Acqua per tutti!

di Giovanni Vianello*

Il 29 luglio del 2010 l’Assemblea Generale delle Nazioni dichiara il diritto all’acqua un diritto umano universale e fondamentale, infatti nella dichiarazione viene riportato che “il diritto all’acqua potabile e sicura ed ai servizi igienici un diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani”;
L’Acqua è per tutti noi vita in quanto noi stessi siamo fatti di acqua per circa il 65% ed essa è determinante per le funzioni del nostro corpo, questo probabilmente lo sanno già in molti ma quello che molti invece ignorano è che essa è fondamentale anche per tutto quello che abbiamo intorno, partendo dagli esseri viventi ai cibi che raccogliamo dalla terra fino ad arrivare agli oggetti che indossiamo o utilizziamo ogni giorno. Vegetali, animali, in più, tra l’altro, prodotti tessili e plastici persino l’acciaio, sono possibili solo se vi è presenza di acqua (la cosi detta “acqua virtuale”, cioè quella che non vediamo direttamente ma viene ugualmente impiegata).
Troppo spesso nell’immaginario collettivo la presenza dell’acqua viene data quasi per scontata e a “portata di mano” , basta aprire una manopola di un rubinetto per vedere nel giro di pochi secondi litri d’acqua potabile scorrere e troppo spesso sprecarsi. Considerate che mediamente per ogni italiano circa 77 litri d’acqua al giorno vengono sprecati per il semplice utilizzo dei servizi igenici del wc, (spreco evitabile progettando un sistema duale di tubature che riporti acqua “già utilizzata” dagli elettro-domestici con aggiunta di raccolta dalle acque meteoriche) e ben oltre 120 litri per ogni lavaggio della macchina di cui siamo tanto fieri. Per ogni jeans che acquistiamo con un inconsapevole bisogno indotto dalla pubblicità, circa 10.00 litri di acqua vengono utilizzati per la creazione e la lavorazione di quel quantitativo di cotone (Waterfootprint).
Tanta Acqua, forse troppa acqua per il nostro cosi detto benessere.
E se da una parte ci si permette di sprecare milioni di mc3 di acqua, dall’altra ben oltre 1 miliardo di persone non dispone di acqua potabile e sicura; oltre 2 miliardi e 600 milioni non hanno accesso a servizi igienici sanitari, oltre 4000 bambini ogni giorno muoiono per malattie riconducibili alla presenza di acqua insalubre. (Unicef e OMS). E’ evidente che l’Acqua è legata alla vita e la vita è legata all’acqua.
Pur essendo una risorsa rinnovabile per effetto dell’azione antropica, quel 2,7% (di cui più di 2/3 nei ghiacci) di acqua, cioè quella dolce, che abbiamo sul pianeta, potrebbe ridursi o addirittura esaurirsi, complice anche i cambiamenti climatici ed un sempre più inevitabile innalzamento della temperatura media della Terra.
Nonostante il “diritto” riconosciuto che viene in qualche maniera “quantificato” dall’OMS in 50 litri di minimo vitale giornaliero a persona, per molti economisti, il “sangue della terra” (cit.) è stato rinominato invece “oro blu” dando quindi un carattere economico a questa risorsa vitale.
Non solo, in una situazione politica come quella attuale che sembra sempre più considerare le risorse da estrarre e gestire e il loro ritorno economico, prioritari rispetto il soddisfacimento dei diritti collettivi dei cittadini, anche i rapporti politici tra le nazioni tenderanno a considerare la risorsa acqua come una merce sempre più rara e preziosa. Le guerre del futuro, prevedono in molti, si combatteranno per l’Acqua; “Se le guerre del Ventesimo secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del Ventunesimo avranno come oggetto del contendere l’acqua” affermò nel 1995 il vicepresidente della Banca Mondiale (tratto dal libro di Vandana Shiva – Le guerre dell’acqua ).
L’Acqua è per tutti noi vita, abbiamo scritto nelle prime battute dell’articolo, ma per pochi, ora aggiungiamo, multinazionali, imprese dei servizi idrici e aziende imbottigliatrici, l’Acqua vuol dire business e profitti garantiti.
Profitti garantiti per legge senza nessuna logica di rinvestimento come succede attualmente in Italia, “una necessità” affermano i più dei nostri “dipendenti pubblici”(cit.) che ora siedono in parlamento… quante volte abbiamo sentito discorsi come “I privati sono necessari per migliorare le reti colabrodo, gli investimenti, l’ammodernamento, e poi ci vuole competitività, competitività e competitività”, proseguono decisi, nel tentativo di convincere l’italiano reduce dal tram tram quotidiano abbandonato innanzi una TV.
Quella dei politici accondiscendenti all’entrata dei privati nei servizi di interesse generale è una tendenza che si sta riscontrando sempre più negli amministratori che indirettamente ,con questi gesti, ammettono il loro fallimento nella gestione della “cosa pubblica”.
Una tendenza a nostro avviso pericolosa che deve trovare subito un inversione immediata soprattutto quando si tratta di servizi che ganantiscono diritti come la salute, l’educazione e appunto la gestione dei servizi idrici, partendo dal semplice ma fondamentale concetto che sui diritti nessuno dovrebbe fare profitto.
“Noi tutti stiamo capendo che la competitività non c’entra nulla con l’acqua, la salute, l’educazione. Come si può lasciare alla competitività cioè alla rivalità tra le persone, l’accesso all’acqua potabile, che è un diritto umano, cioè universale, indivisibile, ed imprescindibile?” afferma il Dott. Riccardo Petrella (l’Italia che fa Acqua.) e come non si può essere d’accordo oggi che in nome della competittività vediamo migliaia di licenziamenti, inquinamento ambientale sempre più evidente e insostenibile e soprattutto tagli ai servizi e aumenti delle tariffe al cittadino nei servizi di interesse generale? Appare quindi evidente che una gestione pubblica sia nella proprietà ma soprattutto nella forma giuridica della gestione, sia l’unica in grado di anteporre gli interessi generali a interessi inerenti prettamente la remunerazione del capitale.
Ma su un punto dobbiamo necessariamente esser chiari se vogliamo intraprendere la strada del pubblico! Se negli ultimi 15 anni le privatizzazioni si sono concretizzate senza che nessuno si sia mai messo di traverso a queste decisioni, e perché il servizio pubblico fino agli inizi degli anni ‘90 si è rivelato clientelare, insufficiente a soddisfare le necessità dei cittadini e troppo spesso “carrozzone” di voti, per cui ogni singolo cittadino ha pensato che il privato fosse l’unica cura possibile all’incuria pubblica (in realtà causata da alcune persone che risiedevano nei punti fondamentali della gestione dei servizi).
Il pubblico che invece vogliamo intendere e sempre più persone percepiscono e che la collettività ha bisogno di vedere concretizzare per riprendere fiducia e speranza nelle istituzioni, è un pubblico che prevede nella gestione meccanismi di partecipazione da parte di cittadini e di lavoratori che è esattamente ciò che viene riportato nell’art.43 della Costituzione della Repubblica Italiana:“A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.”
Tutto ciò potrebbe avverarsi sole se i cittadini prendessero coscienza e partecipassero o meglio ancora, fossero messi nelle condizioni di partecipare, nelle fasi gestionali dei servizi, garantendo quindi trasparenza.
Tutto quindi, ancora una volta, ruota intorno alla partecipazione…. Ecco perché, amiamo dire che “Si scrive Acqua ma si legge Democrazia”!

*: Comitato Pugliese Acqua Bene Comune

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.