A proposito di “ricatto occupazionale”

di Vincenzo Vestita

Mi ero ripromesso di non trattare più l’argomento del rapporto tra ambiente e lavoro fino alla fine della campagna elettorale. Me l’ero ripromesso perché, sebbene mi sia più volte sforzato di portare un punto di vista diverso da quelli polarizzati e cristallizzati tra il chiudere la fabbrica tout court per poi programmare la rinascita del territorio in base ad un modello irrealizzabile alle nostre latitudini e il far rimanere tutto così com’è che tanto non si inquina più (o si inquina a norma di legge), il più delle volte mi sono ritrovato schiacciato tra due muri di incomunicabilità, ovviamente metaforicamente parlando. Lo dico non senza una nota di profondo dispiacere perché ho sempre avvertito la questione ambientale come la più importante e la più difficile battaglia per la mia generazione e per il mio territorio, di sicuro la meno scontata. Il mio impegno in questo senso non è mai mancato, anche se credo sia stato largamente insufficiente rispetto alla portata del problema.
In ogni caso non posso fare a meno di riportare, in un pensiero più o meno organizzato, le mie personali valutazioni su quello che sta succedendo in questi ultimi giorni, partendo proprio dalle considerazioni che facevo due settimane fa dalle pagine di questo blog. La contrapposizione infatti sta velocemente traslando dal piano virtuale a quello reale, presagio di un innalzamento verticale della “temperatura” e di un possibile scontro sociale che bisogna cercare di evitare con tutte le forze possibili.
Il 30 marzo, giorno in cui si terrà la prossima udienza presso la procura della Repubblica di Taranto, rischia seriamente di essere ricordata negli annali della città di Taranto come una data in cui il destino della città e del territorio tutto ha imboccato una strada impervia e probabilmente senza ritorno. E’ già emerso infatti su diversi quotidiani e blog locali che, nella stessa giornata, una marcia di lavoratori del siderurgico si muoverà dallo stabilimento per manifestare in città “a difesa del posto di lavoro”. Ufficialmente si tratterebbe di una manifestazione spontanea di lavoratori ma il modo con cui questa viene comunicata e organizzata nei reparti non ha lasciato in me nessun dubbio sulla sua reale matrice, tanto più che nel mio reparto non ho mai sentito nessun operaio proporre spontaneamente qualcosa in tal senso né ho avuto notizie dirette che ciò sia successo in altri reparti. In 11 anni di attività nello stabilimento, dopo aver partecipato con sincera convinzione a decine di scioperi e manifestazioni con finalità diverse, mi risulta difficile credere che una marcia spontanea di lavoratori venga promossa e comunicata da preposti aziendali che, a seconda dei reparti e delle situazioni, vanno dai tecnici per arrivare addirittura ai capi area, che raccolgono con solerzia i nominativi uno per uno con “tu vieni?”. La cosa divertente, se così vogliamo dire, è che il caso abbia voluto che il tutto accadesse nelle stesse ore in cui il professor Monti e la professoressa Fornero affermano che la “flessibilità in uscita” è oramai una realtà acquisita. E molti indecisi sono diventati “flessibili nel mentre”, in una fedele anteprima di quello che sarà il mondo del lavoro nel prossimo futuro.
