Era una mattina buia e tempestosa…. No, aspé… Ma non doveva esserci il sole? Il giorno prima alle prove c’era la calda e soave primavera, adesso davanti ai miei occhi c’è il sussidiario di tutti i peggiori inverni di cui avete memoria. È il 1 maggio 2016, il giorno del concerto a Taranto.
Quest’anno Siderlandia ha tentato in tutti i modi di mandare qualcuno che scrivesse un serio resoconto dell’evento con tanto di analisi politica, ma, o costavano troppo o erano rimasti all’invenzione della macchina da scrivere; per cui eccomi ancora qua, quest’anno con l’ausilio della fotografa Imma nonché lato ragionevole del duo che ci tiene a salutarvi (Ciao!!!).
Piove così tanto che se esiste un Dio probabilmente ascolta Gigi D?Alessio e ci punisce per il nostro odio nei suoi confronti.
Il tema di questa edizione è “Riconversioni mentali”, mi chiedo: il tema sarà legato ad un ripensamento circa la presenza della pizzica sul palco del concerto? (SPOILER ce n’è di meno ma c’è). siamo comunque qui e c’è anche il fango come a Woodstock ma senza amore libero.
Sin dalla prima edizione il concerto di Taranto è stato in competizione con quello romano per numeri e artisti, ma ci sono due nomi che a Taranto sono mancati e che segnerebbero la svolta: i Modena City Ramblers e la Bandabardò. Come si può pensare di arrivare al top se non hai la Bandabardò che ti canta ”e attenziò/ concentraziò/ ritmo e vitalità” oppure l’evergreen “Bella Ciao” rifatta dai Modena?
A sopperire a questa mancanza ci pensa l’Orchestra Mancina con una loro versione di Bella Ciao che però diciamolo: non fa scattare il Berlinguer che è in noi, speriamo per l’anno prossimo.
Intanto smette di piovere e la piazza si anima, alla fine gli organizzatori parleranno di 200.000 persone ma la questura non ci sta e rilancia con 300.000 perché nessuno li può battere sui numeri irreali.
C’è già la prima band rock sul palco, i Luminal, minimali ne loro stare sul palco quanto colorati, il mio amico Giuseppe non li sopporta e mi manda messaggi invocando un mio intervento deciso per fermarli, da buon democristiano sto fermo e finiscono il loro set.
Sul palco salgono gli SFK, fanno rap, ma visto che quest’anno la quota di musica popolare è molto bassa aprono la loro esibizione con un tamburello per tenere calmi gli amanti della musica tradizionale. Il pubblico si scalda e il concerto entra nel vivo, il cielo rimane grigio ma almeno non cade una goccia.
Sul palco si susseguono i Selton, gruppo brasiliano ma che fa base a
Milano, con il loro pop rock e qualche elemento di tropicalismo e poi salgono sul palco i Terraross, gruppo di musica popolare, perché va bene metterne pochi di tamburelli a Taranto, ma la lobby della pizzica non la può mettere alla porta nessuno .
Come ogni anno agli artisti si alternano esponenti di associazioni, comitati e della società civile. Tra i tanti che si alternano su quel palco voglio segnalare tre donne: Egidia Beretta (madre di Vittorio Arrigoni), Patrizia Moretti (madre di Federico Aldrovandi) e Giusi Nicolini (sindaco di Lampedusa). Sarebbe facilissimo cadere nella retorica delle donne coraggiose; conta di più notare secondo me il senso di serenità che trasmettono le loro parole, tutte e tre testimoni di eventi tragici e tutte e tre risolute nel non voltare la testa a quegli eventi; questi tre momenti sono secondo me tra i punti più alti del concerto.
Dopo un momento toccante il concerto ritorna su ritmi sostenuti, prima con Mama Marjas, con un’esibizione tiratissima poi con Ghemon con una band che butta giù un funk della madonna mentre lui snocciola il suo rap. Poi è la volta di Fido Guido.
Su Fido Guido c’è da fare un breve discorso perché c’è di mezzo una storia triste. A questo punto del concerto siamo alle 17:15 circa, pur essendoci nuvoloni non è certo buio. Questo particolare è importante perché in tutte le edizioni passate del concerto Fido Guido ha sempre suonato in serata e in tutte le scorse edizioni aveva un rito. Chiedeva al tecnico delle luci di abbassarle e al pubblico di accendere i propri accendini o il cellulare. L’effetto era suggestivo e spesso ne usciva anche una foto che poi girava su giornali e su internet. Come potete capire questo alle 17:15 non poteva succedere. Ed infatti la sua esibizione ne risente. Tant’è che, non dovrei raccontarlo ma lo faccio ugualmente, dal giorno dopo il buon Guido se ne sta in casa a luci spente e costringe tutta la famiglia a tenere accesi accendini e torce dello smart phone mentre lui canta. Mi dispiace Guido, sono con te, quando vuoi vieni da me, supereremo anche questa.
