Il 22/25 maggio 2014 i cittadini dell’Unione europea saranno chiamati ad eleggere i propri rappresentanti nel Parlamento europeo. Alla prova elettorale sarà chiamata ovviamente anche l’Italia nel momento forse più confuso della propria storia politica. Proprio per questo le elezioni europee diventano determinanti. Da un lato si andrà a constatare l’effettivo peso elettorale dei partiti nazionali che parteciperanno alla corsa elettorale, e dall’altro questi stessi determineranno delle scelte identitarie aderendo ad un partito europeo, piuttosto che ad un altro.
Basti guardare i nomi e le composizioni degli euro-gruppi parlamentari. Questi si formano, non per area geografica di appartenenza, ma per affinità politica: PPE – Partito Popolare Europeo; S&D (PSE) – Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici; ALDE – Alleanza dei Democratici e liberali per l’Europa; Verts – ALE (ALE – FEPV) – Alleanza Libera Europea e Federazione Europea dei Partiti Verdi; AECR – Alleanza dei Conservatori e dei Riformisti Europei; GUE-NGL – Sinistra Unitaria Europea – Sinistra Verde Nordica; MELD – Movimento dell’Europa della Libertà e della Democrazia; Non iscritti.
I partiti hanno nomi e composizioni alquanto chiare. Non hanno paura di definirsi liberali, progressisti, socialisti o comunisti. Una chiarezza ed un’immediatezza di linguaggio e di contenuti ormai banditi dalla politica italiana.
In Italia, per molti, la sinistra corrisponde al comunismo e i comunisti sono quelli delle foibe e delle grandi abbuffate di bambini. A destra sono tutti fascisti e picchiatori. I socialisti sono tutti ladri e i democristiani, tolto Aldo Moro, sono tutti viscidi-infami. Il resto è terra di nessuno.
Una terra in cui è stato facile mischiare le carte e confondere le idee.
Lo sconforto e la pigrizia, sia fisica che intellettuale, ha portato gli italiani a disinteressarsi di accertare l’identità di un partito, i principi che segue e le politiche che attua. L’italiano medio vota senza conoscere i programmi elettorali e in molte Regioni pratica ancora il voto di scambio.
I messaggi semplicistici diffusi dal Movimento5Stelle – “Sono tutti uguali”; “dalla caduta del muro di Berlino non esistono più le ideologie” – hanno poi contribuito ad un’ulteriore atrofizzazione della criticità. Grillo è stato l’oppio di questo popolo ed ora anche i più scolarizzati fanno fatica a definire le differenza fra destra e sinistra.
Potrebbe sembrare un esercizio intellettuale e invece non lo è. Perché un sistema di idee e di valori politici condizionerà poi le scelte economiche di un Governo. E qui veniamo al dunque!
Un governo “liberal” andrà a prediligere lo sviluppo della soggettività del cittadino, quindi tutelerà l’imprenditore, piuttosto che la comunità dei lavoratori; sarà uno Stato non interventista dal punto di vista economico, uno Stato che non nazionalizza, ma che piuttosto tende a vendere e privatizzare, così smettendo pian piano di farsi carico della garanzia dei diritti naturali, sociali e politici dei cittadini, che passano necessariamente dal diritto all’istruzione, alla cultura, alla salute ed alla vita.
Come garantire questi diritti?
Prima di tutto investendo in un sistema di welfare, poi in provvedimenti che possano rimettere in moto l’economia, per dirla alla Krugman, “se il governo assume lavoratori per scavare buche e versarvi calcestruzzo, sa che creerà direttamente questi posti di lavoro e altri ne creerà indirettamente quando i nuovi assunti spenderanno i loro salari”.
In controtendenza a questa deriva liberal imbarcata dall’Europa va il lavoro e la candidatura alla Presidenza della Commissione europea di Alexis Tsipras, leader carismatico di Syriza, partito che aggrega tutti i soggetti della sinistra radicale greca. Tsipras parla di politiche antiliberiste, di lotta alla Troika e ridiscussione dei Trattati, di applicazione di politiche anti-cicliche per uscire dalla crisi. (di seguito il programma elettorale)
Insomma, non è certamente un venditore di fumo.
In Italia ad appoggiarlo accorrono i movimenti e i partiti di sinistra: Sel e Rifondazione. Grande escluso si considera il Pdci, per la mancanza di una candidatura che fosse diretta espressione del partito. Negli scorsi giorni, non solo decide di prendere le distanze dal movimento, ma anche di indire una raccolta firme per poter presentare una lista propria alle Europee. Impresa quanto meno ardua, visto che ne serviranno 150.000.
Nel frattempo Sel resta ambigua sulle sue intenzioni post elezioni: gli eurodeputati di Sel entreranno nel Gue o nel Pse?
Indugiare troppo nel mezzo potrebbe esser dannoso sia per solidità di un percorso unitario a sinistra, sia per la stessa Sel, che andrebbe a perdere un’altra grande occasione di fugare ogni dubbio sulla propria identità.
Prima di fasciarsi la testa però, i militanti dovranno raccogliere almeno 150.000 firme. Anche a Taranto sabato alle 17,00 in Piazza della Vittoria e domenica dalle 10:00 in Piazza Maria Immacolata e al mercatino della Salinella si potrà firmare per la lista “Un’altra europa con Tsipras”.
Staremo a vedere quali saranno le risposte dei tarantini.