La solidarietà non cammina col denaro. La rivoluzione degli “Scec”

di Salvatore Romeo (’85)

Immaginate di essere dal fruttivendolo. La lista della spesa è degna dei migliori “cinepanettoni” italiani: sempre uguale. Le solite quattro mele, le solite quattro pere, due banane, perché non è stagione e costano di più. E poi loro. “Sono delle primizie”, dice furbescamente il venditore, “dolci come miele”, aggiunge. Velocemente afferra una pesca tabacchiere e l’avvicina al vostro naso; l’odore è da acquolina in bocca. E allora vi convincete, due pesche non influiranno mai nel bilancio familiare. Ma il prezzo vi fa trasalire come una poesia di Sandro Bondi. E’ proprio in quel momento che desiderereste un “aiutino”, una banconota incastrata tra i tanti scontrini che affollano il vostro portamonete. Cercate nella miriade di tasche del vostro cappotto: nulla. Affranti, rinunciate e tornate a casa.
Forse non è questa il principio dell’invenzione degli “Scec” – Solidarietà che cammina, per intero – , ma potrebbe esserne il fine. Gli Scec nascono a Napoli con l’intento di subordinare l’economia all’esigenza delle persone. Secondo Pierluigi Paoletti – socio fondatore dell’Arcipelago e curatore del sito centrofondi.it – “l’economia deve servire a un solo e unico scopo: fornire a ciascuno ciò di cui ha bisogno”. Ed è questo ciò che otterrà chi utilizza gli Scec: un aiuto nella spesa di tutti i giorni, dando maggiore potere d’acquisto alle famiglie e favorendo i piccoli negozi locali.
Rimane ora da spiegare cosa sono gli Scec. Innanzi tutto gli Scec non sono dei sostitutivi dell’euro; se così fosse sarebbero dichiarati illegali e sarebbero distrutti. Sono per lo più una sorta di buono sconto, del valore di un euro ciascuno, da utilizzare per integrare i pagamenti tradizionali. Ma, pur avendone il valore, non sono cambiabili con l’Euro. Inoltre gli Scec, non possono essere utilizzati come sostitutivi della moneta ma come integrazione in fase di pagamento. Infatti al momento del pagamento (presso gli esercenti che li accettano), verrà applicato uno sconto pari alla percentuale che ciascun esercente accetta di ritirare. Ad esempio se un oggetto costa 20 euro ed il negoziante accetta il 10% in scec, l’acquirente pagherà 18 euro e 2 scec. La particolarità di queste “banconote” è che possono continuare a “girare”: l’esercente che li ha ritirati, infatti, può riutilizzarli presso altri esercenti. Che a loro volta li riutilizzeranno presso altri. Da qui deriva il nome “Soliderietà che cammina”. Ma per rendere possibile quest’idea di “helpness in movement”, è necessario avere a disposizione un tessuto sociale locale integrato e collaborativo.
Che gli scec abbiano avuto successo nel territorio napoletano, non stupisce più di tanto. La tipica fratellanza partenopea, ma soprattutto la reale esigenza di un aiuto economico di molti cittadini, acutizzata dall’attuale politica economica nazionale, sono il vero volano dell’intera iniziativa (circa 400 punti vendita accettano gli Scec). Non stupisce affatto che nella città di Milano, come in quasi tutta la zona del nord Italia, questa iniziativa non abbia ancora attecchito del tutto. Molte le cause: principalmente (riferiscono i responsabili della zona Nord–Ovest italiana) la diffidenza degli esercenti ad accettare una riduzione immediata del profitto, a fronte della possibilità di risparmiare nel futuro. A ciò si aggiunge la diffidenza dei cittadini, sempre più restii a “cambiar monete” (poche) per ricevere in cambio “carta”(molta).
Ma perché nascono gli Scec? L’idea di base ha un duplice aspetto. Da una parte, con l’introduzione degli Scec, si cerca di aumentare il potere di acquisto dei cittadini, con delle misure “reali” e non finanziarie. Inoltre, aspetto non di secondaria importanza, si cerca di rilanciare il settore dei piccoli esercenti locali che, con l’ingresso nelle città italiane delle grandi catene distributive nazionali e non, sta vivendo un periodo di crisi durissima. In sintesi l’idea che sta alla base degli scec è che “ancorando la spesa al circuito locale, la nuova moneta dovrebbe dare slancio al territorio locale”.
Per ciò che concerne la diffusione degli Scec nel Sud Italia, al momento della scrittura di quest’articolo, nella città di Tanto risultano solo due “soci fruitori”. Rimane a zero il numero dei “soci accettatori” e dei “sostenitori” (l’elenco è consultabile dal sito http://scecservice.org). Nella realtà tarantina, contrassegnata da una profonda crisi dei “piccoli” e “piccolissimi” esercizi commerciali, sempre più minacciati dalla massiccia presenza di supermercati ed ipermercati, forse si potrebbe ipotizzarne l’inserimento. Inoltre il rilancio dell’economia locale, oltre a garantire dei miglioramenti dell’economia cittadina e provinciale, principalmente nei settori primario e secondario, comporta numerosi altri vantaggi; il principale di questi, data l’importanza delle tematiche ambientali nella nostra città, è la riduzione della CO2, derivata dall’ampliamento dell’offerta dei prodotti a “Km zero”.
“Una goccia nel mare”, potrebbe asserire qualcuno. “Un passo verso una coscienza sociale più unita e responsabile”, ci sentiamo di rispondere.