L’orgoglio di fare politica nell’Università

di Mara Pavone

“Voi di LINK fate politica”. Ce lo ripetono sempre, come se fosse un difetto, qualcosa che possa ledere la routine universitaria, qualcosa che si dovrebbe evitare.

La “politica” all’interno delle facoltà tarantine è un tabù, e questo è abbastanza risaputo. Se siete dell’idea che agli studenti bisogna parlare delle riforme e dei provvedimenti che li riguardano da vicino, e nel farlo criticate aspramente determinate scelte, potete stare certi che nel momento in cui vi impegnerete a mettere in pratica questa idea più di qualcuno storcerà il naso; poi poco importa se il provvedimento o la riforma di cui si parla danneggerà (o ha già danneggiato) il “Polo Universitario Jonico”, la cui autonomia oggi è a rischio a causa di quella riforma Gelmini da pochi discussa, e da molti non conosciuta, all’interno delle nostre facoltà.

Bisogna chiarire però, cosa si intende per “politica all’interno dell’università”. Ci sono infatti due accezioni: c’è la politica di partito, quella delle associazioni universitarie che in sostanza sono “il braccio giovanile” dei partiti, si tratta di soggetti che portano all’interno delle università le idee e le proposte degli stessi partiti che hanno votato le leggi che ad oggi hanno smantellato il sistema universitario. Giusto per fare qualche esempio: Azione Universitaria (che era nata come giovanile di AN) oppure la RUN (espressione del PD).

Poi c’è la politica universitaria vera. Quella fatta da chi analizza la situazione attuale, i provvedimenti legislativi e le relative conseguenze in modo oggettivo, senza condizionamenti dovuti all’appartenenza a questo o quel partito politico. Ed è quello che Link Taranto fa da 6 anni a questa parte.

Quando ci siamo scagliati contro la l.133, i tagli sul diritto allo studio e la riforma Gelmini siamo stati aspramente criticati; eravamo visti come i catastrofisti che giudicavano negativamente quei provvedimenti solo perché “fatti da un governo di destra”.

Aihmè il tempo ci ha dato ragione, infatti la situazione del Polo Universitario Jonico dopo l’adozione di quei provvedimenti è palesemente cambiata: ci sono meno corsi di laurea (alcuni sono stati accorpati, con conseguenze abbassamento della qualità dell’offerta formativa), meno borse di studio, più tasse ed una autonomia fortemente ridimensionata (siamo passati infatti da 3 facoltà autonome a un dipartimento economico-giuridico); e questo basta per affermare che tutte le volte che ci siamo mobilitati contro la riforma lo abbiamo fatto con criterio, perché sapevamo che la sede di Taranto – essendo una sede distaccata – sarebbe stata la prima a subirne le conseguenze maggiori.

Fare politica universitaria significa anche rapportarsi con le istituzioni locali per cercare di migliorare la condizione degli studenti universitari; giusto per fare un esempio: ci siamo mossi per cercare di creare delle agevolazioni sul trasporto extraurbano dove l’ADISU non riesce per mancanza di fondi, abbiamo chiesto la creazione di una serie di servizi per fare di Taranto una città universitaria (biblioteche aperte fino a tarda sera, piste ciclabili, migliori collegamenti dei bus urbani).

Non ci pare che, in tutto questo, ci sia qualcosa di negativo o dannoso, piuttosto ci chiediamo quanto serva ridurre l’università ad un mero luogo dove si frequentano le lezioni e si sostengono gli esami.

Spesso gli studenti non comprendono l’utilità di ciò che studiano, alcuni esami sono considerati “inutili”, si percepisce una sorta di distacco con la realtà che ci circonda pensando che determinati argomenti non abbiano un riscontro nella vita di tutti i giorni.

Oggi si parla molto di crisi economica, manovre finanziare, spread; perché allora ad esempio non si creano incontri all’interno della facoltà di economia per analizzare le cause della crisi, le misure adottate dal governo per arginarla con annessi dibattiti sull’efficacia di queste misure o meno? Oppure si potrebbe discutere di alternative economiche sul nostro territorio per far si che ci sia una scelta diversa rispetto alla grande industria.

