La Settimana Santa Tarantina: invito alla sobrietà

di Pietro Rizzi

Avete mai riflettuto sul vero significato della Settimana Santa Tarantina? Cosa sono per voi i “Misteri”? E soprattutto, perché vi riversate per le strade durante i giorni della processione?
A queste domande molti di voi risponderebbero con la semplice parola: “tradizione”. Troppo semplice però la suddetta giustificazione secondo la quale, l’atto del partecipare ad un asta e accaparrarsi Gesù Morto, l’Addolorata o il Crocifisso da portare sulle spalle i giorni della processione, sia semplice tradizione.
So benissimo che parte di quei tarantini integralisti, mentre leggono le righe di questo articolo, staranno pensando che io sia un perfetto imbecille. Me lo sarei aspettato e non ne rimarrei sorpreso. Ma a volte dire le cose come stanno e chiamarle con il loro vero nome può ritornare utile. A tutti.

E’ da tempo che medito su queste domande, forse anni. Ma solo adesso mi sono reso conto che è giunto il momento di esternare tutte le mie perplessità, da semplice persona appartenente alla comunità tarantina.
Premetto che per quanto possa essere bello vedere tanta gente che affolla le strade nelle giornate della processione, (anche se mi piacerebbe vedere la stessa affluenza anche in altre occasioni, per esempio quando si manifesta per questioni un po’ meno “spirituali”, oppure quando trenta ragazzi provenienti dal Nord Africa rimangono senza un tetto sotto il quale dormire), rimango stupito dal fanatismo e dall‘integralismo religioso che ne viene fuori.

Qualcosa non torna. Eppure, nei vari insegnamenti cristiani ricevuti durante la catechesi “dell’obbligo”, non ricordo che Gesù Cristo fosse per il materialismo o per l’adorazione dei simboli. Né, tanto meno, per il danaro o per le alte uniformi di questi o quei Carabinieri e Vigili Urbani che ormai si vedono per strada solo il giovedì e venerdì santo – oltre a qualche altra breve “apparizione” durante la processione di San Cataldo.

Quest’anno però la tradizione è uscita fuori dagli schemi. Infatti, le gare per l’aggiudicazione dei simboli, su disposizione di Mons. Santoro, si sono svolte lo scorso sabato a differenza degli altri anni in cui queste si svolgevano nel giorno delle Palme. Il vento sta cambiando? Sono scettico, perché piuttosto che porre fine alla mercificazione di un “credo” (condivisibile o meno) e alla conseguente compravendita delle indulgenze (mi piace definirla così), si è preferito pensare alla variazione del giorno e alla location, alla stregua di un vero e proprio evento mondano che farebbe invidia anche al Festival di Venezia. (Facoltà di Giurisprudenza per la gara relativa alla processione dei Misteri del venerdì, Circolo Sottoufficiali per la gara relativa alla processione dell’Addolorata del Giovedì Santo)
Tutto questo mi dà la sensazione di quanto il vero spirito di una manifestazione folkloristica tarantina, e che nessuno mi venga a parlare di momento di preghiera, sia lontano anni luce dalla comunità tarantina tutta e riservata ai pochi “eletti” iscritti a questa e/o a quell’altra confraternita.

Quando questa mattina ho aperto il giornale che riportava gli esiti delle aste e leggevo che sono stati spesi la bellezza di 264,250€,  12mila euro in più dello scorso anno (alla faccia della crisi!), ho avuto un momento di smarrimento pensando al periodo nero che Taranto sta affrontando.
E’ vero, con mezzo miliardo delle vecchie lire non si potrebbe fare granché, sicuramente non si risolleverebbero le sorti di una città allo sbando, ma circa la mission che le confraternite si prefiggono di raggiungere con quei soldi non c’è mai stata chiarezza tranne che un vago “iniziative benifiche” su wikipedia.
Per tradizione, si dice che, i proventi (una parte o in toto?) vengano investiti per il funzionamento della mensa dei poveri. Il fine è assolutamente encomiabile ma credo che la Chiesa non abbia solo quell’introito da destinare alla mensa dei poveri, date le moltissime elargizioni volontarie da parte dei fedeli che vanno a messa almeno tutte le domeniche. Pertanto, continuo ad essere scettico e assolutamente critico su questa fenomenologia folklorica alla quale non sento di appartenere.

Eppure la questione delle gare, così come scritto all’interno del saggio dal titolo La Settimana Santa nel sud d’Italia tra rito e drammaturgia: l’esempio di Taranto (1988) di Antonella Esposito “…è senza dubbio l’occasione che suscita le maggiori perplessità e divide l’opinione pubblica tarantina, da diversi anni ormai: a molti pare oggi anacronistica e blasfema questa pratica del “mercanteggiare” simboli, oggetti sacri e vorrebbero in qualche modo eliminarla, occultarla come tutto ciò che fa parte del fondo oscuro e arcaico della mentalità meridionale. Per i protagonisti dei riti, peraltro, le aste sono parte integrante della sacralità delle processioni e val bene per esse far sacrifici, debiti, o addirittura chiedere soldi ad usura. In realtà le “gare” hanno la funzione di ridistribuire, in ambito rituale, i ruoli sociali, permettendo che per una volta, se l’offerta sarà adeguata, anche un confratello di umili condizioni possa entrare in quella zona privilegiata che è l’intimità con il divino e il mistero….”
Un invito a riflettere, su queste parole, credo sia doveroso. Così come dovrebbe essere doveroso in questo momento di grandissima tensione sociale, assumere comportamenti sobri e rispettosi per lo meno nei confronti della nostra Città che diciamo in giro di amare alla follia. Puntualmente però, irrompono il menefreghismo, la sfacciataggine e la superbia travestiti da tradizione a svegliarci dai buoni propositi e a farci capire che forse, per fortuna o per disgrazia, al mondo non siamo tutti uguali.

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La Settimana Santa nel sud d’Italia tra rito e drammaturgia: l’esempio di Taranto (1988) di Antonella Esposito