Slegati e senza fiducia

di Serena Miccoli

A vent’anni precisi dallo scoppio di Tangentopoli, i sentimenti del cittadino italiano nei confronti della politica sembrano essere ritornati a quei minimi storici: la sfiducia nei partiti ha contorni precisi, comprovati e che non sempre hanno a che fare con il facile qualunquismo da bar dello sport.
A seconda delle fonti, la percentuale dei “fiduciosi” nei confronti dei partiti si attesta solo fra 8 e il 4 %; Ilvo Diamanti, dal recente rapporto “Gli italiani e lo Stato 2011” rileva che solo il 9% degli italiani ha fiducia nel Parlamento – presidio dei partiti –, percentuale che aumenta scendendo fra le istituzioni decentrate: 30,7% nella Regione, 41,8% nel Comune.
Qualcuno parla di fine dell’era dei partiti, affermazione, forse, supportata anche dalla spinta verso il civismo testimoniata dall’aumento di movimenti e organizzazioni figlie della società civile.
Il distacco dai partiti forse è da decifrare a prescindere dai recenti casi clamorosi di ammanchi nelle casse, rimpinguate dai rimborsi elettorali, di partiti morti, defunti e resuscitati sotto nuovi nomi e araldi – La Margherita e Alleanza Nazionale. Il distacco va oltre i casi di mercato delle vacche avvenuti in Parlamento, oltre le solite (purtroppo) indecorose pratiche di questi ultimi anni nelle dirigenze.
L’organizzazione partito ha ancora in sé la capacità di rappresentare la società?

La riflessione su quanto sta succedendo a Taranto è inevitabile: quanto stanno pesando le opinioni, le esigenze e le necessità, in una sola parola “la voce” del tarantino nella fiction delle trattative partitiche per le amministrative? L’avvento dei social networks e il loro largo utilizzo da parte dei politici potrebbe costituire un’argomentazione a favore di quella “partecipazione” civile tanto tirata in ballo, quanto concettualmente ridotta all’osso? Fa specie, all’interno di una conferenza stampa in cui si denunciano i criteri di assegnazione di incarichi esterni affidati direttamente alla dirigenza/comitato elettorale di un partito, che la fonte di riferimento principale nonché metro di valutazione dello sdegno dei cittadini sia la pagina Facebook del partito denunciante, le visualizzazioni del link e rispettivi “Mi piace”. Ma intravedere segnali di apertura da parte dei partiti nel costante aggiornamento dei profili, con la pubblicazione di note e rassegne stampa e, in qualche caso, di stati da domenica in panciolle davanti alla partita per “rendersi più umani” sarebbe una bella illusione. Pensiamo al peso, in taluni partiti, della “base” spesso e volentieri costituita da personaggi spinti dalla passione, delle spiccate capacità, ma anche da speranzosi Vladimiro ed Estragone in attesa di quel Godot-posto di lavoro per sé, per la prole, per l’impresuccia. Basta farsi un giro per articoli, o pagine dell’”adorato” Facebook per percepire la crucialità della base in occasioni come i congressi, talvolta svolti, con le solite e proprie regole incomprensibili agli occhi dei meno “smaliziati”, talvolta promossi, invocati e mai avvenuti per volontà superiori. “Maggiorenti”, duchi-conte calati dall’alto e da lontano sembrano non investire però tutte le realtà partitiche locali, ancora aperte all’opinione e le speranze del “povero Cristo” – probabilmente facente parte del 4% di cui sopra – ancora convinto che per cambiare le cose bisogna entrare nel sistema. Se l’invito dell’articolo di Andrea Cazzato1 nello scorso numero era “uscite da Facebook”, quello di questo articolo è “tornate alla gente”; c’era chi sotto Congresso del Pd lanciava un grido per vedere riconosciuta la dignità della base, lo stesso che oggi richiama i suoi ad unirsi sotto Stefano (per volontà della base?); mi chiedo dove finiranno le voci dei dissidenti, coloro che non hanno votato bilanci, coloro che hanno opinato le affermazioni, con carte e conti alla mano, di Stefano. E fa specie leggere editoriali come quello di Mazza2 – che si firma “consigliere regionale IDV” – che parla di “matrimonio concordato” non si sa bene a quale livello nel SUO partito.

Si farebbe bene a ricordare, ogni tanto, che in queste unioni vi è in dote la situazione di un’intera città, come ogni città particolare e diversa dalle altre, che è elemento stabile, protagonista sempre vivo, ma che all’interno di queste diatribe diventa elemento marginale, in uno scenario da soap-opera con molti ritorni, soprattutto di fiamma.



1 http://www.siderlandia.it/?p=3676

2 http://www.statoquotidiano.it/15/02/2012/lasticella-della-politica-si-e-mossa/69494/