La mia generazione sull’altare dello sviluppo

di Domenico Cinquegrana

All’inaugurazione del quarto altoforno dell’Ilva di Taranto hanno partecipato le più importanti autorità locali. Il sindaco Stéfano (’45), il Presidente della Provincia Florido(’52) e il Vescovo Beniamino Papa. Champagne e applausi per un avvenimento che porterà, secondo la visione dei partecipanti, maggiore produzione e, relativa, maggiore occupazione.
Devo ammettere che alla notizia ho avuto una prima reazione indignata, di chi considera quell’altoforno l’ennesimo stupro ad un territorio oramai devastato. A ciò si sono aggiunte le immagini delle autorità in festa, immagini che sono apparse come una beffa ai tanti malati che per colpa di quei fumi hanno visto la propria esistenza terminare prima del tempo.
Ma dopo alcuni giorni mi sono posto il problema di come, nonostante le lotte ambientaliste e la pressione sociale, in realtà a Taranto tutto sia rimasto agli anni ’60.
E una risposta me la sono data. Basta leggere la scheda anagrafica dei partecipanti per capire che il dogma “più produzione/più occupazione” sia insito nella loro cultura politica e sindacale. Il siderurgico non è stato solo una fabbrica ma un modo di pensare. Per le “vecchie” generazioni non può esistere città senza di esso perché il siderurgico dà occupazione e per fare ciò deve produrre, sempre e comunque. Senza limiti.
Pongo la questione sul piano culturale e generazionale perché continuo a stupirmi di come in una città di 200 mila abitanti nessuna forza politica parli seriamente di alcuni temi che risultano essere oramai essenziali. Differenziata e raccolta rifiuti, mobilità e trasporti pubblici, gestione trasparente delle municipalizzate, politiche culturali partecipate e democratiche, welfare per i più giovani sono tra gli argomenti che “ci” stanno maggiormente a cuore.
E risulta altrettanto stupefacente come il “marcio” non sia solo in Danimarca ma si estenda trasversalmente. Esattamente come la questione generazionale.
E c’è di più. L’assenza di qualsiasi forma di politica giovanile non appare più essere frutto del caso, dell’ingenuità dei nostri amministratori. Esiste invece un calcolo ben preciso. Eliminare i “giovani”, con il loro bagaglio di idee, proposte, spirito critico e propensione al “nuovo”, per rendere Taranto una città maggiormente governabile. Una città nella quale si nasce (poco), si vive (a volte) e si muore (tanto). Una città che non deve e non vuole cambiare.
Se nel Vecchio Testamento Abramo tenta di uccidere Isacco per ordine di Yahweh, a Taranto Abramo ha già seppellito il cadavere.