Taranto – Massafra: Via Appia fra gastronomia e inquinamento

di Rita Taccardi

Massafra Tebaide d’Italia è una cittadina di 32440 abitanti; il proprio nome deriva, secondo alcuni studiosi da “massa” e “afri”: la storia narra che nel momento in cui alcuni profughi africani arrivarono nel territorio chiesero ausilio e protezione al Vescovo di Taranto che donò loro una “massa”, ovvero un podere di sua proprietà. Questo appezzamento di grandi dimensioni era situato nelle attuali gravine che circondano la cittadina e qui i profughi “afri” trovarono dimora nelle grotte nella roccia. Queste grotte sono ancora ben visibili e visitabili e costituiscono un grande patrimonio per la cittadina, che riserva però in alcune di esse o nei sentieri inesplorati dai turisti altrettante installazioni ‘artistiche’ come lavatrici o cucine ormai in stato di disfacimento, una variopinta gamma di materiali in platica, pneumatici che testimoniano la mai morta tradizione locale di utilizzare le depressioni del territorio come magazzino di oggetti, più o meno ingombranti, non più funzionali. A conferma di quanto detto su questa usanza, circa un mese fa a Massafra è stato sequestrato dalle forze dell’ordine un terreno di circa 2.000 metri quadri che veniva utilizzato come discarica abusiva di rifiuti speciali, materiale edile, ferroso e in plastica ed altro.

Oggi l’umidità è altissima con vento di scirocco e a Massafra si respira odore di lerciume. Un po’ per la discarica, dove buona parte della provincia tarantina e non, sversa i propri rifiuti, un po’ per una delle più incisive, a livello ambientale, aree industriali del territorio che si trova ad una decina di kilometri da qui.

La discarica di Massafra dispone di un inceneritore che giornalmente brucia appena 50 tonnellate di rifiuti provenienti dalla cittadina e circa 700 tonnellate appartenenti a paesi e città di mezza provincia: quali siano chiaramenti gli effetti del funzionamento di queste ‘macchine’, non possiamo dirlo con certezza, ma possiamo comunque affermare che tutto ciò che viene bruciato, se non tutto una buona parte produce diossina.

Il problema è evidente in quanto, come tutti possiamo ben vedere attorno al nostro “immondezzaio” ci sono campi di ulivi, viti e arance: prodotti riconosciuti con marchio DOP che costituiscono una ricchezza dal punto di vista gastronomico e quindi culturale, ma anche una grossa e storica leva dell’economia locale. Molta di questa frutta e verdura in vari periodi dell’anno finisce sulle tavole dei massafresi e non solo, che inconsapevolmente la ritengono sana. Facendo due calcoli possiamo subito capire che qualcosa non torna, ci basti pensare che molti rifiuti in attesa di essere smaltiti rimangono lì rilasciando nel terreno varie sostanze nocive che con molta probabilità addentiamo insieme ai nostri frutti, giornalmente.

Non contenti ci si avvia all’idea di accogliere un raddoppio dell’inceneritore, per completare un quadro in cui però non c’è spazio per un ospedale attivo quale si dovrebbe ad una cittadina di 32mila abitanti. Ma questa è tutta un’altra storia, che in futuro riprenderemo.
Sabato 13 ottobre si è tenuta una manifestazione contro la costruzione del secondo inceneritore organizzata dal Comitato No Raddoppio; il corteo partiva dal famoso ospedale “fantasma”, fra slogan che recitavano: ”INDIGNATI E AVVELENATI DA TASSE, CENERI TOSSICHE E CECITA’ POLITICA” e ancora “AIUTATECI A PROTEGGERE I VOSTRI FIGLI”, frasi rilevanti che attestano un elevato tasso d’indignazione nei confronti di una risposta che dai rappresentanti locali che tarda ad arrivare. Al corteo hanno partecipato coloro che tengono alla propria salute e a quella della città intera, circa 500 persone: ma gli altri 32,000 abitanti dov’erano? Dov’era l’intera cittadina quando queste persone si sgolavano e urlavano anche per loro? Forse a fare shopping? Lottare per i propri diritti, tra cui quello di una vita sana, richiedere un percorso alternativo, come quello della raccolta differenziata nel nostro caso, non dovrebbe essere una cosa di pochi manifestanti e non di una sola ed isolata realtà.

Questo lo stato delle cose in una cittadina che accoglie tanti lavoratori dell’area industriale tarantina forestieri, che nemmeno in casa propria, a differenza di quello che si possa pensare, trovano tregua da ambienti insalubri.
Per chi dice che Massafra è oro in confronto al capoluogo ne siete ancora convinti?