Standard & Poor’s ed il suicidio europeo

di Roberto Polidori

Non lasciamoci ingannare dai sorrisi a trentadue denti che i rappresentanti degli Stati d’Europa mostrano ogni volta che una telecamera li inquadra: non sanno cosa fare proprio perchè non hanno la stoffa politica e le qualità morali per agire come si dovrebbe. Questa è la verità! Ogni settimana impegnata in incontri bilaterali o trilaterali, in Ecofin tra ministri dell’ economia e in Consigli Europei equivale alla morte sociale, quando non fisica, di migliaia di persone fatte di carne, sangue e dignità. La traduzione mediatica della crisi economica nel “balletto dello spread” ci fa assistere a scene degne dei migliori film di Totò: il Prof. Monti che, dopo la manovra, illustra il grafico, con la bacchetta come se fosse nella sua aula alla Bocconi, è solo la versione british del Giulio Tremonti di un anno fa quando, ad Annozero, spiegava la crisi con l’ausilio di lavagnetta e pennarello. A chi eccepisce che Tremonti era il ministro del governo Berlusconi che ha negato la crisi si potrebbe rispondere che, senza mettere in dubbio l’incompetenza del passato governo “ottimista” ad ogni costo, il Presidente del Consiglio di questo Governo – nonché Ministro dell’Economia – traghetta verso la povertà milioni di italiani con la caparbietà di un mulo, piuttosto che con la lungimiranza di un accademico. Ci si potrebbe avventurare sino ad affermare che la riduzione reale dei salari dei lavoratori e dei pensionati (la “deflazione salariale”, appunto), operata mediante tasse e blocco degli stipendi, è uno dei due mezzi previsti da Monti per uscire della crisi. Qual’è l’altro mezzo? Liberalizzazioni e privatizzazioni a tutto campo di servizi pubblici che possono essere forniti – dati gli investimenti ingenti – da pochi operatori in grado di accordarsi sul prezzo (oligopoli naturali) e/o privatizzazioni di beni comuni (l’acqua, ad esempio), che la teoria economica pura considera beni “non economici”.
Stiamo ai fatti.
Il governo Monti ha approvato una manovra finanziaria (la quarta manovra nel 2011) che avrà un’incidenza netta pari a 82 miliardi di euro circa nel 2014; gli effetti di questa manovra non sono stati ancora avvertiti dalla popolazione, già tramortita delle prescrizioni dei precedenti interventi. Basti pensare che, a titolo di esempio, la sola Imu varrà 11 Miliardi all’ anno: soldi retrocessi allo Stato Centrale, per cui le Regioni saranno costrette a rimpinguare le casse con le solite accise sulla benzina e con l’addizionale IRPEF. A metà 2012, poi, partirà la delega fiscale: le agevolazioni fiscali saranno ridotte progressivamente per 20 Mld di Euro al 2014 e, se se il Governo dovesse accorgersi che i primi 4 miliardi non saranno tagliati già da quest’anno, verrà aumentata l’IVA (imposta recessiva) di due punti già da quest’anno e ciò comporterà un aumento dei prezzi dei beni di consumo con ulteriore riduzione dei salari reali. C’è il fondato sospetto che l’episodio dei coniugi, suicidi nel barese a causa delle ristrettezze economiche, non rimarrà esempio isolato: si tratta della più importante manovra finanziaria della storia della Repubblica.
Questa manovra chiamata “Salva-Italia” avrebbe dovuto essere seguita dal secondo passaggio della “cura-Monti”: le misure “Cresci-Italia”. Ma il Presidente del Consiglio ha già detto che la seconda fase non esiste, nel senso che è la continuazione della prima e sarà costituita da privatizzazioni e liberalizzazioni, non certo da investimenti con moneta sonante. Il denaro rimane nei forzieri delle banche che, in piena crisi di fiducia, utilizzano questi soldi giusto per sottoscrivere le proprie obbligazioni in scadenza o depositare i soldi nelle casse di chi li ha prestati loro: la BCE – e quindi gli Stati.
Il pensiero fisso di Monti, Merkel, Sarkozy & Co. è l’abbattimento del debito pubblico ma, se questa è la strada da perseguire per uscire dalla crisi, è bene sapere che semplici calcoli impongono una crescita reale dell’economa italiana al 5% annuo per cominciare ad abbattere il nostro debito con livelli di tassi di interesse sul debito vicini all’attuale. In un economia in recessione (già nei numeri per il 2012) si tratta di un vicolo cieco, ovviamente, a meno che non si vogliano fucilare 20 milioni di italiani anziani per azzerare un costo. In questo senso la “riforma” delle pensioni è un buon inizio….. Onestamente viene il sospetto che si voglia proprio percorrere una via di deflazione neanche troppo lenta ma ci vorranno 15-20 anni di povertà nell’ ipotesi che gli italiani sopportino in silenzio. E’ la via liberista, quella che assimila il salario al prezzo di un fattore produttivo, prezzo che il mercato determina sulla base della scarsità delle braccia e del lavoro. E una strada già praticata altre volte che ha, alla fine, abdicato sempre all’intervento “inefficiente” dello Stato.
Senza una politica economica comune, la moneta comune gestita con parsimonia da uno Stato egemone (la Germania) porterà alla deflagrazione dell’Euro, con esiti imprevedibili per tutte le economie del globo. Se Monti non riesce neanche a far accettare alla Merkel l’emissione di titoli di Stato comuni, è normale che le agenzie di rating – sulle quali ci sarebbe tanto da dire – declassino in blocco gli Stati dell’area Euro considerati più fragili, come successo il 13 Gennaio: scontano il crollo dell’Euro.
A ben vedere le motivazioni fornite dal direttore generale di Standard & Poor’s Moritz Kraemer, a giustificazione del declassamento del rating di mezza Europa (Italia compresa), sono interessanti: «sono in aumento i rischi sulla scia della crisi dei debiti sovrani ed ulteriori declassamenti sono possibili. Inoltre c’è un considerevole rischio di un ulteriore peggioramento di bilancio nonostante i piani varati dai Paesi per fronteggiare la crisi perché hanno finora solo parzialmente riconosciuto le origini della crisi del debito». L’aspetto ridicolo di questa situazione tragica è che chi pretende di tenere in mano i cordoni della borsa, la Germania, è un paese che ha costruito scientemente le proprie fortune sulle esportazioni nell’area Euro: attualmente il 50% circa di tutte le esportazioni tedesche sono vendute negli altri paesi con moneta comune. Probabilmente la Germania sta segando il ramo dell’albero su cui è seduta e probabilmente i paesi dell’area Euro che continuano ad implementare misure di austerità – che faranno ridurre il Pil e genereranno altre misure di austerità – non sono destinati a migliore sorte.