Venerdì 14 novembre, alle 17:00, si terrà a Taranto (presso la Biblioteca “Acclavio”) un’assemblea pubblica regionale dal titolo “Dall’Altra Europa all’Altra Puglia”. È il primo appuntamento di un percorso che, in vista delle prossime elezioni regionali, mira a costruire anche in Puglia una proposta politica chiaramente alternativa alla strategia della distruzione promossa dal governo Renzi in ogni campo (sociale, ambientale, economico ecc.). Un percorso che può rappresentare un’opportunità per tutte quelle realtà sociali e quelle singole personalità che faticano a identificarsi in un centrosinistra pugliese che da qualche tempo ha maturato una vera e propria “mutazione genetica”.
Si stenta infatti a riconoscere, fra i candidati alle primarie per la candidatura alla presidenza, un profilo chiaramente in sintonia con i bisogni e le sofferenze che la gente di Puglia oggi esprime. Più in generale, lo scontro politico nella nostra regione sembra ormai ridotto a una sfida fra personalità alla disperata ricerca di consenso negli ambienti più vari (in piazza fra i lavoratori, ma anche ai lussuosi tavoli degli affaristi), al solo scopo di prenotare la poltrona più alta di Lungomare Nazario Sauro. Il mondo reale è totalmente espulso da questa competizione. Noi, che quotidianamente subiamo gli effetti della disoccupazione, della precarietà, dello sfruttamento feroce, dell’avvelenamento di aria, terra e mare, e che sempre più spesso siamo costretti ad emigrare; noi, abitanti di quella “Puglia reale” che non ha niente di “migliore” rispetto agli altri Sud d’Italia e d’Europa, e che tutti cercano di nascondere sotto il tappeto per non sfigurare agli occhi di osservatori esterni e turisti; noi non possiamo che restare passivi di fronte a questo scontro fra nuovi signori feudali, interessati esclusivamente ad accrescere il proprio potere. Non ci interessa neanche più guardarli i loro duelli, perché semplicemente lo spettacolo è diventato deprimente – e, soprattutto, abbiamo cose più serie a cui pensare: anzitutto, come fare a tirare avanti! Noi per questa gente che la parola “crisi” l’ha solo letta sulle pagine dei giornali, siamo soltanto “carne da comizio”, o da talk show. Ebbene, è venuto il momento di uscire da questa gabbia in cui ci vorrebbero tenere reclusi per continuare a fare tranquillamente i fatti loro! È venuto il momento di riappropriarci della politica per affermare i nostri interessi!
In questo senso L’Altra Puglia può essere un’opportunità per noi tutti. Essa infatti non si presenta come un contenitore già definito e riempito di programmi e proposte, ma come uno spazio vuoto da popolare. Uno spazio a disposizione di chi in questi anni non è rimasto a guardare le città che si spopolavano di giovani, le fabbriche che delocalizzavano, gli ospedali che chiudevano, le campagne che finivano nelle mani di caporali e mafie, il territorio tutto che veniva appestato da rifiuti ed emissioni di ogni genere; e di fronte a tutto questo ha reagito, si è organizzato, ha protestato o ha inventato nuove forme di resistenza solidale. E ancora, l’Altra Puglia è uno spazio a disposizione di chi non ne può più di soffrire in isolamento la propria condizione; di chi ha capito che la retorica dell'”impresa-fai-da-te” con cui si continuano a illudere i giovani pugliesi è una clamorosa presa in giro, che sta producendo la morte sociale di un’intera generazione. Perché noi giovani pugliesi non abbiamo bisogno di farci la guerra a vicenda in una situazione economica in cui “uno su mille ce la fa”, aizzati gli uni contro gli altri dal mito della “competitività”; noi giovani pugliesi abbiamo bisogno di ampio accesso all’istruzione e alla formazione, di programmi edilizi pensati per le nostre esigenze, di reddito minimo, di opportunità di lavoro che soddisfino le nostre capacità e i nostri desideri, di stabilità occupazionale! Solo così si potrà invertire quel flusso continuo di intelligenze e competenze che vede molti di noi emigrare verso il Nord Europa. Ecco, questa è la sfida de L’Altra Puglia: essere un cantiere aperto in cui esperienze diverse provano a costruire un’idea di futuro della nostra terra, in maniera libera dai grandi interessi che condizionano la politica regionale.
Da questo punto di vista è stato quanto mai opportuno organizzare la prima assemblea pubblica a Taranto. Il capoluogo jonico infatti è fra i principali crocevia delle contraddizioni richiamate sopra. Qui crisi ambientale, crisi sociale e crisi economica si intrecciano generando un circolo vizioso che mette in discussione la sopravvivenza stessa della comunità locale. Al contempo, in questo territorio martoriato negli ultimi anni sono emersi esempi straordinari di resistenza e di lotta: dal movimento contro le discariche a quello più recente per fermare la realizzazione di Tempa Rossa, passando dalle tante mobilitazioni sul caso Ilva, dalle rivendicazioni degli studenti per una formazione di qualità, dai tentativi dei giovani di riappropriarsi degli spazi pubblici per trasformarli in beni comuni. Tutto questo è avvenuto nell’indifferenza quasi totale delle istituzioni e delle forze politiche che le governano. A Taranto infatti la separazione fra “politica politicante” e i bisogni di ampi strati della società rasenta la scissione. Le domande sociali si infrangono contro il muro di gomma opposto dai principali partiti, che ormai rappresentano indistintamente lo stesso grumo di interessi, e finiscono per disperdersi, alimentando in chi le ha rivolte frustrazione e disincanto. A sua volta, la percezione di impotenza che pervade chi prova a cambiare le cose spesso si sfoga in atteggiamenti autoreferenziali: se non si è riusciti a raggiungere l’obiettivo è perché non si è stati abbastanza uniti, e quindi via con la caccia al “nemico interno”. Con questo schema, versione riadattata del “divide et impera”, chi detiene il potere riesce a preservarlo, e chi vorrebbe metterlo in discussione si spezzetta in frammenti sempre più piccoli, litigiosi e ininfluenti. Di fronte a tale stato delle cose va piuttosto preso atto che la lotta nella quale in tanti siamo impegnati è durissima, che il fronte nemico è molto più forte di noi e non ha intenzione di cedere neanche un millimetro, che è necessario tessere legami con pazienza e tolleranza, senza la pretesa di “ridurre a uno” le tante differenze che esistono fra chi si batte per il cambiamento.
La situazione di Taranto, insomma, mostra chiaramente di quale portata sia la sfida che attende chi desidera costruire una realtà diversa e migliore, quali siano i pericoli disseminati lungo il cammino, e cosa sia necessario fare (e non fare) per definire un’alternativa efficace. Alla luce di tutto ciò, resta da fare un solo appello. A chi non vuole rassegnarsi al degrado di “una politica che è solo far carriera”, alla devastazione delle nostre terre e delle nostre vite…
Resteremo indietro, senza comprendere
più nessuno e da nessuno compresi?
O contare sulla buona sorte?
Questo tu chiedi.
Non aspettarti nessuna risposta
oltre la tua.