Il disseccamento degli ulivi nel Salento sta assumendo i caratteri di un’epidemia, che minaccia di estendersi rapidamente al resto della Puglia e dell’intero paese. Il male, attribuito all’azione di un batterio (la Xylella fastidiosa), sta suscitando dibattiti e polemiche infiniti. Per capirne qualcosa in più vi proponiamo un approfondimento a cura del blog di informazione scientifica Italia Unita per la Scienza, che ha deciso di dedicare al problema una serie di contributi, sui quali continueremo a tenervi aggiornati.
Nel 2013 in Salento, nel sud della Puglia, viene notato qualcosa di strano negli uliveti (Olea europea) del luogo. Alcuni alberi iniziano a deperire misteriosamente. Le foglie si seccano, la corteccia inizia a sfaldarsi, la pianta alla fine muore.
Il fenomeno viene chiamato complesso del disseccamento rapido dell’olivo (CoDiRO). Di esso non si sa nulla e la malattia, per quanto avesse colpito ancora solo pochi esemplari, si diffonde pian piano senza poter essere trattata.
L’impatto sui coltivatori locali è psicologico ancor più che economico. Alcuni di questi ulivi erano centenari e le loro coltivazioni sono più che una fonte alimentare ed economica: sono oltre 2000 anni di storia e cultura, simbolo dell’identità italiana e pugliese.
La European Plant Protection Organization (EPPO) avvia immediatamente un’indagine per scoprire cosa ci sia dietro. Il servizio dell’Ufficio Fitosanitario Regionale viene mobilitato assieme a numerosi ricercatori dell’Università di Bari e dell’Istituto di Virologia Generale del Consiglio Nazionale delle Ricerche per scoprire la causa di questa malattia. Un po’ in silenzio rispetto alla cronaca nazionale, gli ulivi colpiti vengono analizzati scrupolosamente da agronomi, botanici, fisiopatologi vegetali, genetisti e molte altre figure e per ottobre inoltrato si hanno i risultati.
I tessuti interni responsabili del trasporto dei liquidi (il sistema vascolare) sono imbruniti e marcescenti. Alcuni campioni mostrano la presenza di funghi, appartenenti ai generi Phaeoacremonium (P. parasiticum, P. rubrigenum, P. aleophilum e P. alvesii) e Phaeomoniella. Si tratta della prima volta che vengono identificati in Italia sugli ulivi.
Larve di falena leopardo (Zeuzera pyrina) sono rinvenute mentre scavano delle gallerie nel tronco e nei rami degli ulivi, permettendo ai funghi sopracitati di depositarsi.
Ma sono alcune analisi microbiologiche a stupire di più. Alcuni ricercatori, infatti, riconoscendo determinati sintomi nel sistema vascolare, hanno un forte sospetto e conducono analisi specifiche (risultate positive) per un batterio il cui nome è tutto un programma: Xylella fastidiosa.
Cosa c’è di così preoccupante in questo batterio?
Vi abbiamo già parlato in precedenza del morbo di Pierce, malattia dei vigneti californiani causata proprio dalla Xylella, che attacca l’organo della pianta responsabile del trasporto di acqua dalle radici alle foglie (lo xilema) causando la formazione di una massa gelatinosa ostruente. La pianta deperisce e si essicca alle estremità, le foglie marciscono e il fusto si sfalda fino alla morte del vegetale.
Il batterio è trasportato da un insetto particolare che funge da vettore. In California, ma anche in altri stati americani e in altri paesi come il Brasile, la Xylella è un problema rilevante, responsabile di numerosi danni agronomici. Non esistono cure.
Lasciamo ora queste vicende agli statunitensi e veniamo nella nostra Europa. Noi non ospitiamo la Xylella – anche se ci fu una segnalazione non confermata in Kosovo nel 1998.
Non si sa come sia sbucata in Italia. Con i traffici commerciali è possibile che un microrganismo possa essere trasportato oltremare mentre tutti sono ignari. La pista investigativa ha poi negli anni successivi portato al Costa Rica, perché la Xylella analizzata appartiene sottospecie pauca ceppo codiro, proveniente proprio da lì, a quanto pare arrivata tramite una pianta da caffè.