Per capire fino in fondo perché l’incidente probatorio del 30 marzo rappresenta una data fondamentale è utile ascoltare anche l’audizione del 20 marzo ultimo scorso richiesta dai vertici ILVA alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Il direttore dello stabilimento tarantino, Ingegner Capogrosso, accompagnato dall’avvocato di fiducia dott. Perli, interloquendo con il Presidente Gaetano Pecorella e davanti alla stessa commissione, ha portato il punto di vista dell’azienda rispetto soprattutto al lavoro della Procura della Repubblica e in risposta alla lettera che il procuratore capo Dott. Sebastio ha inviato al Ministro dell’Ambiente e ai rappresentanti delle istituzioni ai vari livelli rispetto alla gravità della situazione emersa delle risultanze delle due ultime perizie. Dopo una breve cronistoria degli investimenti successivi all’acquisizione dello stabilimento nel 1995 e del percorso di concessione dell’ Autorizzazione Integrata Ambientale, il cui iter si è concluso nell’agosto dello scorso anno, in cui l’Ing. Capogrosso da una parte sottolinea l’importanza delle prescrizioni ivi contenute e che mirano ad abbassare almeno del 50% le emissioni di molti inquinanti e dall’altra evita di riferire che la stessa Ilva è ricorsa al TAR per bloccare alcune di queste prescrizioni (nello specifico quelle riguardanti i sistemi di abbattimento di macro e micro inquinanti, il piano di monitoraggio e controllo delle emissioni e la revisione della rete di smaltimento delle acque reflue), il nodo è venuto al pettine. Le perizie infatti vengono fortemente messe in discussione dal direttore dello stabilimento poiché, dall’attenta analisi del testo delle stesse e con l’ausilio di consulenti, a loro dire, vi sono “delle discrepanze tra la certezza che (i periti) esprimono nel rispondere ai quesiti e quello invece che viene fuori dalla lettura del testo che lascia spazio a parecchi dubbi e soprattutto non chiarisce in molti casi il metodo con cui sono arrivati a certe conclusioni. Per cui ci lascia molto dubbiosi sul risultato nonostante anche i periti, nella maggior parte dei casi, hanno certificato il rispetto dei limiti di legge”. Sostanzialmente le perizie vengono smontate come un meccano e di queste si acquisiscono come certificazioni a supporto il rispetto dei limiti di legge per la maggior parte degli inquinanti, contestando nel contempo le risultanze e buona parte della metodologia utilizzata dai periti. L’avvocato Perli invece nel suo intervento immediatamente successivo contrappone alle due ultime perizie quella commissionata nel 2008 sempre dalla procura della Repubblica di Taranto a professori universitari pugliesi e che rispondeva agli stessi quesiti, le cui risultanze erano abbastanza favorevoli all’azienda in quanto furono escluse contaminazioni sulle aree di ricaduta del camino E312 e che le “fingers print” (impronte) della diossina trovate nei terreni circostanti lo stesso camino dell’agglomerato numero 2 non erano perfettamente riconducibili alla diossina prodotta dalla società ILVA. Inoltre la contaminazione riscontrata negli animali era “a macchia di leopardo” dovuta probabilmente ad utilizzo di tecniche di pascolo differenziate su terreni contaminati più da PCB che da diossine. L’Ilva critica le due perizie ultime, quella “chimica” e quella “medica” ritenendole inattendibili, commissionando contestualmente un parere pro veritate ad un gruppo di otto fra i massimi esperti nazionali del mondo della epidemiologia e della medicina e che verrà prodotto in sede di giudizio, con lo scopo di evidenziare i tanti limiti e le tante criticità delle due perizie prodotte, in particolare su alcuni riferimenti normativi vigenti utilizzati dai periti e che non sono ancora in vigore.

