Dov’eravamo finiti? Beh, mettiamola così: c’è chi è strozzato dagli esami, chi a caccia di lavoro, chi si barcamena fra mille cose per restare a galla… Quando un progetto è portato avanti da un gruppo di ventenni di questi tempi dovete aspettarvi anche questo. Se poi questi sono talmente incoscienti da non volerci neanche guadagnare… voilà Siderlandia: webmagazine/rivista/blog… inevitabilmente precaria.
E però non volevamo abbandonare l’impresa di dare a una generazione che si vuole a tutti i costi tenere all’angolo la possibilità di esprimersi. In questi mesi ci siamo resi conto che questa esigenza è fortissima in una città come Taranto, che sembra non aver bisogno dei suoi giovani. Ma attenzione a non cadere nel tranello dell’anagrafe: il problema non è di data di nascita, ma di bisogni e di progettualità. La questione centrale è la disponibilità al dinamismo. La nostra è invece una città statica, che conserva in maniera gretta i suoi equilibri in tutti i campi della vita. Chi ha qualcosa – denari, case, professione – la protegge gelosamente per poterla trasmettere ai suoi figli; i “capibastone” girano con codazzi di giovani assistenti, praticanti, portaborse… e che non venga in mente all’operaio di “avere il figlio dottore”!
Ma non è solo un fatto di dinamica sociale. E’ possibile anche solo immaginare a Taranto una cultura che non sia la solita sagra paesana? E’ possibile parlare di noi senza agitare i miti dei 300 disgraziati che si fecero massacrare alle Termopili duemila e cinquecento anni fa o dell’improbabile personaggio che rispose ai delegati di Roma con le ragioni della sua vescica? Prenderemo mai atto che – verità sconvolgente – Taranto è nel mondo? Non sono dettagli: la gente scappa dalla città anche perché soffocata dall’insostenibile pesantezza del suo provincialismo.
Taranto però non è solo questa, altrimenti noi non saremmo qui, pronti più che mai a ricominciare. Taranto è anche chi rivendica uno spazio sociale da autogestire, come avviene in ogni altra grande città del mondo civile. E’ chi si informa, studia, si batte perché la vita del territorio venga salvaguardata da ogni forma di inquinamento. E’ chi dopo otto ore di fabbrica alza le serrande di una sezione per riappropriarsi del suo destino. E’ chi si impegna nelle periferie, a contatto diretto col disagio più feroce. E’ chi porta la cultura nella scuola che cade a pezzi o dietro le sbarre di una cella. E’ chi ha trovato nell’arte un modo di reagire allo schifo che lo circonda. E’ chi non si rassegna a vivere l’Università come un parcheggio e pretende che sia un vero luogo di formazione. E’ chi recupera un vecchio appartamento per farne un punto d’incontro e di svago. E tanti altri esempi potremmo fare di una Taranto che vuol essere dinamica, mettersi in gioco e rischiare.
Questa realtà noi racconteremo, convinti che anche questo nostro piccolo contributo possa servire a rivitalizzare una città che ha disperato bisogno di rimettersi in corsa.