Parola di comunista. Intervista a Ciccio Voccoli

di Antonio Anteneh Mariano

Francesco Voccoli, noto a tutti come “Ciccio”, è uno di quei personaggi che non possono passare inosservati nel panorama politico tarantino. Una delle famiglie piu’ importanti della storia antifascista e comunista che Taranto abbia mai espresso. Nipote del primo sindaco di Taranto dopo la cadute del regime, dopo una brevissima parentesi giovanile nel Pci, a differenza della tradizione familiare, ha fatto tutta la trafila nella galassia extraparlamentare della sinistra jonica. Su tutte: Quarta Internazionale, Democrazia Proletaria, fino all’adesione nel 91 al Partito della Rifondazione Comunista. Nel ’94, dopo 26 anni allo stabilimento Ilva, viene eletto alla Camera dei Deputati. Due anni in Parlamento durante il primo Governo Berlusconi, dieci da segretario del PRC e tre mandati consecutivi da consigliere comunale, compreso quello attuale. E’ stato l’autore, insieme al suo partito, dell’invenzione della candidatura “Stefàno” nel 2007, scelta che scompaginò gli equilibri del centro sinistra durante la tornata elettorale post “dissesto”. Liste civiche e sinistra radicale vinsero al ballottaggio contro il candidato del PD con il 70% dei consensi.

Dopo 4 anni di giunta Stefàno, da lei definita in tempi non sospetti “armata Brancaleone”, quella maggioranza non esiste piu’. Una parte delle forze che portarono alla vittoria del noto pediatra, compresa Rifondazione, ora sono all’opposizione. Il PD è rientrato dalla finestra e di fatto ha le sorti dell’attuale risicata maggioranza nelle proprie mani. Ci può riassumere in breve cosa è successo?


Apparve subito chiaro che una cosa è vincere le elezioni e un’altra cosa è governare. Si trattava di una coalizione molto eterogenea sul piano politico e con una giunta inesperta sul piano amministrativo. Confusione progettuale,eclettismo gestionale,personalismi vari,portarono subito a capire che sarebbe stata dura governare un cambiamento radicale,così come era nelle intenzioni. Infatti il programma elettorale rimaneva carta straccia e si andava avanti alla giornata. Nel frattempo il sindaco cercava infinite scorciatoie per restare a galla, cambiando continuamente assessori e i numeri della maggioranza calavano continuamente. La stessa apertura al PD non fu dettata da una convergenza unitaria sul piano programmatico ma solo per non andarsene a casa.

San Raffaele del Mediterraneo, speculazioni edilizie (su tutte la mega “variante Salinella”), la mancanza di una seria politica di contrasto all’inquinamento ambientale, Amiu piena di debiti e in conflitto aperto con organizzazioni sindacali e lavoratori mobbizzati, la raccolta differenziata ancora ai minimi regionali e nazionali, la totale assenza di politiche giovanili e culturali, nessuno sforzo sulla mobilità sostenibile incentrata su un diverso modello di concezione della città e una macchina amministrativa del tutto bloccata. Per questi ed altri motivi siete passati all’opposizione dopo aver chiesto piu’ di un anno fa una verifica programmatica del tutto bypassata dal centro sinistra. Il dissesto non ancora superato (al contrario di quanto annunciato frettolosamente dal sindaco) può essere un alibi per chi si è ritrovato a governare la città dopo 20 anni di disastri targati Cito e Di Bello?


Il dissesto ,nel tempo ,è divenuto un alibi sempre più fragile di fronte alle tante promesse non attuate e al degrado sempre più in crescendo del nostro territorio. Non si è voluta portare avanti una lotta decisa ai poteri forti della città: l’ILVA continua a farla da padrona e la questione ambientale rimane al palo. L’accertamento e la riscossione delle tasse è sostanzialmente rimasta nelle mani della SOGET e EMMEGGI che si sono presi un aggio notevolmente esoso (oltre il 40% delle entrate). Non si è fatta una vera guerra agli evasori fiscali, che continuano a pagare tasse irrisorie rispetto ai loro guadagni. L’AMIU è fuori controllo per i debiti accumulati in questi anni e non si è avuto il coraggio di intervenire autorevolmente nei confronti di un C.d.A. che andava mandato a casa per i danni arrecati alla città e ai lavoratori interessati. Si è permessa una nuova “Palazzina LAF” in una azienda gestita da una amministrazione che doveva essere ,nelle intenzioni, di sinistra.