Siamo la città più inquinata di Italia, ma nell’università non si discute mai sull’inquinamento e le sue conseguenze, o sui rimedi, sarebbe un modo per permettere ad esempio agli studenti di scienze ambientali di “mettere in pratica” ciò che studiano, attraverso l’analisi di una problematica che riguarda molto da vicino la città in cui vivono.

La risorsa di questo paese siamo noi giovani, perché viviamo sulla nostra pelle le conseguenze della crisi economica, delle scelte sbagliate dei governi; noi siamo quelli che più di chiunque altro possiamo comprendere la situazione attuale e quindi trovare il modo per risolverla.

Questo significa “fare politica”. Il problema è che a causa dell’attuale classe dirigente, corrotta e dedita a perseguire solo i propri interessi, i ragazzi si sono allontanati dalla politica.

Manca un luogo dove i giovani possano confrontarsi su ciò che accade. Le facoltà dovrebbero essere spazio di discussione, dove i ragazzi possono analizzare le criticità che riscontrano ad esempio nella gestione dello stato o dell’economia, sia al livello nazionale che locale, in modo tale che si possa costruire l’alternativa a quel sistema che oggi non funziona più.

Cosa si fa invece nelle nostre facoltà oltre la normale routine costituita dallo svolgimento delle lezioni ed esami? Nulla o quasi. Periodicamente vengono organizzati convegni che sostanzialmente riprendono temi già ampiamente trattati nelle normali lezioni, senza portare nessun valore aggiunto allo studente.

Noi, nel nostro piccolo, abbiamo sempre cercato di portare temi importanti all’interno delle facoltà, attraverso iniziative che vanno dall’organizzazione di seminari ad assemblee. Il nostro intento è sempre stato quello di creare dibattiti su varie tematiche per smuovere le coscienze, fare in modo che i ragazzi cominciassero ad interessarsi a ciò che accade (in primis nell’ambito universitario, siamo stati gli unici a fare informazione sulla riforma Gelmini) e discutere sulle possibili alternative.

Spesso prendiamo delle posizioni su questioni che non sono prettamente accademiche, perché riteniamo importante l’informazione e la discussione sui temi che ci riguardano più da vicino, dall’inquinamento della nostra città alla precarietà lavorativa, perché sono problemi che si ripercuotono sul nostro futuro e riteniamo di avere il diritto e dovere di essere in prima linea per risolverli.

Purtroppo questo nostro modo di agire non sempre è stato condiviso, a volte anche ostacolato. Le altre associazioni universitarie ci accusano di prendere determinate posizioni su certe tematiche (es. riforma Gelmini) perché “siamo di sinistra”, in realtà se avessero speso pochi minuti del loro tempo nel leggere i nostri comunicati o la nostra AltraRiforma avrebbero capito che tutto ciò che facciamo nasce da una analisi oggettiva della situazione e che la nostre proposte consistono in azioni concrete che mirano a migliorare la condizione degli studenti tarantini.

Veniamo criticati soprattutto perché ci occupiamo di questioni che vanno oltre l’ambito accademico. A queste critiche rispondiamo che se oggi viviamo determinate situazioni di disagio è anche colpa di chi vive nell’indifferenza, se siamo noi i primi a non curarci di ciò che ci circonda ci sarà sempre qualcuno che utilizzerà il proprio potere per i propri interessi, lasciando noi nella condizione di dover pagare per le scelte sbagliate della classe dirigente.

E’ per questi motivi che abbiamo sempre cercato di portare la politica all’interno dell’università, perché riteniamo sia importante far si che i ragazzi comincino ad essere i protagonisti del loro futuro, e possono farlo solo se discutono e si confrontano, cercando di costruire l’alternativa ai governi che fanno solo gli interessi dei soliti noti.