4 Aprile 2011, ore 00.00: cronaca di un (dis)crimine

di Francesco Ferri

Capita abbastanza di rado di imbattersi, con riferimento alla cronaca locale, in date che segnano, nella vita di un gruppo di persone abbastanza ampio, una demarcazione netta, rigida, radicale (ed arbitraria), capace di determinare l’inizio di una prassi discriminatoria, che per altro continua a perdurare, da ormai numerosi mesi.
Provando a trovare una soluzione in merito allo status giuridico dei ragazzi tunisini sbarcati sulle nostre coste la scorsa primavera (e confinati in grande numero a Manduria) il governo Berlusconi, nel concedere un permesso di protezione temporanea ai migranti provenienti dalla Tunisia ebbe l’irrazionale (e pericolosa) idea di stabilire che solo chi fosse giunto sulle coste italiane prima della mezzanotte del quattro aprile avrebbe avuto la possibilità di ottenere questo permesso temporaneo di sei mesi (poi prorogato).

E gli altri? Coloro che sono giunti sul nostro territorio un minuto dopo rispetto il termine perentorio stabilito dal governo? Gli altri, quasi tutti provenienti dalla Libia (ma quasi tutti non libici) fin da quella data sono in attesa di conoscere il loro destino, in una perdurante oscillazione tra incertezza e disperazione. La provincia Ionica ospita quasi 400 (su un totale di circa 20000) di questi ragazzi, e le problematiche annesse alla loro accoglienza sono state puntualmente descritte da Enzo Pilò (associazione Babele) nello scorso numero di Siderlandia.

La conferenza stampa tenuta dall’associazione Babele giovedì scorso per presentare il corso di formazione sulla complessa normativa italiana e comunitaria in tema di immigrazione, è stata l’occasione per rilanciare l’attenzione, alla presenza di rappresentanti dell’associazione centro studi sull’immigrazione (Asgi) e dell’assessore regionale Fratoianni, sulla ormai drammatica situazione nella quale sono immersi i migranti, ospitati nella nostra provincia nei comuni di Castellaneta, Palagiano e Taranto.

I valori in gioco e la portata della problematica risultano ormai chiari, puntualmente riassunti dall’avvocato Consoli (Asgi) nel corso della conferenza. Chiunque sia arrivato nel nostro territorio dopo lo spartiacque temporale sopra indicato si è trovato – e continua a trovarsi tutt’ora – in una situazione paradossale. Non rientrando nella sanatoria complessiva prevista per chi è arrivato prima della ormai famosa data, deve accedere necessariamente alla procedura ordinaria (ed individuale) per ottenere un permesso di soggiorno (presentazione dell’istanza, audizione presso le commissioni territoriali, eventuale ricorso davanti al giudice ordinario). Contemporaneamente, però, a fronte di una procedura ordinaria, il governo ha previsto una gestione straordinaria, affidata alla protezione civile in luogo dei tradizionali centri di accoglienza.

Come sottolinea l’assessore Fratoianni, solo la Regione Puglia (unica tra tutte le amministrazioni regionali d’Italia) ha previsto la presenza, nei vari centri allestiti dalla protezione civile (strutture alberghiere, tutt’altro che idonee allo scopo) servizi di orientamento legale ed assistenza psicologica, a cura delle varie associazioni.

In ogni caso, però, anche nel nostro territorio la situazione appare caratterizzata da una drammaticità crescente, destinata verosimilmente ancora ad aumentare, probabilmente in maniera esponenziale, in mancanza di una soluzione politica della vicenda.

I circa 400 ragazzi, ospitati da mesi nel nostro territorio, sono immersi in una mole di problemi di varia natura. Appare evidente che il clima di incertezza nei quali sono avvolti i ragazzi provenienti dalla Libia, condito da una prima serie di dinieghi (il più delle volte illegittimi dal punto di vista della normativa europea) da parte della locale commissione territoriale (e dalla difficoltà di affrontare il successivo ricorso giurisdizionale, vista la permanente opposizione dell’ordine degli avvocati di Bari all’accesso al gratuito patrocinio) generano, ora dopo ora, un clima di paura e tensione, che può diventare ingestibile col passare delle settimane. Senza dimenticare, ovviamente, la complessità e la rilevanza delle tragedie, individuali e collettive, nelle quali ognuno di questi ragazzi è stato immerso prima, durante e dopo l’arrivo in Italia.

Nonostante una situazione evidentemente problematica (ed intollerabile, per un sistema che continua a definirsi democratico), il dibattito pubblico e le mobilitazioni politiche latitano, in maniera decisamente preoccupante. Il mondo istituzionale e quello partitico, inutile negarlo, nonostante qualche (sporadica) presa di posizione, appaiono per ora disattenti a quest’ordine di questioni. Il surreale dibattito intorno a primarie, possibili candidature e alleanze, è fino a questo momento assolutamente disattento a quest’emergenza umanitaria che ormai da mesi si protrae nel nostro territorio.

Sarebbe necessario, a fronte di tutto ciò, essere capaci di costruire una mobilitazione ampia e strutturata, capace di incidere nelle scelte governative e di mettere in campo un gruppo di pressione politica (oltre che, ovviamente, un circuito di solidarietà attiva) per provare ad arrivare ad una soluzione nella definizione giuridica della condizione dei migranti in questione. Una strada possibile per una soluzione giuridica (e politica) della vicenda la traccia l’Asgi stessa. Il governo potrebbe emanare un permesso per motivazioni umanitarie capace di regolare complessivamente lo status giuridico di coloro che sono arrivati dopo il drammatico spartiacque temporale decretato dal 4 aprile scorso.

Come è possibile provare a lavorare in quest’ottica? Le strade percorribili, in verità, non sembrano essere molte. Una soluzione possibile (probabilmente l’unica realmente praticabile) è già stata sperimentata, nella nostra provincia, appena qualche mese fa. Senza le costanti mobilitazione accanto ai ragazzi Tunisini, confinati anche a Manduria nella scorsa primavera, difficilmente sarebbe stato possibile ottenere un permesso di protezione temporanea per tutti.

Può essere davvero questo il terreno di sfida intorno al quale può ritrovarsi una comunità che, nel recente passato, è stata capace di dare risposte efficaci e dirette sul tema dell’accoglienza degna. Il centrosinistra al momento appare complessivamente distante, sordo, sostanzialmente indifferente al dramma e incurante dei possibili problemi di ordine pubblico, che da qui a qualche settimana inevitabilmente si potrebbero presentare.

Occorrerebbe, quindi, proprio a partire dalla drammaticità della situazione dei migranti presenti nei centri di accoglienza nella nostra provincia, riflettere sul rapporto tra la politica e la vita concreta, riprendendo quel circuito virtuoso di intervento solidale e rivendicazione politica, che ha portato notevoli concreti risultati intorno al confinamento di Manduria.