Il racconto breve che state per leggere è risultato secondo classificato al concorso letterario Zero A Zero, dedicato alla memoria di Stefano Fontana, un ragazzo dall’impegno e dal raro interesse nei confronti del mondo, venuto a mancare prematuramente in Valcamonica il 9 agosto 2011 all’età di quasi 27 anni. Il tema del contest di quest’anno era “Prigioni: letterali o metaforiche,reali o immaginarie, individuali o collettive”.
Buona lettura.
“L’Onorevole la riceverà a breve”, le disse con voce giovale e cortese l’occhialuta segretaria senza distogliere lo sguardo dall’oloschermo interattivo, l’ultima innovazione salva-spazio per gli affollatissimi uffici dei dicasteri.
Alice Rotelli non rispose. Attendeva di essere ricevuta da oltre mezz’ora, ma non s’annoiava. Attendeva e basta.
Gli uffici erano completamente bianchi, un bianco accecante e candido. Ogni volta che ci entrava, ad Alice sembrava di entrare in paradiso.
Era seduta su un comodo ed ergonomico divano, anch’esso bianco, e aspettava nella fresca aula di accoglienza degli uffici del Ministero del Lavoro. Da quando era entrata e aveva passato il polso sullo scanner di riconoscimento di sicurezza posto all’ingresso, aspettava il suo turno nella stessa posizione inanimata come fosse una statua di cera. In effetti la sua pelle ricordava molto la cera. Aveva trentasei anni ormai, ma ne dimostrava appena venti.
Niente interventi chirurgici, vecchia tradizione del secolo precedente.
Lo spermatozoo protagonista della sua nascita è stato scelto tra alcuni miliardi che suo padre aveva consegnato prima della sua creazione al Ministero della Popolazione, ed era stato individuato accuratamente da un apposito computer che selezionava quelli col Dna più longevo e resistente, o perlomeno quelli meno contaminati. Alice era una bellissima donna, capelli biondi, lunghi abbastanza per sfiorarle le spalle e mettere in evidenza il suo sensualissimo collo.
Rimbombò dall’impianto dolby degli uffici il breve motivetto che indicava il prossimo turno e, come un cane pavloviano, si alzò e si diresse davanti a una porta bianca che si aprì dopo pochi attimi.
Erano già diverse settimane che Alice Rotelli non si sentiva bene. Anzi, si sentiva tutt’altro che in forma. Erano passati almeno trenta giorni dalle prime avvisaglie, ma lei non ricordava con esattezza da quanto andava avanti questa storia. Accadeva puntualmente ogni giorno che, finito di cenare, vomitasse sangue e bile. Dopo aver rovesciato si sentiva meglio ma molto stanca, e quindi optava sempre per dormirci su. Negli ultimi giorni il vomito era diventato sempre più violento e Alice si era fatta convincere da Phil, suo marito, a chiedere un permesso per recarsi dall’onorevole.
Si era recata alla sezione distaccata del Ministero della sua città – ogni nucleo urbano con più di centomila abitanti ne aveva una – a bordo dei puntualissimi bus elettrici che freneticamente si aggrovigliavano per le vie della città dalle 6.00 alle 21.05, ovvero durante tutto l’orario lavorativo.
Avrebbe voluto partecipare all’inaugurazione del GRE.EN.PARK, il Great Energy Park che sarebbe sorto nell’insenatura marina che rendeva la sua città unica al mondo.
Erano anni che l’Organizzazione si preparava all’evento.
Il più grande parco energetico del mondo!, titolavano gli e-papers e i notiziari online degli infiniti siti d’informazione dell’Organizzazione. Era ormai più di un secolo che per aprire un sito internet bisognava avere il benestare del Ministero dell’Informazione, e le spese burocratiche e periodiche erano altissime. Ma d’altronde, ormai gli articoli venivano scritti da potentissimi computer grandi come un pugno ma che facevano lo stesso lavoro di un’intera redazione. Ai CdA delle testate bastava decidere il taglio e lo stile degli articoli e il gioco era fatto.
Il Graparè constava di 30 enormi pale eoliche che sovrastavano l’orizzonte e adombravano quella che da sempre era una città soleggiata. Inoltre contava una serie di grandi macchinari che trasformavano in energia elettrica il moto delle onde e che parzialmente coprivano quella che da sempre era la tavola azzurra che circondava quella terra. A nessuno comunque dispiaceva, visto che erano almeno quarant’anni che la balneazione e la pesca in quelle acque era tassativamente vietata.
Grazie al Graparè comunque, almeno a quanto aveva sentito Alice tutte le sere degli ultimi tre anni al webnews24 tornando da lavoro, si sarebbe risolto il problema energetico di tutto il meridione. L’eccitazione in città era tanta e dieci anni prima la solenne conferenza stampa con cui si comunicava la scelta della sua città come sito privilegiato per la costruzione del Green Park, Gèp come fu subito soprannominato dagli abitanti del posto, fu accolta con un entusiasmo raro.
