La posizione di associazioni e movimenti riguardo alle aree demaniali in corso di acquisizione

In merito alla riunione fra esponenti della società civile (associazioni, movimenti, rappresentanze di categoria ecc.) e amministrazione comunale tenutasi lunedì 21 maggio riguardo l’eventuale riutilizzo degli spazi ceduti dalla Marina Militare, abbiamo alcune considerazioni da fare.

1) Non è ancora chiaro quanto di quelle aree dovrà essere bonificato, e dunque quali saranno i costi e da chi dovranno essere sostenuti. Al momento manca una caratterizzazione delle aree, e dunque un piano di bonifica. Si riuscirà a realizzarli entro la data prevista per la consegna dei progetti, il prossimo 30 giugno? Per quanto riguarda invece gli eventuali oneri di bonifica, riteniamo inaccettabile che essi ricadano sul Comune di Taranto, trattandosi di spazi sfruttati per decenni dalla Marina Militare. Prima di procedere a qualsiasi accettazione di quegli spazi da parte del Comune consideriamo prioritario sciogliere questi nodi.
2) In generale, non è affatto chiaro il quadro finanziario dell’operazione.Andrebbe approntato da subito un calcolo del fabbisogno generato quanto meno dal ripristino di condizioni di fruibilità degli stabili in questione e, al contempo, una stima delle fonti di finanziamento di parte pubblica. Riteniamo questo passaggio propedeutico a qualsiasi opera di progettazione: se, infatti, il contributo di parte pubblica non rappresentasse che una parte marginale del fabbisogno, sarebbe evidente la necessità di ricorrere a interventi privati. Ma questi inciderebbero inevitabilmente sulla destinazione degli spazi medesimi. Nella stessa riunione di lunedì rappresentanti di categoria hanno parlato esplicitamente di project financing: si tratta di una modalità di finanziamento in base alla quale i privati anticipano l’intera cifra o parte dell’investimento, ricavandone beni o servizi da cui trarre profitto. E’ evidente che un robusto contributo dei privati destinerebbe parte consistente di quegli spazi ad usi diversi da quelli di bene pubblico, di cui questa città è drammaticamente carente (luoghi di incontro culturale e aggregativo, biblioteche, servizi per gli studenti e i cittadini in generale ecc.). Da parte nostra riteniamo che, data la particolare condizione che Taranto si trova a vivere, sarebbe indispensabile rilanciare proprio questo tipo di servizi: a) per dare prospettive ai tanti giovani disoccupati, spesso con elevati livelli di formazione, oggi costretti ad emigrare o ad accettare lavori precari; b) per avviare un percorso di conversione in senso ecologico del modello di sviluppo locale.

3) Ci sentiamo di respingere con la massima fermezza ogni impiego dei suddetti spazi nella forma di parcheggi, come paventato in particolare per l’area ex Artiglieria, adiacente al mercato (ex caserma) Fadini. Si tratterebbe di una decisione in controtendenza rispetto a un’idea di città sostenibile, la quale non può prescindere da un piano della mobilità che valorizzi mezzi pubblici e a basso impatto (biciclette, in primis). Andrebbe piuttosto studiato un piano integrato della mobilità che punti a rendere il Borgo quanto più possibile area pedonale e/o ciclabile. Questo elemento, assieme alla valorizzazione in chiave socio-culturale degli spazi vuoti, porterebbe al commercio benefici di gran lunga maggiori rispetto alla creazione di nuovi parcheggi, rendendo l’intera zona attrattiva anche in un’ottica turistica. Il Borgo assumerebbe infatti una chiara identità, riconoscibile anche all’esterno, frenando così l’attuale tendenza all’abbandono.

4) Riteniamo metodologicamente sbagliato riunire nello stesso consesso rappresentanti di categorie datoriali e professionali ed esponenti di organizzazioni senza fini di lucro. Gli interessi di questi gruppi sono infatti molto diversi, così come la rispettiva capacità di impegnare risorse proprie per la realizzazione di progetti specifici. Pensiamo che il Comune dovrebbe dare priorità d’ascolto ai tanti cittadini che quotidianamente si impegnano in forma volontaria, in molti casi per sopperire alle stesse mancanze dell’ente civico, nell’interesse della collettività. Solo dopo aver definito il quadro generale della programmazione con questi soggetti, si potrebbe eventualmente contrattare con i privati forme di intervento che non alterino il quadro d’intervento pubblico.
5) Crediamo che l’eventuale progettazione  degli spazi in questione debba rientrare in una più ampia e generale politica comunale sugli spazi sociali e culturali, mai presa in considerazione dalle amministrazioni che si sono succedute fino ad oggi. Gestendo meglio l’esistente, attraverso una progettualità, non ci saremmo ad esempio ritrovati a ricordarci che a Taranto manca un Teatro Comunale proprio ora che la Marina rischia di cedercene uno: lampanti sono gli esempi di abbandono del Teatro Mignon, del Teatro Fusco e del Teatro Verdi.
 E’ infatti urgente riqualificare intere aree della città attraverso il coinvolgimento della cittadinanza attiva, per arrestare il degrado e creare nuove opportunità di lavoro e di crescita per l’intera comunità.
 In questo  è necessario definire criteri di gestione chiari: l’uso di spazi pubblici da parte di enti terzi deve essere coerente con la loro destinazione originaria. Casi come il “cantiere Maggese” devono essere sanati e mai più ripetersi. Ne va della credibilità dell’azione pubblica in questa città e del futuro della nostra comunità, che o saprà sperimentare alternative all’esistente o sarà destinata al degrado.
Ammazza che Piazza
ArcheoTower Occupata
Io Voglio Restare – Taranto
Link Taranto
SALAM ONG
Sinistra in Movimento
Vivi Taranto

1 comment

  1. teresa naspretto June 1, 2013 12:17 pm 

    mi voglio augurare che i cittadini prendano a cuore il loro futuro e quello dei loro figli partecipando attivamente alla realizzazione nelle zone demaniali in concessione al comune di opere culturali,sociali, sportive per migliorare .le condizioni di vita di una città abbandonata da tanti suoi figli che l’hanno portata ad un degrado che non certo meritava quale capitale della Magna Grecia. Non sono tarantina ma non . era così quando sono arrivata negli anni ’60.

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