Da Pomigliano a Taranto: il ricatto. Padrone e sotto!

di Andrea Cazzato

Nel mio ultimo pezzo ho parlato dell’avanzata neofascista e neonazista che, in Europa soprattutto, vive in questi anni un periodo di rifioritura. La giustificazione che ne ho fornito è quella della risposta più semplice alla crisi.

Ma poi, eccolo Marchionne, in tutta la sua grettezza, che da squallido padrone minaccia rappresaglie. Proprio questo tipo di azioni, almeno moralmente, ci ricordano gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale, quando nazisti e repubblichini (i “poveri” ragazzi di Salò, come si affrettarono a dire molti revisionisti nostrani) iniziarono il massacro di migliaia e migliaia di cittadini inermi.

Il parallelo storico, seppur forte, è calzante. L’uomo del maglione, in barba a qualsiasi rispetto della legge, risponde sostanzialmente così alla sentenza del tribunale sul caso Pomigliano (ben spiegata nel numero precedente da Remo Pezzuto): “riassumo X operai ma ne devo licenziare X altri”. Al di là della reazione, che superficialmente potremmo definire infantile, della serie “Gne, gne il pallone è mio e decido io”, la stessa risposta dell’a.d. Fiat mal cela l’ennesimo tentativo di destabilizzare i rapporti fra lavoratori. Per di più, dalla fabbrica, si è saputo che l’azienda ha fatto girare fra gli operai una petizione contro il reintegro degli operai. Gravi le accuse di alcuni operai, che parlano di una collaborazione della Fim-Cisl.

Il disgusto è profondo per questo ulteriore attentato alla unità dei lavoratori, a quest’ennesimo tentativo di fomentare la guerra fra poveri, da parte di Marchionne e della famiglia Agnelli (anche loro colpevoli, perchè qualcuno l’ha pure scelto il “canadese” no?).

Ma per noi tarantini, la strategia del ricatto e della rappresaglia non è nuova. Ce lo ricordiamo ancora il gran visir Emilio Riva che, qualche anno fa, davanti alle lamentele per l’elevato inquinamento prodotto dal suo stabilimento, iniziava a porre in dubbio la difficoltà di poter mantenere tutti i posti di lavoro del suo polo siderurgico? Ed ora, non è tanto diverso. La guerra tra poveri, in quel di Taranto, è in pieno svolgimento, proprio come da piani del grande imprenditore. Cittadini contro operai, operai contro operai. In tutto questo, i Riva che fine hanno fatto?

Nel nostro caso il governo si è cinto attorno alla figura dell’imprenditore ligure, lasciando poco margine a qualsiasi trattativa reale, che vedesse cioè un impegno concreto e non “a chiacchiere” dello Stato. Ben diverso quanto successo per il caso di Pomigliano, dove la condotta di Marchionne è condannata da vari ministri. In effetti qualche piccolo passo indietro l’han fatto in casa Fiat, forse rendendosi conto di “averla fatta fuori dal vaso”. Ma quanto passerà dalla prossima vomitevole uscita del pullover dei nostri cuori?

Come spesso dico ed è sempre più chiaro, è molto più comodo per chi detiene il potere economico e sociale di questo Paese essere spettatori del conflitto e delle tensioni dei ceti più bassi. Sin da subito dovevamo capirlo, quando tacciavano i migranti di essere la causa di tutti i mali dell’Italia, dovrebbero capirlo anche alcuni operai che invece di prendersela con i padroni che delocalizzano, inveiscono contro i loro colleghi che lavorano in altre realtà e che hanno stipendi più bassi. Allora ci hanno detto: “Normale, in Italia avete troppe tutele”, ed ecco minare quasi tutti i diritti dei lavoratori.

Eppure continuano ad uccidere sul lavoro, come ben sappiamo a Taranto. Si sdegnano e sono affranti per quanto accade, ci incazziamo e piangiamo per quello che succede, ma tutto rimane uguale. “E’ stato solo un incidente” è quello che si affrettano a dire tutte le dirigenze quando “capita” qualcosa in fabbrica. Ci vogliono responsabili, coscienziosi e sacrificanti, ma sono i primi ad essere avidi ed irresponsabili.

Possiamo dire basta oppure è più comodo continuare a pigliarcela fra di noi? Possiamo essere altro o siamo tanto comodi nello stare sotto i padroni? Marx, Gramsci e gli altri ci insegnavano che la prima risposta è la migliore, ma adesso penso che la seconda risposta sia quella universalmente accettata. Il giochino Padrone e sotto (che tanti di noi ha visto capitolare) sta diventando la dura realtà, anche se nel futuro, vedo più probabile un megatorneo di roulette russa. A voi la mossa ora; cercate di salvarvi nella vostra solitudine, che tanto, i padroni, a tenersi uniti ci pensano da soli.

2 Comments

  1. valentina November 5, 2012 3:17 pm 

    se pensi che il primo a parlare di rappresaglia è stato De Benedetti, l’angoscia è grande

  2. mafalda quino November 5, 2012 6:53 pm 

    E’ difficile per me commentare questo vibrante articolo, che fotografa perfettamente la perdita totale del senso di appartenenza ad una classe sociale e tutto quello che ne consegue. Io appartengo alla generazione, come diceva Gaber, che ha perso.

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