La magistratura ha anche aperto un’indagine sul fatto che a fini sperimentali sia stato importato un ceppo a Bari, che non si sa come non si sa quando sarebbe stato rilasciato per sbaglio nel Salento.
Vedremo cosa concluderà.
Non è sicuro che il batterio sia da solo causa della malattia degli ulivi, motivo per cui la malattia è stata chiamata complesso. Inoltre come concausa viene segnalato l’eccessivo sfruttamento agronomico del suolo, il cui humus si è impoverito.
Ma la Xylella è fortemente dannosa e, essendo anche non nativa dell’Europa, i protocolli la classificano come un patogeno da quarantena. Immediatamente le autorità scientifiche si sono concentrate su di essa e hanno disposto l’allarme per la contaminazione, che si sarebbe potuta estendere rapidamente, e per la ricerca del vettore. L’esportazione delle barbatelle da vigna è stata proibita in via precauzionale, per esempio. La Regione inizia a emettere comunicati, forse poco cauti dato che nella popolazione si diffondono agitazione e allarmismo.
Per ora, in Italia, il focolaio è concentrato in Salento, per lo più nella zona di Gallipoli-Nardò. La rilevazione di Xylella fastidiosa nei tessuti vegetali viene effettuata presso il laboratorio Basile Caramia di Locorotondo, con un protocollo dell’Istituto di virologia vegetale, dal Cnr e dall’Università di Bari. Ogni risultato positivo viene messo poi a conferma presso il laboratorio di riferimento a Bari. In media vengono analizzati 150 campioni al giorno, ciascuno pagato 10 € dal Servizio Fitosanitario Regionale. I test per la presenza di Xylella sono stati confermati non solo per gli ulivi, ma anche per i generi Aloysia, Oleander e alcune varietà particolari di Myrtus, nonché per una graminacea, Pipthaterum miliaceum. Si contano numerosi focolai sparsi a macchia di leopardo. Anche per questo le reazioni degli agricoltori del luogo sono contrastanti: alcuni lamentano morie impressionanti, altri praticamente cascano dalle nuvole.
Il vettore invece è stato scoperto dopo pochi mesi: è un emittero, Philaenus spumarius.
Il fatto che la zona sia limitata è una piccola “fortuna” nella sfortuna: si sa a malapena come contenere la diffusione della malattia e le zone colpite sono solo una parte della produzione olivicola regionale. Il timore è che l’infestazione giunga ai centri di Andria-Cerignola-Bitonto, e da lì in poi continui a propagarsi nella penisola (il che sarebbe una catastrofe).
Per questo il piano proposto fin da subito è totalmente drastico: eradicare le piante in una zona di quarantena con fascia di sicurezza circostante.
Quanto deve essere un colpo al cuore per un coltivatore salentino sapere che deve espiantare i suoi alberi!
Il fatto è che possibilmente, finché la malattia è agli stadi iniziali di diffusione e concentrata in determinate zone, risulterebbe una vittoria.
Vengono inoltre stabilite varie “misure agronomiche da attuare negli uliveti” (arature, potature regolari, falciature) e un “piano di controllo degli insetti vettori e potenziali vettori” mediante l’applicazione di insetticidi sistemici sull’intero ecosistema agrario.
Anche l’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ha rilasciato un parere tecnico-scientifico che incoraggia misure drastiche per impedire ogni possibilità di contaminazione al di fuori delle zone colpite, mentre l’Unione Europea vuole mettere in quarantena buona parte del Salento. Il caso mediatico cresce.
A opporsi, oltre ad alcuni gruppi di agricoltori, sono i responsabili dei parchi naturali, poiché i trattamenti generali sono eccessivi per le aree protette secondo la legislazione. Alcuni consorzi locali iniziano a contestare: ma se la malattia è causata da un complesso di fattori, perché focalizzarsi tanto sulla Xylella? Se su National Geographic i ricercatori intervistati parlano di 1% degli ulivi, perché tanto allarmismo?
E il territorio? E la fauna?
Chi ci guadagna? Chi ci rimette?
