Strane storie. Papillon, eredità e bluff: l’affaire Ciuccariello

di Luca Frosini

“Ero povero, venuto su dal nulla. E ades­so non lo sono più. Ci piacciono il Toro e il Re, i Savoia. Mio fi­glio Norbert è anche presidente di un’associazione di monar­chici. Ci stiamo per comprare un castello, lo sa? Nell’Astigia­no, a Dusino San Michele” ( Dalla terza lettera di Ciuccariello ai suoi avvocati, amen).

Febbraio, anno di grazia negata 2009. Le cronache sportive della città di Torino sono sconvolte dall’improvviso avvento di Mister X, fantomatico multimiliardario intenzionato ad acquistare la squadra buona della città( quella con la maglia color granata, non gli altri) da Urbano Cairo, editore tra l’altro di riviste culturali tipo Diva e Donna e Dipiù tv, lo stesso che oggi si improvvisa proprietario di La7, in poche parole.
Il dato piccante della faccenda, oltre alle voci incontrollate su budget faraonici già pronti per essere investiti sul mercato, si trova soprattutto nell’iniziale anonimato del compratore. Anche in questo caso il gossip si scatena: dall’immancabile sceicco arabo si passa senza soluzioni di continuità al petroliere americano, transitando per il magnate brasiliano, il fratello ricco di Abramovich, Paperon de Paperoni e la banca del sangue, in una ridda di ipotesi da far girare la testa, con il risultato di scatenare in alcuni tifosi improvvide speranze di veloci scalate ai vertici del calcio italiano.

Così si può ben comprendere la sorpresa, per usare un eufemismo, che accompagnò la rivelazione della sua identità. Invece di un abbronzato emiro dal Medio Oriente si presentò come pretendente al Toro tale Raffaele Ciuccariello, imprenditore di origine foggiana e radici piemontesi, una lunga serie di lavori e di fallimenti aziendali alle spalle, peraltro ben distribuiti tra società intestate a moglie, figli( ne ha 10, previdente) e parenti vari. I primi propositi dell’aspirante boss, “self made man” de noaltri e passato in poco tempo dalla casa nella periferia torinese ad un castello nell’astigiano, furono però molto bellicosi: dichiarò infatti di possedere un patrimonio di molti milioni di euro, frutto di un imprecisata eredità dall’America, di voler portare il Torino a vincere lo scudetto e in Champions League in appena quattro stagioni, di voler costruire un nuovo stadio all’avanguardia o almeno ristrutturare il vecchio Comunale, insomma il solito campionario di promesse vaghe e voli pindarici che tanto piacciono a certi personaggi dell’italico universo sportivo, come ben insegna il manuale del presidente spendaccione e della psicologia spicciola da tifoso.

Che personaggio comunque, il Ciucca. Attivista monarchico fin dall’infanzia, tanto dall’aver intitolato numerose sue attività a slogan savoiardi oltre a fondare diverse associazioni d’amicizia verso gli ex regnanti, a proposito dei quali se ne parlò come di un loro lontano discendente, Ciuccariello si presentò alla conferenza stampa “outing” a bordo di una rolls royce e mascherato di un improbabile smoking con papillon, un tocco di classe modaiola a cui l’intenso accento foggiano torinese non mancò di aggiungere un indispensabile tocco grottesco.

Una sensazione, quella di avere a che fare con uno strambo bluff che con il novello Zamparini, confermata poi dall’altrettanto veloce epilogo della vicenda, dove a trattative apparentemente in fase in conclusione si sostituì l’improvviso dietrofront del Ciucca, nonostante i proclami di partenza, i fondi illimitati assicurati e lo sbandierato amore per il primo club della città piemontese( c’è ne un altro? Probabile).

Un modus operandi, quello di lanciare macigni nascondendo poi entrambi le mani, riproposto in una lunga serie di tentate acquisizioni, dal calcio( dal Novara ad una squadra dell’hinterland torinese passando per il Como, dove ripropose il suo abbigliamento da Groucho Marx in una torrida giornata di fine maggio) alla movida cittadina( discoteche acquistate in allegria, per una delle quali è anche finito a giudizio), e perché no l’industria dolciaria( la Streglio, storica azienda del luogo), l’editoria( la gazzetta del popolo, storico quotidiano torinese per cui comprarono uffici redazionali megagalattici tutt’ora abbandonati, prima a Torino e poi a Milano), catene di ristoranti, agenzie di modelle, rappresentanze di aziende estere e chi più ne ha più ne metta.

Un racconto paradossale, quindi. Una storia in cui entra in gioco quasi la barzelletta, quel genere di barzellette che ti fanno ridere una prima volta e non molto altro, visto che la tipologia da commedia dell’arte del personaggio può essere rivista in molti, moltissimi corrispettivi della bella finanza italiana. Mica pizza e fichi, o meglio savoiardi e bagnacauda( ahahah), insomma.

P.s. come seconda squadra di Torino intendo ovviamente il Settimo Torinese, società della serie D, off course.