In tanti oggi erano accorsi da tutto il meridione per l’inaugurazione ma questa volta Alice non poteva proprio andarci. Ormai aveva prenotato l’appuntamento dall’onorevole ed era obbligata ad andarci con la massima puntualità.
La puntualità è civiltà, recitava uno dei più inflazionati slogan dell’Organizzazione. Comunque lei vedeva tutte le mattine da cinque anni i progressi dei lavori, poiché il bus che la portava al lavoro costeggiava il lungo tratto di costa dove pian piano sorgeva l’infrastruttura, e quindi la sua assenza non le dispiaceva. Perlomeno, se ne era accorta dal fatto che il safe-watch non aveva suonato indicandole la pillola da prendere per ristabilire la serenità.
La tua vita è una…perché non trascorrerla sereno?, era il primo slogan dell’organizzazione che ricordava. A dir la verità era una delle poche cose che ricordava della sua infanzia.
La porta scorrevole si aprì con un movimento soave emettendo un lieve soffio, che sentì nuovamente quando, appena entrata, si chiuse alle sue spalle. Ora era dentro l’ufficio dell’onorevole che era avvolto da un’oscurità totale. L’unica fonte di luce proveniva da una bianca, candida e sommessa luce LED che proveniva dalle incastonature che separavano le grandi e quadrate mattonelle che componevano il pavimento. Nella stanza c’era un’atmosfera solenne e un sinistro silenzio. Le uniche sagome che riusciva a distinguere mentre gli occhi si abituavano all’oscurità erano il bianchissimo camice dell’Onorevole e la scrivania che si frapponeva tra loro. Il safe-watch non suonò, quindi capì di non essere preoccupata.
“Good morning miss Rotelli, do you speak english?” la voce greve dell’Onorevole squarciò improvvisamente il silenzio.
Alice fece di no con un cenno del capo.
“Ah mi scusi. Salve signora Alice Rotelli, codice identificativo ALROT0049CT11146. Mi deve dispiacere, ma il mio italiano è just a little arrugginito. Si in effetti lei è del 2089, avrei dovuto imaginerlo”.
Da vent’anni a questa parte la lingua italiana era sparita da tutti i luoghi e i comunicati ufficiali. L’inglese era stata scelta dall’Organizzazione come unica lingua utile e ormai era il solo idioma insegnato nelle scuole. Alice non l’aveva mai studiato perché, quando lei frequentava la scuola, le venne insegnato, oltre alla chimica, fisica, biologia e tutte le materie scientifiche che l’avrebbero aiutata a diventare un’ottima addetta alle bonifiche, l’italiano contemporaneo, che era l’unica lingua studiata. Era però una materia minore alla quale nessuno studente dava importanza. Negli ultimi due lustri, invece, veniva insegnato solo l’inglese, soppiantando l’italiano contemporaneo. Lei si sforzava di impararlo per poter parlare con sua figlia Sonia, ma la cosa non le riusciva granché bene. Quella di Sonia sarebbe stata la terza generazione di bonificatori.
“Salve Onorevole” disse Alice abbozzando un inchino “La ringrazio per il Suo tempo e la Sua conoscenza messa a disposizione del mio individuo”.
“Oh, don’t worry!” le rispose l’Onorevole con un tono affabile. Alice non riusciva a vederlo in volto a causa della scarsa illuminazione ma dalla voce dell’Onorevole le sembrò che stesse sorridendo.
“Allora, prego Alice, poggi lo stability-disk sulla sua spalla facendo attenzione a farlo aderire completamente. È la prima volta che viene per un test?”
“Si”, le rispose telegraficamente Alice.
“Dunque, lo stability-disk consiste in un piccolo disco che attraverso i pori della sua pelle si preoccuperà che tutto vada bene durante il test. Il suo battito cardiaco, la sua respirazione, il suo umore. Al suo interno ci sono dosi concentrate della maggior parte di sostanze che servono a questo scopo. Le inietterà anche una infinitesimale quantità di sostanze che aiuteranno l’apparecchiatura ad eseguire test accurati sul suo stato di salute. Ovviamente io sarò qui con lei e supervisionerò il tutto. Altre domande?”
“No” sentenziò Alice che aveva già appoggiato il disco sul suo braccio sinistro.
“Benissimo”, disse l’onorevole che, muovendo le dita come un pianista sulla deserta scrivania che si frapponeva fra lui e Alice, illuminò con fioca luce bianca un piccolo quadrato di vetro molto spesso, posto a un angolo della stanza, che sarebbe assomigliato a una bilancia se non fosse per la presenza di due vetri ai lati perpendicolari alla base quadrata. “Ora può spogliarsi”.
Alice si denudò piegando i suoi vestiti e poggiandoli ordinatamente alle sue spalle. Salì sul quadrato trasparente e illuminato. I due vetri ai lati iniziarono a muoversi su e giù emettendo un ronzio quasi impercettibile. Il test era dunque iniziato.
