Come nasce un “tele-predicatore” (per non dimenticare)

di Andrea Cazzato

Giancarlo Cito, nato a Taranto nel 1945, è una delle figure più particolari e “innovative” della comunicazione politica in Italia.
Fra gli esponenti più importanti dei movimenti di destra tarantini, nel 1985, dopo anni fallimentari nel ramo edilizio, fon­da Antenna Taranto 6, una emittente televisiva locale. Dopo pri­mi mesi di televendite, pubblicità e film in bianco e nero, su At6 nasce la trasmissione Fatti e misfatti di cui è lui stesso il conduttore. Cito, già precedentemente sconfitto alle elezioni del 1975 con la lista “Il ponte”, capisce la situazione di degrado generale di Ta­ranto, e che questa fase può essere l’occasione del suo rilancio. Taranto negli anni Ottanta è una città con grossissime problematiche economiche, derivanti dalla crisi del comparto siderurgico Italsider (oggi Ilva), dalle non rosee condizioni degli altri stabilimenti cittadini; per di più, il capoluogo ionico vede l’affermarsi della delinquenza organizzata, sotto l’ala protettrice della camorra napoletana, incontrastata anche dalla turbolenza della politica locale.
La trasmissione Fatti e misfatti nasce in realtà come un conteni­tore dei malumori serpeggianti in città. La struttura della trasmissione è semplice: vengono invitati politici tarantini e si permette al pubblico di intervenire e di interloquire in diretta at­traverso le telefonate. Accanto a Cito, siede il “politologo” della trasmissione che è Gaetano De Cosmo. La fascia oraria coperta dalla trasmissione è quella della seconda serata. Le peculiarità del programma e della comunicazione politica di Cito sono di­verse. La prima è sicuramente l’utilizzo enorme della pubblicità negativa. Mazzoleni riconosce degli aspetti positivi nella pubbli­cità negativa: “è legittimo criticare pubblicamente la condotta di un politico in tema di etica pubblica, di coerenza oppure di “ortodossia” di partito”. Altri autori vedono nella pubblicità ne­gativa un effetto boomerang per l’autore; infatti, se si tratta di “colpi bassi” fatti in assenza di contraddittorio, nel pubblico si può suscitare dei sentimenti di compassione e di difesa. Quest’ultimo non è il caso delle pubblicità negative perpetrate da Giancarlo Cito. Infatti, ad ogni attacco, coincide un aumento dei consensi. Gli obiettivi del futuro sindaco sono sempre particolarmente sensibili, in quanto già al centro di casi o di problemi personali. È una tecnica collaudata di Cito, che verrà utilizzata dallo stesso per l’intera durata della sua carriera politica, e che gli costerà un numero elevato di querele.
La seconda particolarità nella comunicazione politica di Cito nella trasmissione Fatti e Misfatti è il populismo. Con questa af­fermazione si intende la capacità del soggetto dell’analisi di ca­valcare gli umori della cittadinanza e farsi portavoce ed “altoparlante” delle istanze dell’opinione pubblica. Questa è una delle chiavi di lettura per spiegare il successo dell’imprenditore tarantino. Nei periodi difficili del Consiglio Comunale, attacca tutti a testa bassa, definendo la maggioranza un insieme di “ladri e incapaci” e l’opposizione “dorme perché o è incapace o è con­nivente”; questi attacchi ricalcano il pensiero di buona parte della popolazione; agli attacchi verbali, unisce filmati ritraenti le zone più degradate della città; Bianchi afferma
“È pura benzina versata sul fuoco dei telespettatori già esaspe­rati. Tutti i tarantini sono ben consapevoli della sciagurata gestione della macchina comunale: interi quartieri al buio, le strade del centro e della periferia prive di qualunque manuten­zione ordinaria e ormai ridotte a mulattiere , sporcizie e ineffi­cienza come costante quotidiana… così, agli occhi dei tarantini, Cito diviene ben presto il liberatorio fustigatore dei politici “corrotti e inefficienti”, il capopopolo che parla chiaro e senza paura contro i “politici ladri e inefficienti””
Ed è evidente quanto cavalcare l’onda del populismo giovi alla credibilità del personaggio. Durante il programma, per avvalora­re agli occhi dei cittadini le sue posizioni, trasmette le telefonate dei telespettatori che lo elogiano e lo appoggiano nelle sue veementi critiche al sistema politico. Terza particolarità è il linguaggio semplice e popolare. Collegabile al populismo, questo lato della comunicazione di Cito è un’altra delle fonti del successo del geometra. Oltre ad una semplicità eloquente, il linguaggio assume spesso toni violenti e volgari.
Con le elezioni comunali del 1990, Giancarlo Cito riesce ad entrare a far parte del Consiglio, risultando il più votato fra tutti i candidati. Ma è giusto fare un passo indietro e analizzare la campagna elettorale che ha portate a tale risultato.
