Ha ancora senso festeggiare il 25 aprile?

 di Salvatore Romeo (’85) 

“Riorganizzazione del disciolto partito fascista: quando un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.”

Apologia del fascismo – legge Scelba

 

Il 25 Aprile si festeggia la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazi-fascista (in realtà nella data del 25 1945 furono liberate le sole città di Milano e Torino) e la conseguente fine del ventennio fascista italiano. La liberazione fu possibile solamente grazie ai moti di “Resistenza” armata portati avanti da eserciti volontari di partigiani e a moti di insurrezione popolare spontanea. Così ragazzi volontari appena ventenni, i reduci dalla seconda guerra mondiale, disertori ed un gran numero di donne si ritrovarono a combattere una guerra ancor peggiore di quella che stava per volgere al termine, peggiore perché combattuta contro i loro stessi fratelli. Una guerra fratricida, evitabile, combattuta per il volere di chi ha tenuto l’Italia ostaggio di un ventennio di repressione e violenza.

Ha ancora senso parlare di resistenza oggi?

 

Negli ultimi decenni (in concomitanza dell’ascesa al potere di Berlusconi e del berlusconismo n.d.a.) in una parte (ampia ahimè) della società borghese italiana avulsa alle tematica sociali, è nata una necessità impellente di “revisionismo storico”. Questa esigenza di modificazione della storia “come noi la conosciamo” scaturisce dalla mancanza di protagonismo storico alla creazione della società italiana odierna. Spesso gli storici sono stati accusati di essere “di parte”, succubi di una sinistra che ha voluto impossessarsi in maniera coatta di tutto ciò che sia anche lontanamente immedesimabile alla cultura, alla pace e alla dignità. Ma come accade in qualsiasi disciplina in cui si è consapevoli di non poter lottare per la vittoria perché nettamente inferiori, la destra italiana cerca di “riappropriarsi della storia” puntando su una “desertificazione” della cultura, con l’obiettivo insito di instaurare un clima di indifferenza ed ignoranza sul termine “resistenza”, reso possibile dal fondamentale ausilio dei dai mass media. Si può dunque riassumere lo sforzo revisionistico delle destre nella frase “se non posso appropriarmi della storia allora provo a cancellarla”. Come appreso da Giovanni Battafarano (presente all’aperitivo antifascista organizzato a Taranto il 25) presidente dell’ANPI di Taranto qualche giorno fa (il 20 c.m. n.d.r.) a Varese è stato festeggiato l’anniversario della nascita di Adolf Hitler nell’indifferenza generale di sindaco, presidente della regione Lombardia (tale Maroni) e questore cittadino. Inoltre, fatto ancor più sconcertante, ad Isernia tre giovani antifascisti sono stati denunciati dal questore per aver cantato per strada “Bella Ciao”, canzone simbolo della Resistenza italiana. Che nazione è quella che in cui chi dovrebbe difendere e tutelare, attacca ingiustamente i propri concittadini? E come mai il governo centrale europeo, sempre così attento al rispetto dei bilanci statali e delle politiche di austerità, si disinteressa totalmente di ciò che è accaduto in molti stati civili come la Francia in cui “partitici” di estrema destra neo fascisti e neo nazisti, ottengono percentuali che sconfinano il concetto di nicchia eversiva? E perchè nella Grecia iper-controllata dalla troika è garantita normale azione al partito filo nazista “Alba Dorata”?

Ma cos’è la resistenza oggi?

 

Data l’assenza di guerre “fisiche” sul suolo dell’Europa occidentale, il termine resistenza ha assunto un’accezione meno accesa e profonda di quanto non avesse settanta anni fa. Resistere però non è un verbo sconosciuto alle nostre quotidianità. Esiste infatti una “resistenza 2.0” (mi perdonino i partigiani) di cui ci rendiamo protagonisti tutti noi quotidianamente. Mi riferisco alla resistenza condotta dai giovani nei confronti delle politiche governative italiane, responsabili a più riprese della galoppante disoccupazione giovanile, che da anni spegne gli ardori di una generazione che sempre più coscientemente si accorge di essere ai margini della società civile; la resistenza dei cittadini italiani contro la povertà e la cassa integrazione, contro uno stato dei doveri che dimentica spesso i diritti; una battaglia che non sia esclusivamente per la sopravvivenza ma che rivendichi il diritto alla dignità e la stabilità, incarnate entrambe nel desiderio di un lavoro stabile e giustamente remunerato. E’ la resistenza contro l’austerità imposta dalla BCE  e dal governo centrale europeo. E’ la resistenza contro gli scandali ed i segreti della politica, per il riappropriarsi del diritto alla conoscenza e alla trasparenza. Verrebbe da domandarsi quali possibilità di sopravvivere potrà avere la “resistenza del domani”. I segni del presente non lasciano adito a grandi speranze: in Italia assistiamo alla creazione di un governo “multicolore”, in cui i due principali partiti antagonisti si spartiscono a tavolino cariche e ruoli come fossero bon-bon; ciò a cui stiamo assistendo è una lenta ma progressiva assimilazione al tuo avversario, un disarmante cambiamento di rotta e orientamento, che spiazza alcun volontà di protesta od appartenenza politica. E’ quando non riesci più a discernere l’avversario dall’alleato, che la democrazia, come ci è stata insegnata, manifesta tutti i suoi limiti. E limiti ahimè ultimamente la nostra debole democrazia ne manifesta troppi…

Vale infine ricordare che la libertà una volta conquistata non è assunta per sempre, ma è necessario difenderla tutti insieme, perché proprietà di tutti gli italiani di qualsiasi generazione. Non solamente dei protagonisti di vecchi racconti sbiaditi.

Oggi e sempre viva il 25 aprile, viva la Resistenza, viva la libertà!