Proprio di recente però, dopo la conquista da parte dei ragazzi del Cloro Rosso, dopo 3 anni di battaglie, dell’erogazione da parte del Comune di 200 mila euro per la ristrutturazione della ex scuola Martellotta, da adibire a punto di incontro socio-culturale per i giovani della città, lei ha votato con la maggioranza a favore del piano triennale delle opere pubbliche e si è astenuto sul bilancio. L’apporto di Rifondazione in questo importante risultato è sotto gli occhi di tutti. Prove tecniche di riappacificazione?


No. E’ impensabile che un emendamento caldeggiato da RC e votato dal sindaco e dalla sua maggioranza può essere interpretato come una prova tecnica di riappacificazione. Il Sindaco ,per la prima volta, ha tenuto fede ad un impegno preso da anni verso i giovani del Cloro Rosso. Questo elemento,per noi dirimente,ci ha portato a votare a favore del piano triennale delle opere pubbliche che,se attuate,porterebbero ad un salto di qualità del nostro territorio. Diversamente ci siamo astenuti su un bilancio economico che si presenta con luci ed ombre sul piano contabile e sul piano programmatico. Aspettiamo il consuntivo per la verifica finale.
Sul piano politico amministrativo la rottura è stato un atto dovuto dopo che nella verifica di un anno e mezzo fa non una sola delle nostre proposte per la città furono prese in considerazione. Siamo sempre pronti a sederci intorno ad un tavolo per riannodare il filo rosso spezzato. Ma gli accordi si fanno rispettando i valori di tutti e non umiliando alcuno. Il PRC lo si volle umiliare non accettando un solo punto delle sette proposte da noi avanzate. Subito dopo le elezioni amministrative di maggio chiederemo a tutto il centro-sinistra ,nelle sue varie componenti,un incontro per ragionare sul fare rispetto alla scadenza amministrativa a Taranto che si terrà nel 2012. L’unità è un valore, ma non può essere una prigione.

Parliamo un po’ di politica nazionale. La sinistra alternativa italiana è ai minimi storici. E’ lampante la scelta politica dei media di darvi la minima visibilità. Dopo la traumatica esperienza del Governo Prodi, gli elettori vi hanno buttato fuori dal parlamento. A condire il tutto, nello storico congresso del PRC a Chianciano del 2008, Vendola non accettò politicamente il verdetto democratico e fondò un suo partito. Il governatore della Puglia lancia ora un’Opa su tutto il centro sinistra. Crede che nell’epoca del bipolarismo sia realmente questa la ricetta per rilanciare un progetto autonomo di sinistra rispetto al PD? Ritornando indietro cosa non rifarebbe? Il progetto della Federazione della Sinistra, al quale ha aderito il PRC, dopo i buoni intenti iniziali sembra un po’ ripiegato su se stesso, non crede?


Dal parlamento ci ha buttato un solo uomo che risponde al nome di Veltroni che all’epoca non volle fare un accordo con la sinistra di alternativa, aprendo a Di Pietro e ai radicali. A fare il resto fu il cosiddetto “voto utile” e un accordo verticistico e burocratico che prese il nome di Arcobaleno. Una frana. Certo fu fondamentale il nostro atteggiamento timido e subalterno con cui gestimmo la nostra presenza nel governo e galeotto fu lo scranno a presidente della camera del compagno Bertinotti.
Al congresso di Chianciano eravamo tutti presi (me compreso) dall’evitare un possibile scioglimento del Partito sollecitato dall’area Vendoliana. Vendola era tutto preso da un progetto che riavvicinava il Partito al resto del centro-sinistra su basi più moderate e subalterne. Facemmo l’errore (secondo me) di opporre un fronte del no mettendo insieme tutte le opposizioni a Vendola. Un no che non è riuscito a trasformarsi in progetto politico organico. Si scelse la strada della federazione della sinistra con una operazione ultra-verticistica. Il partito non si oppose ma perse di mordente e di motivazioni. Da tre anni si insiste su una operazione che non ha trovato interlocutori e nel frattempo abbiamo subito un’altra scissione e il PRC perde iscritti. Sarebbe il caso di fermarsi un momento e capire che fare. Io penso che bisogna superare questo stallo proponendo una rete tra tutti quelli che realmente vogliono lavorare per riunificare ciò che rimane a sinistra del PD, partito ormai organicamente inserito nel sistema capitalistico e incapace di proporsi come alternativa sia a Berlusconi che alle politiche padronali di Merchionne. Certo Vendola non aiuta questo processo, tutto preso a voler essere leader di un centro-sinistra sempre più spostato al centro e desideroso di imbarcare UDC, API e, possibilmente,anche Futuro e Libertà. Ma la partita resta aperta e molto dipende da noi. Quello che, per quanto mi riguarda, è da rifiutare è l’ennesima scorciatoia rappresentata dalla unificazione PRC-PDCI, caldeggiata da frange per ora minoritarie nel partito, ma che potrebbe risultare realistica dopo la presa d’atto del fallimento della federazione della sinistra (che è già in corso). Sarebbe la fine di una storia .Sarebbe tornare indietro di decenni e definitivamente espulsi da ogni forma di interesse non solo dei giovani ma di tanti che in questi venti anni hanno creduto che il comunismo poteva essere rigenerato dagli errori e dagli orrori che lo stalinismo ha imposto alla storia del novecento. Di certo morirò comunista e libertario.