Al di là delle cose dette in questa audizione mi sembra lapalissiano come in prospettiva si evidenzi chiaramente la strategia madre che l’azienda intende opporre nelle aule del tribunale per le prossime udienze e che tende a contrastare le perizie della procura forse più sul piano metodologico e normativo che su quello dei risultati in quanto tali, o quanto meno a dimostrare che senza quei presunti vizi i risultati sarebbero dello stesso tenore della perizia del 2008. Ma lo scontro in atto nelle aule dei tribunali, che diventerà via via più infuocato e sempre meno comprensibile dai “cittadini normali” quanto più si entrerà in questioni spiccatamente tecniche, è uno degli aspetti del problema. L’altro aspetto è quello più prettamente mediatico. In concomitanza col precedente incidente probatorio del 17 febbraio scorso infatti, la massiccia presenza di ambientalisti e cittadini, in special modo ragazzi, che in modo festosamente rumoroso hanno ritenuto di dover far sentire la loro voce, ha creato comunque un precedente di cui bisogna tener conto e che alla luce di quello che potrebbe succedere tra qualche giorno vedrebbe proprio in quei cittadini e quei giovani la parte che più avrebbe da perdere. Senza quella manifestazione probabilmente una qualsiasi marcia dei lavoratori del siderurgico sarebbe stata avvertita come una forzatura, odiosa quanto controproducente e indirizzata unicamente contro l’operato della magistratura: in sostanza non si sarebbe mai e poi mai organizzata. Invece il dibattito su un tema già di per se complicato da alcuni mesi ha iniziato una strana e pericolosa mutazione, aiutata in questo dai toni eccessivamente accesi da campagna elettorale di fine mondo, sviluppato in maniera surrettizia per poter far rientrare qualsiasi cosa in un attacco contro l’Ilva, col problema però che quando si sparano le cannonate spesso si rischia di colpire anche bersagli a cui non si mirava volutamente. Noto mio malgrado che non si sono abbassati i toni delle discussioni che vedono i lavoratori della fabbrica come bersagli privilegiati di una rabbia malriposta, per una serie di ragioni. Pensare che in fabbrica ci sia una massa indistinta di trogloditi, con l’anello al naso, schiavizzati e frustati dal padrone, ignari di quello che succede loro, mi pare come minimo espressione di una visione delle cose leggermente strabica. Pur essendo un contesto lavorativo tra i più difficili che possano esserci, mi dispiace deludere tutti quelli che pensano (o che vogliono far credere) che oltre il perimetro dello stabilimento ci sia un campo di concentramento; non è così. Fino a quando non ci si renderà conto che, pur schiacciati dall’enorme problematica dell’impatto sull’ambiente e sulla salute che questi giganti industriali hanno sul territorio, sui cittadini e sui lavoratori in primis, questi contesti sono tra i pochissimi che danno la sicurezza di poter far fronte all’urgenza del vivere quotidiano, credo sarà difficile portare i lavoratori ad essere parte attiva (e risolutiva) della problematica, specialmente se si continua a togliere loro da sotto i piedi il terreno rappresentato da questa sicurezza. Ci sono lavoratori pronti a gesti disperati pur di lavorare in queste fabbriche e questo è un dato di fatto, così come ci sono un numero imprecisato di commesse che, ad esempio, lavorano nelle attività commerciali e che firmano buste paga piene pur percependone solo la metà, pur di continuare a lavorare; ritengo in tutta onestà che queste lavoratrici si sentano più vessate della maggior parte degli operai della fabbrica. Credo che battersi affinché le acciaierie chiudano non sia la soluzione più auspicabile; bisognerebbe invece cercare di prendere ad esempio altri contesti, non americani ma europei, in cui con un grandissimo sforzo a più livelli, con interventi pesanti nel ciclo produttivo, si è riusciti a produrre acciaio col minor impatto ambientale possibile, aumentando nel contempo la qualità del prodotto e salvaguardando l’occupazione. Del resto chiudere le fabbriche per poi mantenere lo stesso modello di sviluppo e gli stessi consumi, magari utilizzando acciaio cinese prodotto con modalità veramente prossime allo schiavismo non credo possa permettere di stare a posto con la coscienza. Quantomeno la mia non lo sarebbe.

