DeVasto

di Andrea Cazzato

In questo mondo in cui le immagini valgono più delle parole quanto una foto può decidere le sorti di un Paese? Quanto un incontro in un caldo pomeriggio estivo può essere vincolante? Non si sa, eppure le immagini di Vasto, molto spesso, valgono più di una qualsiasi visione di un Paese.

Ci sono tre tizi: uno che cerca di fare l’equilibrista per non scontentare nessuno nel suo partito, uno che decide da solo cosa fare e se ne frega poco della sua base, un altro che, di tanto in tanto, fa affermazioni a dir poco discutibili.

Fino a qualche mese fa questa triade sembrava essere indissolubile. Obiettivo: presentarsi alle elezioni e battere Berlusconi. Estinto il governo dell’uomo di Arcore, questo patto, che pareva poter resistere a qualsiasi intemperia (basti vedere la forza con cui il governatore pugliese lo difende), ha iniziato ad incrinarsi dopo qualche giorno di governo Monti. Seppur tutti e tre erano d’accordo sulla scelta de nuovo esecutivo, appena si è cominciato a parlare di misure urgenti, s sono visti i primi distinguo. Il tatticismo del vate Vendola, però, si è quasi trasformato in collante, e per un po’ di tempo è stato così. Se da una parte, in effetti, ci sono grosse fette del Partito Democratico che vogliono fare del Pd una forza neocentrista, dall’altra, nell’Italia dei Valori, c’è chi sempre più fortemente si ispira al “modello Napoli”. Questa situazione, seppur gestita dagli uomini di Sel con buoni risultati in molte realtà, in altri casi non riesce a porre freno a queste idee alternative. In effetti, se ad esempio a Taranto, è bastato il solo annuncio, non ancora ufficiale, del candidato Nume, per vedere già i primi democratici (o forse sarebbe meglio dire democristi, in questo caso) scegliere di andare nelle fila del Terzo Polo, vuol dire che sono forti i dissapori interni all’accordo di Vasto. Sel chiaramente, per la posizione assunta, si ritrova in mezzo a due fuochi; andare con l’Idv e la Federazione della Sinistra, per creare un polo alternativo, oppure rimanere ancorato a quei piddini che alla fine, secondo una visione romantica del simil-imprenditore “illuminato” (come già citavo nel mio precedente articolo), si spera riescano ad affrancarsi dalla morsa neo-centrista di cui è vittima il partito di Bersani? Oppure, ancora meglio, è in atto un tentativo da parte di Sel di entrare di prepotenza nel Partito Democratico e di sfruttarne il maggior potenziale elettorale?

La mia risulterà una posizione ingenua, forse fin troppo semplice. Fatto sta, però, che il partito di Vendola è rimasto in mezzo; e se questo tentativo andasse in porto, cioè se il modello Napoli venisse riproposto anche a Taranto ed in altre realtà, saranno finalmente costretti a scegliere. Accetteranno mai una alleanza con la Federazione della Sinistra che, mascherando un rancore mai sopito dopo il congresso di Chianciano del 2009, definiscono troppo “ideologica” e indisponibile a fare un ragionamento sul governo del Paese (è inutile ricordare al buon Vendola, che fu proprio dalla scissione del ’98 che nacque il Pdci, nato per sostenere una maggioranza di governo minata, fra gli altri, anche da lui)? Oppure si accaniranno terapeuticamente sulle anime belle del Pd e cercheranno di far rientrare l’Italia dei Valori, dopo che in alcuni territori è stato proprio impedito al partito di Di Pietro di far parte del Centro-Sinistra?

E’ una bella gatta da pelare ma, conoscendo l’onorevole Vendola, la strada pare già chiara, purtroppo. Poco male, attenderemo le reazioni della base. Citando il buon S.R., la discesa Vasto non è mai stata così attuale.