Lei è stato uno dei pochi a battere in Puglia il governatore Vendola nel congresso di Rifondazione. Che idea si è fatto, dopo tanti anni, di Niki?


Nichi lo conosco da una vita e con lui ho vissuto tante stagioni della politica italiana. Condivisioni e disaccordi politici sono stati tanti. Ha ereditato tutto e il contrario di tutto della formazione tipica di un iscritto prima al PCI e poi di Rifondazione, sballottato tra revisionismi (di destra e di sinistra) fatti a metà e mai portati definitivamente a termine. Va sempre alla ricerca di Godot che non arriva mai e nel frattempo,senza rendersene conto (probabilmente), si avventura sempre più nella politica di palazzo da cui inconsciamente (forse) vorrebbe fuggire. Forse la psicanalisi lo aiuterebbe moltissimo per districare questa contraddizione “ in itinere”. Ma non chiedetelo a me che sono molto più umile e vengo da una storia diversa. Le mie radici sono nella “rozza” e incolta classe operaia.

Nonostante il vecchio consenso dei partiti della sinistra radicale sembra ora essersi, almeno temporaneamente, aggrovigliato intorno a istanze giustizialiste, l’Italia ha vissuto una grande stagione di conflitto sociale che parla della forte richiesta di una alternativa politica in questo Paese. Da Pomigliano a Mirafiori con il ricatto di Marchionne, le battaglie della Fiom, degli studenti, il 14 Dicembre in centinaia di migliaia ad assediare per ore il Parlamento dopo la mancata caduta di Berlusconi, fino ad arrivare alle enormi questioni riguardanti la guerra, i beni comuni e i prossimi referendum su acqua e nucleare. C’è un potenziale enorme per rilanciarsi, non crede?


Il potenziale rimane. Ma i tempi diventano sempre più stretti. O i movimenti si incrociano con la politica e insieme si costruisce l’alternativa di sinistra o, inevitabilmente, prepariamoci ad una nuova sconfitta. E questa volta il costo sarà ancora più dura di quella che subimmo alla fine degli anni 70.

Lei ha passato 26 anni della sua vita nello stabilimento Ilva di Taranto. Formavate un gruppo numeroso e combattivo che tutti ricordano. Da parlamentare fece approvare una legge per il prepensionamento degli operai del siderurgico. Quale è la differenza tra la coscienza politica dei suoi colleghi di allora e di quelli di ora?


Complicato in poche righe. La coscienza politica non si costruisce a tavolino. E’ un processo fatto di lotte,trattative,esperienze, fatte soprattutto sulla propria pelle e sulla classe sociale in cui ti riconosci. La coscienza politica è un insieme di strumenti acquisiti che ti fanno compiere scelte definitive per cui vale la pena spendere la vita.

Avendo fatto il consigliere comunale durante gli anni bui della città, in cosa si sente di dire che è cambiato a Taranto il rapporto tra istituzioni, politica e cittadini?


Negli anni bui si sperava nel cambiamento. Arrivato e non realizzato (almeno fin’ora) è prevalsa l’assuefazione e la demoralizzazione in tanti che ci avevano creduto. Tutto diventa più difficile. L’anti-politica da minoritaria potrebbe diventare maggioritaria e ciò non favorirà certo la sinistra ma la restaurazione. Il tempo stringe…

Nonostante Stefàno conservi ancora un certo carisma, dovuto probabilmente all’umanità che è in grado di dimostrare in particolari occasioni (si pensi a cosa ha fatto di recente a Manduria) oggi una parte significativa della cittadinanza attiva che allora lo sostenne si mostra profondamente delusa. I sondaggi lo danno in forte calo di decine di punti percentuali. Pensa che questa fetta di città sia coinvolgibile nella costruzione di un’“alternativa di sinistra”? Primarie, divisi al primo turno, unità a tutti i costi indiscriminata pur di battere le destre: cosa ci dobbiamo aspettare?


Dobbiamo provare a ricercare tutte le condizioni per ricostruire una sinistra di alternativa unita e credibile. Questa è la premessa per affrontare tutte le possibili varianti che lo scenario politico tarantino ci offrirà a breve. Chi avrà più filo tesserà meglio la tela…