La violenza di “Fornero al ministero”

di Andrea Cazzato

Leggendo la gazzarra di questi giorni, che ha visto coinvolto il segretario del Partito dei Comunisti Italiani Diliberto e la signora, rea di aver indossato una maglia con la scritta “Fornero al cimitero”, ho avuto i brividi. Ammetto subito la mia militanza, dal 2003, nel Pdci (di cui però non condivido alcune scelte di politica locale), così se qualcuno dei lettori ha voglia di darmi dell’imbecille, come ci ha descritti il bue Gasparri, che non ha fatto altro che confermare il detto che coinvolge il bovino e l’asino, è libero di sentirsi un pari dell’ex ministro delle Comunicazioni.
Dopo questa breve parentesi incnetrata sulla mia persona, e cercando di essere il più obiettivo possibile – anche se la questione mi offende particolarmente – cerco di analizzare la vicenda, tralasciando il fatto in sé, che è facilmente recuperabile su qualsiasi testata online. Vorrei infatti porre l’attenzione su un determinato aspetto della vicenda, che si lega all’utilizzo di alcune notizie a livello strumentale. Credo sia ormai palese che le maggiori testate giornalistiche, siano esse televisive o cartacee, abbiano deciso di appoggiare l’operato dell’esecutivo Monti. Ben consci del potere di framing (“il framing definisce la “confezione” di un elemento di retorica in modo da incoraggiare certe interpretazioni e scoraggiarne altre” citando Wikipedia) che qualsiasi media informativo ha nella vita politico-culturale del nostro Paese, si è deciso di dipingere perennemente come “eroe positivo” questo governo, senza abbozzare un minimo di funzione critica. Andando oltre il grave momento di crisi che l’Italia sta attraversando, la mancanza di voci fuori dal coro e all’altezza, per quantità e peso informativo, di certo non permette una visione imparziale di quanto sta accadendo da parte del cittadino.

La questione che ha coinvolto Diliberto è sembrata quanto mai esemplare. Il governo, infatti, col tentativo di riforma del lavoro (in particolare col ritocco al ribasso dell’articolo 18), sembra iniziare a vacillare nei consensi che l’opinione pubblica gli aveva riservato nei primi mesi. Il fallimento delle trattative intraprese con le maggiori sigle sindacali, Cgil su tutte, di certo non ha portato grossa credibilità a questo esecutivo, che fin dall’inizio ha cercato di presentarsi come garante dell’equità e dell’imparzialità. Questa ulteriore stangata, arrivata dopo la riforma pensionistica infatti, ha definitivamente allontanato dalle menti dei più l’immagine che Monti e gli altri avevano dato di sé con estrema facilità. Oltre ai “soliti” comunisti, infatti, anche altre aree della sinistra hanno iniziato a mostrare primi segni di risveglio e di consapevolezza del loro ruolo sociale. Non è un caso, infatti, che in alcuni sondaggi (da prendere con le pinze chiaramente), l’ipotizzata unione dei tre massimi partiti a sinistra del Pd, veleggi indisturbata verso il 30%. Paura e delirio a Repubblica e al Corriere..e ora? Un conto è la Lega che, comunque vada, continua a sparare minchiate e riscopre il deleterio celodurismo, già citato in altri articoli, ma se è la Sinistra a risvegliarsi, diciamo, sono “cazzi”. Anche perchè, pure nel Pd qualcuno inizia a prendere coraggio. Bisbigliando, ovviamente, ma è pur sempre qualcosa.

Non pare vero infatti che Diliberto, uno dei leader della Federazione della Sinistra, si sia fatto una foto “compromettentissima”, apparsa al volo sul sito portaborse.it (un nome, un programma). Subito il Corriere.it (ricordo che il Corriere è di Confindustria) pubblica questa immagine con tanto di commento indignato della prof.ssa Fornero, che condanna quest’atto “violentissimo” e lancia parole di fuoco contro il segretario del Pdci. Si scatena la bagarre; in fretta e furia, il già citato bue Gasparri e Osvaldo Napoli, rilasciano le loro dichiarazioni su questa faccenda terroristica, sottolineando quanto le persone come Diliberto siano i colpevoli morali della morte di Marco Biagi. Tutti si affrettano a dire la loro; i media, consapevoli che la cosa si inizia a fare grossa, si attivano, come sempre quando si tratta di difendere un particolare interesse, a smentire quanto Diliberto andava dicendo per scusarsi. La cosa si stava facendo talmente indegna, che persino Walter Veltroni, che proprio non mi sembra un simpatizzante delle posizioni della sinistra cosiddetta “radicale”, si meraviglia di quanta polvere si sia sollevata per una maglietta, che seppur con un messaggio non propriamente “amorevole” lanciava, a mio parere, un senso più che mai grottesco, e di certo non più violento di alcuni messaggi che molti sobri figuri della neo-maggioranza hanno diffuso negli anni passati.

A volerla dire tutta, considero molto più terroristico quanto la Fornero sta facendo in questo momento. Dopo il pianto di inizio mandato, la signora non si è propriamente distinta per sensibilità e per apertura nei riguardi delle classi meno agiate della popolazione. Per di più, con questo golpe sull’articolo 18, cerca di affossare definitivamente la classe lavoratrice italiana. So già che qualcuno mi dirà che comunque ha cercato di introdurre nuovi diritti per i precari (riprendendo l’altro frame di questo governo, cioè quello degli “indeterminati fannulloni” vs “precari sfortunati e mazziati”), ma la cosa mi sembra abbastanza sproporzionata, o no? E soprattutto, ragionandoci bene sopra, il facilitare così i licenziamenti che c’azzecca, come direbbe Di Pietro, con la crisi economica che il nostro Paese sta affrontando? Oltre le “paraculate” di Cortina, cosa ha fatto questo governo per colpire chi è il reale artefice di questa crisi? Troppe domande per una risposta semplice: NIENTE! Al netto di quanto fatto, senza paura di essere smentito in futuro, penso di poter esprimere un parere su quanto questo governo valga, usando un noto detto siciliano: “tu si nuddu miscatu cu nenti”. L’urgenza di una nuova lotta di classe, come già detto in qualche articolo fa, è ormai lampante. Non propongo rivoluzioni, sia chiaro, ma almeno una minima difesa, un po’di coscienza. Come direbbe Giobbe Covatta in una celebre campagna sociale dell’Amref, “basta poco che ce’ vò?”