Due storie, due stature, una “blasfemia”: Chavez e Casini

di Luca Frosini

Una piccola premessa prima di iniziare: l’articolo che seguirà sarà di parte, fazioso e tenterà almeno di esprimere un punto di vista non obiettivo su due modi molto diversi di intendere l’impegno politico. Ciò sarà fatto paragonando due figure, diversissime sì per storia personale, ambiente e parabola pubblica, ma molto vicine per alcune date di snodo della propria vita, in un evidente e terribile esercizio di ironia proprio del destino, o almeno di quello che ci appare come tale. Buona visione!

Venezuela, 1989:

Caracas è in fiamme. Il pacchetto anti-crisi promosso dall’allora presidente socialdemocratico Carlos Andrès Perez ha portato ad un aumento inconsulto del prezzo di alcuni beni di prima necessità, scatenando una vastissima rivolta popolare che ha nei quartieri poveri della capitale, i cosiddetti ranchos, il suo epicentro. Il presidente in carica ordinerà all’esercito di soffocare nel sangue le proteste, ma non tutti spianano le armi contro i manifestanti: il militare trentaquattrenne Hugo Chavez, già fondatore del movimento Bolivariano all’interno della sua scuola cadetti, decide di non obbedire agli ordini e di appoggiare la protesta contro il palazzo. Sarà l’inizio di un percorso che vedrà il suo primo apice tre anni dopo, nel 1992.

Italia, 1989:

Il Palaeur di Roma è in fiamme. Il XVIII congresso della Democrazia Cristiana vede il duello finale tra i due “lider maximi” dell’allora balena bianca, Ciriaco De Mita e Arnaldo Forlani. De Mita, segretario uscente e allora presidente del consiglio, cede la sua carica a Forlani, detto Coniglio mannaro e factotum di Andreotti alla guida della corrente dei dorotei. Al fianco del vincitore si intravvede un giovane vecchio, che con grandi intrallazzi ha già prenotato un posto al sole nella nuova segreteria: è il trentaquattrenne Pierferdinando Casini, da ora in poi il Bianco, di natali bolognesi e già da anni pupillo di Forlani, indiziato fortemente come successore, entro poco tempo, alla guida dello scudo crociato.

Venezuela, 1992:

Il Paese trattiene il fiato. Perez, ancora in carica nonostante i migliaia di morti causati dalla repressione di tre anni prima, si trova a dover fronteggiare un tentato golpe da parte di un gruppo di militari dell‘aereonautica, tutti facenti parte del movimento Bolivariano. Hugo Chavez, promosso colonnello nel 1991 e ispiratore dell‘attacco, è in prima linea nel bombardamento del palazzo presidenziale, punto di svolta della breve avventura. Il colpo fallisce in pochi giorni, Chavez è arrestato, ma è già divenuto un mito.

Italia, 1992:

Il Paese trattiene il fiato. Tangentopoli sta spazzando via un’intera classe politica, affogata nella propria corruzione e nella propria inefficienza. La Dc è tra i più colpiti, sia dalle inchieste giudiziarie che dall’emorragia di voti, tanto che l’anno dopo si arriverà alla sua rifondazione come Partito Popolare. In tutto questo il Bianco continua il suo gioco a poker, scontrandosi con il nuovo boss Martinazzoli, ex alleato di De Mita nei bei tempi che furono, e promuovendo con il boyfriend Mastella l’abbandono del nuovo soggetto e la fondazione del Centro Ciccioni Demodè, o CCD. Motivo del contendere? La volontà del Bianco di creare un asse “moderato” con la Lega, AN e la neonata Forza Italia.

Venezuela, 1998:

Qualcosa cambia. Chavez, d’ora in poi il Rosso, è il nuovo presidente della Repubblica. Rilasciato nel 1995 dal carcere, il Rosso è una leggenda vivente, acclamato dalla popolazione che lo elegge trionfalmente nella tornata elettorale di quell’anno. L’ex Miss Universo Irene Saez, sfidante e sostenuta da gran parte dell’establishment, non supera il 3% dei consensi. Ha inizio una nuova epoca.

Italia, 1998:

Qualcosa cambia. Il Bianco divorzia dalla prima moglie, Roberta Lubich, iniziando subito una relazione con Azzurra Caltagirone, figlia del boss dell’edilizia italiana Francesco e sua erede. Ha inizio una nuova epoca.

Venezuela, 2006:

Si entra nella fase di consolidamento. In otto anni di presidenza il Rosso ne ha visti di tutti i colori: una nuova costituzione, l’incoronazione come campione del socialismo da parte di Fidel Castro, un tentato golpe, nel quale si consegna ai rivoltosi per evitare la guerra civile, il ritorno in carica, scioperi nelle raffinerie statalizzate creati ad hoc dagli oppositori, misure rivoluzionarie a favore delle classi più deboli e dei diseredati. Tutto questo non è invano, perché nel 2006 il Rosso stravince alle presidenziali e può continuare il suo progetto. All In.

Italia, 2006:

Si entra nella fase di consolidamento. Il Bianco, presidente uscente della Camera e leader del neonato UDC che ospita il suo nome nel simbolo, ha ormai raggiunto un potere notevole all’interno dello schieramento di Centro Destra, tanto da proporsi come eventuale premier se fosse riuscito a superare, nelle imminenti elezioni del 2006, l’amico Silvio come preferenze. Ciò non avverrà, e il Bianco potrà comunque continuare il suo gioco a carte per arrivare nel cuore del Palazzo italiano. All in.

Venezuela, 2013:

Tutto inizia per finire, forse. Nei tre lustri passati dall’entrata in carica del Rosso in tutto il Sudamerica sono sorti presidenti e leader che permettono al continente di superare la terribile scorpacciata ultraliberista degli anni Novanta( quella che ha portato al default l’Argentina, per intenderci). Morales, Kirchner, lo stesso Lula in Brasile, possono essere visti come segni di un tendenza iniziata proprio a Caracas, nel 1998. Intanto il nostro è divenuto una figura enorme, anche mediaticamente: mattatore nella televisione di Stato con il suo programma Alò Presidente, visitatore abituale di ospedali e luoghi di lavoro, protagonista di discorsi fiume dal sapore biblico ma di grande passione, come il maestro Fidel insegna. Rieletto nel 2012, a fermarlo ci pensa solo il cancro, esploso nel 2011 e che lo porterà alla morte nel 2013, nonostante i soggiorni nelle strutture d’eccellenza cubane. Hasta siempre.

Italia, 2013:

Tutto inizia per finire, forse. Il Bianco, cheerleader di Monti nell’anno appena trascorso è spazzato via con la sua nuova formazione, in alleanza con il professore, nelle elezioni appena passate. L’UDC crolla all’1,7% dei consensi alla Camera, sparendo sostanzialmente dal gioco politico che conta. Il suo partito, storia di questi giorni, si rivolta contro di lui, antiche rivalità vengono a galla, in un insieme che porta così alla conclusione, forse, della sua parabola politica. Hasta siempre.

Un ultimo appunto: ho tralasciato colpevolmente molte cose, molte zone oscure e chiare da entrambe le parti, che magari per onestà di cronaca avrebbero dovuto essere riportate. Vi voglio lasciare però con un paio di domande: cosa è allora l’impegno politico? Chi dei due è la risposta giusta per rispondere al quesito che lo stesso termine porta? Statista, parola da usare assolutamente, o pokerista nei salotti? A voi la risposta, che la mia, forse, c’è lo già.