Dai Tamburi i giovani chiedono riscatto

di Martino Di Lonardo

A giugno 2007 si pensava che Taranto svoltasse dopo anni di malgoverno affaristico di Cito e Di Bello. Dopo il dissesto più grande d’Italia, si pensava che Stefàno e la sua maggioranza potessero dare a Taranto una nuova linfa che partisse dal basso, che mettesse al centro grandi temi come ambiente, lavoro, università. Tutti pensavamo che Taranto con Stefàno potesse partire proprio dai suoi giovani, che in prima persona si impegnarono per farlo eleggere.
Nel 2007 ero poco più che diciottenne ed affrontavo la mia prima campagna elettorale da protagonista. In una città che era stata sfruttata prima da Cito e poi dalla Di Bello e si ritrovava in “mutande”, con 800milioni di euro di debiti, c’era entusiasmo e voglia di vero cambiamento. Affrontavo questa campagna elettorale con molti compagni che poi sono passati nell’allora C.S.O.A “Cloro Rosso”. Eravamo tutti in piazza della Vittoria a festeggiare e pensavamo ciò che all’epoca era solo un sogno, cioè prendere una delle tante strutture vuote ed affidate ai topi ed ai tossici della città e restituirla ai giovani, creando appunto uno spazio sociale autogestito da ragazzi.
Ricordo ancora il presidio dell’associazione Eskerra per richiedere spazi sociali ma, come sempre ha fatto in questi 5 anni, anche in quell’occasione Ezio prese in giro i giovani annuendo e non facendo realmente niente. Quei giovani poi occuparono la struttura dell’ex scuola media “Martellotta” a Taranto 2. Dopo che i compagni la ristrutturarono, il sindaco decise che era il momento di chiudere quell’unico centro di cultura, aggregazione e politica.
Dopo 5 anni di sogni e favolette, ci ritroviamo ora in una Taranto che non è una città per giovani, con una classe imprenditoriale e politica sempre più povera e succube di Ilva, Eni e Cementir.
Io abito da quando sono nato in un quartiere che da circa mezzo secolo subisce le colpe e le latitanze di politici e politicanti. Ovviamente capirete che sto parlando del quartiere più inquinato, con il più alto tasso di disoccupazione, con il più alto tasso di tumori… insomma, del quartiere Tamburi.
Qui vivo da circa 22 anni e ci vivrò per molti anni ancora (spero), se la mancanza di un lavoro non mi strapperà da questa terra che amo ed odio. Ai Tamburi ho i miei amici, ho fatto anche la scuola elementare e media.
Ricordo ancora la mia ex classe delle scuole medie dei Tamburi: tutti bravi ragazzi, tutti figli di famiglie medio-borghesi… quella finta borghesia da operaio della fine degli anni ’90, quando quel posto all’Ilva del proprio padre significava stabilità e benessere. Oggi ahimè non è più così, perché quella grande industria inquinante e sporca di lavoro non ne fornisce più.
Prima di scrivere questo articolo, sono andato a spulciare su facebook cosa facessero tutti loro.
Con i volti un pochetto più invecchiati sicuramente, ma sempre giovani e sorridenti, trovo un dato a dir poco desolante e cioè su 23 ragazzi solo 5 sono rimasti a Taranto e sono ovviamente stretti dalla morsa tra disoccupazione e precariato. Gli altri cosa fanno? Gli altri tutti fuori città, chi per studio chi per lavoro, a cercare un futuro che a Taranto non esiste e a studiare in università che a Taranto latitano.
Il dato desolante è confermato in pieno dal quartiere. Basta farsi un giro nella via “principale” ,via Orsini, una volta centro brulicante di giovani e giovanissimi e ormai abbandonata a se stessa, con tanti negozi chiusi, anche quelli storici. E’ un quartiere che pian piano muore.
Ed ogni 5 anni questo quartiere si popola di nuovo di centri e comitati elettorali che ti promettono lavoro e stabilità, ma che dopo le elezioni spariscono; ed il quartiere ritorna nel solito buio di inquinamento, disoccupazione e delinquenza. Ogni 5 anni i toni si esasperano nel quartiere, si esasperano soprattutto per la questione ambientale tra pro e contro senza nessuna mediazione.
Pro e contro cosa? Ovviamente si parla della chiusura del più grande ed inquinante centro siderurgico d’Europa. Senti strepitare i pro-chiusura per strada dicendo che hanno idee e soluzioni e che dopo la chiusura (pagata da chi?!) ci sarà lavoro per altri 100 anni. I contro, dall’altro lato, agitano il dannato spettro della mancanza di lavoro e della delinquenza.
Maledette elezioni, quanto le odio. Ogni 5 anni ti ritrovi le cassette della posta intasate di santini e santucci che ti promettono di tutto. Eppure basterebbe fermarsi in questa folle corsa al suicidio, basterebbe che pro e contro si fermassero mettendo da parte puri interessi elettorali e poltronistici e chiedessero davvero al quartiere, ai giovani cosa vorrebbero fare da “grandi”. Basterebbe che tutti si facessero un giro in città per capire cosa ha da offrire Taranto….tanto direi… Eppure nessuno se ne accorge.
Taranto è stupenda, come faccio a non amarla? Ha un mare fantastico, un sole per 9 mesi l’anno (basti pensare che a dicembre avevamo circa 18gradi… PRIMAVERA), un centro storico pieno di storia e cultura. Insomma in qualsiasi altra parte del mondo ci avrebbero fatto i milioni.
Taranto non è così ovviamente. Basterebbe mettere da parte elezioni e poteri e mettere al centro i giovani ed il quartiere.
Perchè non convocare tutte le parti interessate? Quartiere, Arpa, Regione, Comune, Ambientalisti, Sindacati… E darsi un progetto di 15-20 anni che lavori su due fronti: a) eco-compatibilità, cioè che le grande industrie debbano rispettare il territorio REALMENTE; b) uscita dal duopolio “Ilva-Marina Militare”.
Per questo basterebbe sfruttare le caratteristiche di Taranto. Affidare ai giovani le dismissioni della Marina come l’isola di San Paolo, ad esempio; creare un polo universitario in città vecchia con casa dello studente; creare biblioteca e spazi sociali guidati dai ragazzi tarantini disoccupati in ogni parte della città, soprattutto nelle periferie ed affidare loro le piazze perché se ne prendano cura.
Concludo con una frase di Bennato… “Ma non cambierà mai niente, se ci credo solo io ….”