5 Comments

  1. Anonymous March 26, 2012 6:51 am 

    Vorrei rammentare l’indicazione del sindaco a non confondere i livelli del confronto, una manifestazione spontanea in occasione di udienza è inevitabilmente ambigua: pensare di esercitare un’influenza sul lavoro dei giudici è ripugnante per chi crede nella autonomia dei poteri. Diverso è manifestare nei confronti di chi amministrae /o governa.
    In secondo luogo lo scontro tra le ragioni dell’ambiente e quelle del lavoro può trasformarsi solo in una iattura , non lascerebbe spazio alla politica ed alla ricerca delle soluzioni possibili. Proprio perchè le ferite sono profonde occorre essere razionali.

    • Anonymous April 8, 2012 7:03 am 

      Giulia o come ti chiami, la PAS di Gardner e8 la oirtea di un [***-********] che, se hai almeno il diploma di scuola superiore, sei in grado anche tu di capire che cade sui propri presupposti e non e8 supportata dalla ricerca scientifica.Ti sembra serio continuare a fare confusione e insistere su una oirtea che non serve a salvare i minori dai conflitti tra i loro genitori ma solo a sostenere, quando ci sono accuse di abusi o violenze domestiche, che questi sono falsi?Ti sembra serio usare la parola negazionismo prendendo a prestito scenari realmente tragici e negare a tua volta che la PAS si regge solo, tanto di pif9 in Italia per il momento, su propaganda, paradossi, denigrazione di chi ne denuncia l’inadeguatezza e pericolosite0, assersionismo della stessa PAS? In Italia non esiste uno straccio di dato scientifico a supporto e gli stessi dati non si riescono a trovare all’estero. Tutti i lavori che esistono sull’argomento sono traduzioni o lavori compilativi di quello che viene da fuori e che dopo qualche settimana di lettura chiunque puf2 comporre.

    • Anonymous April 14, 2012 6:28 pm 

      elisabeta scrive:Permetto che non sono di Milano..ma ho datto uno dsaurgo ai bilanci che si trovano nel sito del comune (deformazione professionale) avevo preparato dei appunti in un file pdf ma non riesco ad allegarlo..nelle pagine dal 131 al 136 c’e il rendiconto previsionale 2011. Parto dicendo che mi sono inorridita da alcuni vosi del bilancio riguardo ai lavori con il cemento.Sono di una sproporzione da fare paura e spero che rimanga solo una previsione.. una dato nella pagina che parla di situazione delle entrate e delle uscite e8 prevista una spesa quasi 1 milione e 50 mila euro nella voce settore attuazione mobilite0 e trasporti e 62 milioni e 700 mila settore tecnico arredo urbano e verde.. a me sembra che pif9 che verde si tratta di cemento.. Invece vi sono previsioni di spese soli 400 mila per settore lavoro e occupazione, 700 mila per la famiglia scuola e politiche sociali e 1 milione e cento settore servizi ai cittadini..inoltre solo per lo sport si prevede di spendere 8 milioni e 700 mila quando per settore biblioteche musei e spettacolo insieme si spenderebbe 9 milioni..a me non sembra che lo sport sia tanto importante da spendere quanto questi tre mesi insieme.. L’ultima osservazione una spesa di 3 milioni e 400 mila per gli affari di culto e solo 400 mila per gli edifici monumentali ed artistici.. Visto che dottor Tabacci e8 una persona che stimo spero che dia una sterzatta a queste spese in previsione per il 2011. Mi sento in dovere di fare queste ossevazioni visto che il sindaco di Milano mi ha fatto senire partecipe anche se non sono milanese e neanche abito a MIlano.. Grazie Sindaco.P.s non ho sbagliato scrivendo il mio nome solo con una T sono straniera e dalle nostre parti non esistono i doppi consonanti..

  2. Anonymous April 8, 2012 2:28 pm 

    Vi racconto un buffo eopiidso avvenuto alla presentazione della “consensus conference”: una tizia ha preteso di parlare chiedendo perche9 la PAS fosse classificata dalla SINPIA come abuso, e aggiungendo che il suo inventore e8 un “noto pedofilo”!!! Pare che fosse una pediatra, i suoi colleghi si sono scusati per lei con gli organizzatori.Dal vostro articolo capisco quale incredibile negazionismo c’e8 dietro

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