Improvvisamente sentì avventarsi sul suo corpo lo sguardo dell’Onorevole. Sentì il battito cardiaco aumentare. Era imbarazzatissima ma non ebbe il coraggio, la forza o la voglia di dir nulla. Il disco cominciò a illuminarsi, l’onorevole tamburellò le sue dita sul piano e dopo qualche attimo Alice tornava a nuotare nella tranquillità.
Dopo qualche minuto il test terminò.
“Cara Alice”, disse l’Onorevole schiarendosi la voce ma continuando col suo timbro cordiale “lei ha un tumore di 8 centimetri allo stomaco”.
Alice non reagì. Ormai avere un tumore era una cosa normalissima. Anzi, si riteneva fortunata ad aver vissuto 36 lunghi anni senza contrarlo. Bonificare era necessario e portava molto spesso a contrarre malattie come carcinomi, glaucomi, leucemie… Il safe-watch era muto.
“Fa bene a star tranquilla” osservò l’Onorevole, “diventerà incurabile tra 43 giorni, 8 ore, 26 minuti e qualche secondo. Praticamente non potremo più far niente tra 6 settimane. Ma vedo che lei è una gran lavoratrice, aiuta la Grande Bonifica con fervore da tanti anni. Stando ai miei calcoli, poi avrà la bontà di controllare lei stessa, le mancano poco più di 400 crediti. Dovrà rinunciare per le prossime sei settimane al sabato e alla domenica liberi e dovrà bonificare per 10 ore tutti i giorni. Fattibilissimo cara Alice! E poi come lei sa, non possiamo fare sconti a nessuno purtroppo. Io li farei anche, ma poi come si manterrebbe la nostra Organizzazione senza che ognuno desse il suo contributo?”. Alice scorse per la prima volta il largo e bianchissimo sorriso dell’Onorevole. Come se fosse un padre che parla a una figlia le disse: “Stia tranquilla Alice. So che lei è una persona responsabile e che tra sei settimane, le ho già fissato l’appuntamento, potremmo asportarle questo brutto tumore perché lei avrà raggiunto i crediti sufficienti. Ci rivediamo tra sei settimane e…buona bonifica! Bonificare adesso, bonificare tutti!”
“Bonificare adesso, bonificare tutti!“, rispose Alice, “La ringrazio. Salve”.
Alice si voltò verso la porta che si aprì dopo pochi attimi. Fu investita dal bianco accecante della sala d’attesa.
Sul bus elettrico Alice aveva constatato quanto era enorme la folla accorsa per l’inaugurazione del Green Park perché non aveva trovato un posto dove sedere. Non ricordava le fosse mai successo. Appena uscita dalle candide sale del Ministero riflettè sul fatto di dover lavorare almeno quattrocento ore per i prossimi quaranta giorni e fu assalita da un’ansia atroce. Il safe-watch suonò e lei prese la pillola che le indicava il piccolo schermo dello strumento.
Il safe-watch era ormai obsoleto. Ora l’Organizzazione aveva brevettato e messo in circolazione una piccola pacca molto simile allo stability-disk, che aveva il pregio di risolvere da solo i problemi di salute del cittadino-paziente e quindi non aveva neanche bisogno di suonare per avvisare. Al Consiglio dell’Organizzazione era giunta la questione che alcune persone, specialmente quelle dal carattere remissivo, quando suonava il safe-watch in pubblico si imbarazzavano a tal punto che dovevano prendere anche la pillola anti-imbarazzo. Lo stability-disk che prima era prerogativa solo dei ministeri, venne dunque perfezionato e messo in circolazione. Quello di Alice sarebbe arrivato a giorni, ma intanto il suo safe-watch compiva egregiamente il suo lavoro.
Sul bus c’erano tantissimi schermi su cui passavano le immagini dell’imponente inaugurazione del Green Park, che lei guardò distrattamente. Verso la fine del notiziario, una notizia colpì la sua attenzione. Il cronista, con la foga e l’emozione di chi rendeva un’emozionante notizia, disse che alcuni archeologi avevano trovato tra le rovine dei territori non bonificati e lasciati all’incuria una grande scritta: A MORTE TUTTE LE DIVISE. Il cronista commentò: “Come si può evincere, una società che si reggeva sulla figura sociologica delle divise porta sempre a incomprensioni, equivoci e quindi a conflitti sociali. Grazie all’Organizzazione invece, la scienza e la sua perfezione è la nostra guida e come ben sappiamo alla scienza non servono le divise! Quindi rendiamo grazie all’Organizzazione per l’aver superato il problema sociale delle divise e del potere da esse conferito”.
Alice ci pensò. Le divise. Ma in fondo, il camice bianco dell’onorevole non è anch’esso…
Si preoccupò. Il safe-watch suonò, attirando su di sé l’attenzione degli altri passeggeri del bus. Lei cerco nella sua borsa la scatola del Ministero dell’Umore.
Buttò giù la pillola e dopo qualche istante finalmente tornò serena.