Caro Babbo Marx,

mi chiamo Nino, ho cinque anni e sono comunista. Io lo so che non esisti più, che sei uno che è morto tanti e tanti anni fa, come so che il socialismo è solo una bellissima utopia… ma io ci credo lo stesso, Babbo Marx: credo in te e nel socialismo… anche perché sennò non mi resta che credere nella Nintendo DS (la prossima versione dicono che sarà la Nintendo PD, ma io non la voglio che già so che è una versione brutta fatta per far felici i bimbi borghesi).

Caro Babbo Marx, io quest’anno ho deciso di scrivere a te e non a quel democristiano di Gesù Bambino o a quel panzone capitalista di Babbo Natale perché sono stufo di chiedere pace e serenità per tutti i bimbi che soffrono o merci prodotte a mezzo di merci scambiando le quali si realizza il plusvalore favorendo così l’accumulazione capitalistica… Io quest’anno voglio il conflitto! E non mi dire che non ci sta perché se lo sono fregati tutto i tunisini e gli egiziani nei mesi scorsi e in cambio mi puoi portare al massimo un po’ di “sana dialettica sociale”. Quella regalagliela a Luigino e a Nicolino! Io voglio che il mio papà la smette di girare per casa in pigiama come una pizza moscia… lui dice che non sa che fare, che a trent’anni un lavoro dopo che l’hai perso chi te lo da… Babbo Marx, io gliel’ho pure detto che tu alla sua età venivi arrestato e cacciato dal Belgio e andavi a Parigi per unirti alla Rivoluzione… ma lui niente… fissa un po’ il vuoto un po’ la boccetta di Valium… voglio che invece di urlare contro la mamma, vada a farlo contro quelli che lo hanno licenziato, contro quelli che il lavoro non glielo danno, contro il capitale… A proposito della mamma poi voglio che anche a lei fai tirare fuori tutto quello che si tiene dentro: i lamenti dei vecchiacci a cui pulisce il culo, quelli del padrone del laboratorio che la rimprovera se si fa vedere fuori con la tuta da lavoro… che lei e le altre sono lì a nero e allora è pericoloso (per il padrone, mica per loro)… e poi ci sono io che non sa dove lasciarmi: l’asilo costa troppo e meno male che ci sono i nonni… ma a forza di “lasciami e prendimi e vai al laboratorio e corri dal vecchio” alla fine pure lei s’è fatta la sua bella boccetta… ma quella di papà dice che non le piace, lei preferisce il Tavor. E così io, caro Babbo, passo le mie giornate coi nonni e a forza di stare con loro mi sono accorto di una cosa: ogni giorno a casa dei nonni scompare qualcosa… ieri per esempio è sparita la collana d’oro che la nonna teneva in bella mostra sul mobile della sua camera, l’altro giorno l’orologio che papà aveva regalato al nonno al suo primo stipendio, e la settimana scorsa pure il pendolo del salotto che a me mi piaceva tanto perché a mezzogiorno uscivano gli uccellini da uno sportellino e cantavano… non è che quel tipo che ogni tanto viene a casa e guarda e tocca e pesa tutto quello che vede è uno che mandi tu per prendere le cose dalla casa dei nonni e riciclarle poi come regali per altri?! Io lo so che tu sei per la socializzazione dei mezzi di produzione e perché ciascuno dia secondo le sue capacità e riceva secondo i suoi bisogni, per cui non faresti mai una cosa così… ma allora chi è quel tipo, Babbo? E perché dopo che se n’è andato la nonna piange? Allora ti chiedo un regalo anche per i nonni: che la prossima volta tirano fuori il nerbo che usavano per le mucche e glielo diano addosso! E lo danno addosso anche a quelli che lo mandano a quel tipo schifoso!

Ecco Babbo Marx: questi sono i regali che ti chiedo. Come vedi sono stato buono: non t’ho chiesto la Rivoluzione che già sapevo che mi avresti risposto tutto incazzato che tu non fai il cuoco per l’osteria dell’avvenire. No, Babbo: io voglio il conflitto qui ed ora, quello di ogni giorno, quello che non ti fa accettare di stare sempre peggio, che ti fa dire “io sono più importante”. Tu mi hai insegnato ad essere materialista, caro Babbo, e io ho capito che la vita è una e non possiamo passarla a soffrire come il democristiano e il ciccione vorrebbero. La vita è breve, e anche se questi cattivi vogliono che la mamma e il papà si vedono solo la televisione e non pensano ad altro se non all’ultimo amore del Grande Fratello, io voglio che si risvegliano, che si staccano dall’oppio moderno e scendono per le strade. Che non pensano che il vicino Mohammed sia inferiore, che la collega di lavoro della mamma rubi i bottoni, che quel vecchio cacone è solo una grande rottura. Voglio solo che si risvegliano, Babbo Marx. Voglio che fanno come nei racconti del nonno sulle lotte sue nella fabbrica e in quelli della nonna sulle manifestazioni sotto al Comune per la casa e l’asilo… Voglio quel paese lì, Babbo Marx. Come mi dice sempre l’amico mio Pierpaolo… “Torniamo indietro, col pugno chiuso e ricominciamo daccapo.”