A mantenere alto il numero dei bpm ci pensano gli LNRipley, già presenti l’anno scorso, la piazza si scatena e Victor, il cantante, ne è il cerimoniere e nel finale citando i Rage Against The Machine di Bullet In Your Head manda in delirio tutto il parco archeologico delle mura greche.
Dopo la musica è il momento dell’intervento dell’ex ministro dell’economia Varoufakis, che parla di investimenti per il rilancio dell’industria dell’acciaio senza però dover scegliere tra lavoro e salute, il pubblico è un po’ assente e in alcuni casi ostile, io però guardo solo Levante.
Prima però sale sul palco Giovanni Truppi, cantautorato pieno di energia con un tono di nervosismo nella voce e un fiume di parole, le sue canzoni sono i racconti dei drammi condominiali che tutti abbiamo vissuto almeno una volta nelle nostre vite. E poi sale sul palco lei: Levante.
La vedo e per me non c’è più nulla di import……(Ciao ragazze sono Imma, la fotografa di Siderlandia, intervengo perché a questo punto dell’articolo direi che gli sproloqui sessual-musicali di Mimmo direi anche no. Innanzi tutto voi come state? L’articolo vi sta piacendo? Forse un po’ lungo eh? Vabbè dai Mimmo è così, è appassionato, comunque l’esibizione di Levante mi è piaciuta, ha un timbro molto dolce che fa il paio con un rockettino piacevole, ovviamente ha fatto Alfonso, mica poteva evitarla, e vi dirò che mi è piaciuto pure l’abito, in stile sixties nero svasato in abbinato coi calzettoni tirati su, i mocassini che indossava non mi sono piaciuti molto, io ci avrei messo degli anfibi alti che stanno sempre bene. Beh ora vi lascio, continuate a leggere e fatemi sapere se vi piacciono le foto, ciaooooo!!!) ….e non dico altro su di lei altrimenti mi arrestano.
È sera, fa freddo ma c’è tanta gente, da questo momento saliranno sul palco tutti i big.
Il primo è Niccolò Fabi. Che mi sorprende, è uscito da poco il suo nuovo album “Una somma di piccole cose”, un album la cui intimità Fabi restituisce anche davanti a migliaia di persone. Poi chiude con Lasciarsi Un Giorno A Roma per me una caduta nei torbidi anni dell’adolescenza, la cantiamo tutti ed io, ebbene sì, la canto quasi con le lacrime agli occhi; come si vergognerebbe l’adolescente che negli anni 90 pogava sui Sick Of It All se sapesse che il suo segreto è stato scoperto.
Neanche il tempo di salutare Fabi che risale sul palco al fianco di Daniele Silvestri, che accompagna in quasi tutte le canzoni. Poi Silvestri fa quello che tutti si aspettano: suona Cohiba.
Cohiba non è una semplice canzone, è un pezzo di concertone del 1 maggio, è l’ingrediente fondamentale di un concerto della festa dei lavoratori. Tutta la piazza la canta e pure il grillino più convinto si sente comunista, spunta persino una bandiera di Rifondazione Comunista, manca solo la bandiera coi quattro mori della Sardegna. La canzone finisce, Daniele e Niccolò salutano e vanno via e il tasso di sinistra nell’aria scende al livello Beppe Grillo.
Da questo momento le redini del concerto vengono saldamente prese dal rock, che da qui in poi dominerà la scena.
Acclamatissimi i Litfiba con un Piero Pelù più giovane di me e un Renzulli più vecchio della Bibbia, che però non ne sbaglia una. La band dietro di loro li supporta alla grande e il pubblico è ai loro piedi.
Il poker finale e da cardiopalma. Prima salgono gli Afterhours che suonano ad un volume da pettinare i capelli, con un Manuel Agnelli simpatico come sempre; poi è la volta del Teatro degli Orrori con Pierpaolo Capovilla vestito esattamente come quattro anni fa proprio qui a Taranto. Capovilla è uno che ti da’ sempre l’impressione di essere ubriaco e di non reggere un concerto ed invece sputa l’anima sul palco e tutta la band tira fuori un suono lancinante.
È la volta dei Ministri che non sono da meno e che fanno saltare il pubblico.
A chiudere direttamente dagli anni 90 arrivano i Punkreas. Il pubblico rimasto è composto quasi esclusivamente da giovani sotto i 25 anni ed in area stampa sono rimasto da solo. Fanno tutti i loro classici ed io mi ritrovo a pogare da solo come uno zimbello qualsiasi mentre sono ostaggio di ricordi di occupazioni, turbe adolescenziali ed ormoni a mille. E poi tutto finisce.
Ma come già finito? No, vi prego riportate tutti sul palco, riportate il pubblico, riportate Levante…
Si ritorna a casa, col fango in ogni parte del corpo (anche se fa bene alla pelle), stanchi e con quella puzza di inquietudine tardo adolescenziale che oggi Taranto lascia addosso.
Mentre scrivevo questo pezzo ascoltavo
Niccolò Fabi, Una somma di piccole cose, 2016
Giovanni Truppi, Giovanni Truppi, 2015