Sono domande che rappresentano una situazione di preoccupazione, confusione, timore e sensazione di essere presi in giro, diffusa fra gli abitanti. I produttori locali sono piuttosto sconfortati per varie ragioni:
1) la gestione del problema ha una cattiva tempistica ed emergono notizie confuse di primi focolai di disseccamento rinvenuti già nel 2010 se non nel 2008 (molto prima dell’outbreak ufficiale);
2) la prevalenza della Xylella negli alberi affetti dalla malattia manca di dati chiari con pubblicazione esclusiva di quelli sui primi campionamenti totali, i quali erano stati fraintesi nei rilevamenti a campione (che confermavano circa 400 campioni positivi su 16.000 campioni casuali totali riguardanti piante sia sane che malate);
3) c’è impazienza sull’esito dei test di patogenicità;
4) mancano risposte su una possibile cura e sui stanziamenti per la ricerca i cui fondi languono;
5) l’ingente utilizzo di insetticidi e l’inquinamento della falde suscitano preoccupazione per la salute pubblica, nonché per il danneggiamento della fauna;
6) attualmente non ci siano indennizzi per i proprietari di oliveto che stanno andando incontro a espianto forzato;
7) infine, la presenza di “santoni” che probabilmente in buona fede e per mancanza di metodo scientifico sono convinti di aver trovato empiricamente la cura al disseccamento.
A fronte di ciò si sono determinate sacche di complottismo irrazionale. Come spesso accade, i meccanismi di rifiuto di un problema portano ad addebitare a “qualcuno” la colpa dell’avvenuto contagio, un ipotetico untore. L’ultimo caso ha coinvolto una nota attrice: è tutto un malefico piano di Sauron dalla Monsanto per estirpare gli ulivi secolari e rivendere i propri ulivi OGM (peccato che non esistano ulivi OGM). Trovate fra gli approfondimenti un bel debunking di Bufale un tanto al chilo a riguardo.
Difficile analizzare eventuali interessi economici a spingere per una soluzione o l’altra. Ci sono finanziamenti comunitari sia per il miglioramento della condizione di uliveti mal curati (e che facilmente vengono contagiati e quindi destinati all’espianto) sia per il piano di contenimento regionale (“bonifica” delle zone demaniali ed eradicazione, demaniale e privata). Per le eradicazioni non ci sono risarcimenti, mentre i fondi per i ricercatori a Bari languono.
Raccogliendo testimonianze, emerge che in realtà buona parte dei contadini è però semplicemente amareggiata e rassegnata a fronte di quella che pare una condanna a morte del tessuto agricolo locale.
Intanto il tempo passa e la situazione si fa sempre più caotica nei comunicati: ora eradicare, ora solo trattare, ora eradicare di nuovo, ora lasciar stare. Giustamente i coltivatori locali si spazientiscono dopo tanti allarmismi. Ma arrivati al 2015, il Corpo Forestale purtroppo arriva a definire la situazione come fuori controllo.
Non esistono ancora cure. Non si può fare qualcosa?
Forse sì.
La Xylella è un problema in molte altre parti del globo e sono varie le tattiche che la ricerca sta cercando di impiegare per sconfiggerla. Prossimamente, pubblicheremo altri approfondimenti su casi specifici della questione.
Intanto, il 26 Marzo ci sarà la decisione finale in UE riguardo al problema, con la Comunità che è stanca di tanto tergiversare. Per arginare la contaminazione e tutelare il continente ha espresso pareri paragonabili a quelli di un chirurgo che vuole amputare un braccio per un dito in cancrena. Vedremo quali saranno i provvedimenti per risolvere il problema.
Attendiamo e incrociamo le dita.
Bibliografia di riferimento:
EPPO – Xylella fastidiosa in Italy
Journal of Plant Pathology – NEW HOSTS OF XYLELLA FASTIDIOSA STRAIN CoDiRO IN APULIA
Approfondimenti:
Berkeley, University of California – Xylella fastidiosa
Bufale un tanto al chilo – Qualche info sulla Xylella e gli ulivi
CSVSalento – Agromafie 2015 (non aggiornato)
Tutte le foto provengono dall’EPPO tranne che dove segnalato diversamente. Photo credits: EPPO for educational purposes only. Photo authors: Donato Boscia, Istituto di Virologia Vegetale del CNR, UOS, Bari (IT) – Franco Nigro, Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari (IT) – Antonio Guario, Plant Protection Service, Regione Puglia (IT)