Nel periodo della campagna elettorale, le apparizioni televi­sive del candidato si intensificano, come aumentano le immagini proiettate del degrado cittadino. Più veementi si fanno, inoltre, gli attacchi ai suoi avversari politici. Inoltre è da segnalare il pri­mo comizio pubblico tenuto in piazza della Vittoria, ed ovvia­mente ripreso da At6. Durante tale “avvenimento” il futuro sindaco non cambia molto il suo atteggiamento rispetto al solito. Riprende gli stessi argomenti e le stesse offensive che tanto suc­cesso gli hanno assicurato col mezzo televisivo. Per di più orga­nizza, nei giorni precedenti il voto, molte proteste clamorose. Una su tutte è “quella contro la sporcizia in città, che si conclude con lo scarico di camionate di immondizia davanti al Municipio”. A luglio dello stesso anno si tiene la prima riunione del Consiglio Comunale: in questa seduta Cito si rende protago­nista di uno dei suoi tanti “colpi ad effetto”: appena arrivato si impossessa della poltrona del Presidente, convinto che sia il più suffragato a presiedere il primo Consiglio; il regolamento vuole, però, che invece del più suffragato ci sia il consigliere più anzia­no. Giancarlo Cito non si lascia convincere da questa norma e, ripreso dalle telecamere della sua televisione, per più di tre ore non ne vuol sapere di abbandonare lo scranno; solo l’intervento dei Vigili riporta la serenità all’interno dell’aula. (http://www.youtube.com/watch?v=c8iaGkHqUN4).
Gli anni precedenti alla sua elezione a sindaco della città di Ta­ranto, sono costellati da altri episodi che danno l’impressione alla cittadinanza come colui che riesce a fare “piazza pulita” dei funzionari inefficienti e immorali di Taranto (i casi Cacciapaglia e Gonzales). Altro passaggio fondamentale nella politica di Cito è il ricorso alla teoria del complotto, che trova massima espres­sione nel 1992, quando l’allora Ministro degli Interni Scotti di­chiara decadute le cariche di Consigliere Comunale e Provincia­le di Cito, poi dopo qualche mese reintegrato. Nel frattempo il tele-tribuno dalla sua At6 parla di subdolo tentativo di eliminare un avversario scomodo. Si arriva così al 1993, dove ci sono le nuove elezioni comunali. E’ l’anno del trionfo di Cito, che diventa sindaco di Taranto. L’attacco continuo verso il suo principale avversario sia al primo che al secondo turno, Gaetano Minervini, si snoda su diversi fronti. Minervini viene ad essere accusato di essere “un comunista”, ed in più ateo e abortista. Es­sendo anche appoggiato dai socialisti, appena coinvolti a livello locale, come a livello nazionale, da processi per corruzione e tangenti, è vittima della pubblicità negativa dell’imprenditore ta­rantino, che manda di continuo sulla sua At6 dei filmati di re­pertorio in cui si nota la presenza di Minervini, in qualità di ospite, ad un convegno del Partito Socialista. Grossa rilevanza assume anche il primo faccia a faccia fra i due candidati in tele­visione; le differenze caratteriali fra i due candidati sono notevoli. A trarre vantaggio dal dibattito è Giancarlo Cito, che col suo eloquio veemente e i suoi toni accesi, cattura l’attenzione del telespettatore e lo coinvolge, al contrario di Minervini, più pacato e moderato, che finisce per risultare meno interessante. Dopo avere acquisito le immagini da Studio100, Cito manda ossessivamente in onda sulla sua emittente le riprese del dibattito, proprio come se fosse uno spot elettorale. Il secondo faccia a faccia diventa poi uno scontro fra Cito e il conduttore della trasmissione, che viene interrotta. Nel frattempo, in città, circolano voci sulle particolari abitudini sessuali del candidato della sinistra e, per di più, vengono affissi volantini anonimi che avvalorano le voci di una presunta “omosessualità” di Minervini. Ad alimentare tale manovra ci pensa l’annuncio di Cito, che dichiara di essere in possesso di un “dossier sulla vita privata e le inclinazioni privatissime di Minervini”, da rendere pubblico alla vigilia del ballottaggio. Chiare e sensate sono le reazioni dell’altro candidato, che avvia subito azioni legali. Ecco come Cito utilizza il pettegolezzo da strada per screditare l’avversario. Durante la settimana precedente il ballottaggio, Cito punta tutto sulla sua televisione. Dalle ore 20, ogni sera, trasmette il programma Filo diretto, dove il candidato accoglie decine e decine di telefonate dei suoi sostenitori. Accanto all’editore, c’è il suo futuro vice Pietro Cerullo, col compito di illustrare ai telespettatori il programma elettorale. Le elezioni decretano il successo di Giancarlo Cito. Il candidato è eletto sindaco col 52,6% delle preferenze.