizi che conducono l’uomo a commettere sempre gli stessi errori: non per caso questo libro, uscito nel 1955, è stato ripubblicato con costanza negli ultimi 50 anni soprattutto subito dopo lo scoppio di “bolle”.

Galbraith ha un’intuizione geniale: lasciare agli impassibili governanti “tecnici” del tempo il compito di smentirsi in continuazione attraverso le loro successive dichiarazioni sui giornali, fino a dimostrare l’imbarazzante incompetenza di costoro, la perseveranza nell’errore pur di non dover confessare di “aver sbagliato” e le catastrofiche conseguenza di tal perseveranza per l’uomo della strada americano – non certo per loro stessi.

Qualche esempio?

Nell’autunno del 1929 (subito prima il Grande Crollo del 24/10/1929) l’economista Irving Fisher, guru finanziario seguitissimo allora negli States, dichiara: “I prezzi dei titoli hanno raggiunto quella che appare una quota stabilmente elevata”. Nello stesso periodo l’Harvard Economc Society, un’associazione extrauniversitaria costituita da professori di economia famosissimi tutti impiegati presso l’Università di Harvard – da sempre più famosa ed autorevole della Bocconi – dichiara che una “severa depressione come quella del 1920 -1921 non rientra nel novero delle probabilità”. Subito dopo l’inizio del Grande Crollo l’associazione si sciolse nel silenzio più assordante dei media.

E’ sorprendente rendersi oggi come allora della fragilità teorica delle convinzioni di politica economica di taluni personaggi (per esempio il banchiere Kreuger morto poi suicida) che avevano segnato definitivamente, con le loro decisioni, le vite di milioni di persone.

Subito dopo il crollo e l’inizio della crisi, allora come oggi, non può non intervenire il Presidente….”Hoover [Presidente americano in carica nel 1929, ndr] stava compiendo uno dei riti più antichi, più importanti e, purtroppo, meno compresi della vita americana. E’ il rito della riunione destinata non a produrre delle decisioni, ma a non concludere niente”. Ricordano niente gli attuali inconcludenti G20, World Economic Forum e riunioni varie della BCE?

Alla fine, racconta Galbraith, la Grande Crisi venne affrontata con alterni successi, incidendo sulle sue profonde cause a partire dal 1933 – e quindi noi siamo in patetico ritardo: 1) cattiva distribuzione del reddito tra classi più abbienti e meno ricchi;  2) cattiva struttura societaria a causa della presenza di grandi holdings che accentravano il controllo di moltissime altre società; 3) cattivo funzionamento dell’attività bancaria; 4) misera formazione dei meccanismi economici e cattiva diffusione dell’informazione economica.

Insomma, le cause della Grande Crisi di allora sono le stesse della grande Crisi di oggi, con due enormi differenze: 1) la vastità e la capillarità della crisi attuale; 2) la direzione sbagliata delle azioni di politica economica intraprese; decisioni che stanno aggravando sempre più la situazione.

Fin quando non verranno affrontati i veri nodi gordiani degli attuali problemi, le rassicurazioni degli esorcisti tecnici nostrani saranno sempre più imbarazzanti.