Un’altra Taranto è possibile. La storia di Archeo Tower

di Francesca Razzato

Questa settimana vi raccontiamo la storia dei ragazzi di Archeo Tower.
Da poco più di due settimane stanno riqualificando un luogo precedentemente abbandonato al degrado. Sono studenti, precari, operai; in un’intervista multipla ascoltiamo la testimonianza e il racconto di alcuni di loro: Gaetano, Zac, Laura, Davide, Stefano, Ernesto, Davide, Angelita.

Come nasce l’esigenza di liberare uno spazio abbandonato a Taranto?

L’esigenza di liberare uno spazio abbandonato a Taranto nasce innanzitutto da una constatazione e da una presa di coscienza: nella nostra città i luoghi di aggregazione più diffusi sono costituiti da punti Snai, sale bingo e luoghi in cui i meccanismi del profitto si collocano al centro delle relazioni umane.
La liberazione e la riqualificazione di uno spazio abbandonato si pone in contrapposizione a quest’ottica, quando questo diventa un laboratorio in cui i tanti e diversi possono, attraverso le pratiche quotidiane e la condivisione dei saperi, esprimere un’altra idea di crescita culturale, artistica, sociale e politica per il quartiere e per l’intera città.
Inoltre, il nostro agire verso questa pratica è stato condizionato da un’inadempienza da parte dell’amministrazione comunale.
Quest’ultima per mezzo di un protocollo di intesa aveva promesso l’assegnazione di un posto alternativo temporaneo nella fase dei lavori di ristrutturazione (ancora non avviati) dell’ex scuola Martellotta, sede del centro sociale Cloro Rosso, proprio per salvaguardarne le attività svolte; ma questa assegnazione non è mai avvenuta.

Fra i tanti possibili luoghi abbandonati al degrado presenti nella nostra città, come nasce l’idea di riqualificare l’Archeo Tower del parco archeologico?

Perché è un luogo emblematico. In esso è racchiuso un esempio di cattiva politica, dal momento che l’area comprendente la struttura dell’ Archeo Tower e del parchetto archeologico circostante fu inaugurata dalla giunta Di Bello nel 2005, e dopo pochissimo tempo abbandonata al degrado (con enorme spreco di denaro pubblico), fino a pochissimi giorni fa; ma è anche uno dei luoghi in cui è racchiusa una parte della nostra identità storica, infatti il parco archeologico custodisce alcuni frammenti delle mura difensive della metropoli magnogreca.
Riqualificare e valorizzare questo luogo diventa metaforicamente il simbolo della riqualifacazione e della valorizzazione della nostra cultura e auspichiamo in tal senso che tutte le professionalità del settore (storici, archeologi ecc..) e semplici appassionati diano un contributo decisivo affinchè questo avvenga.

All’appello che avete rivolto al mondo delle culture critiche hanno aderito nomi importanti della cultura tarantina, dalla Marzano fino a Bianchi, passando per Leogrande, De Michele e tantissimi altri. Qual è la lettura politica che date a questa partecipazione?

Una buona parte di questi intellettuali era stata coinvolta dall’amministrazione per cercare di dar vita a percorsi che mettessero la cultura al centro dell’agenda politica della città. Dopo cinque anni, se questi intellettuali decidono di schierarsi dalla nostra parte è perchè l’amministrazione ha disatteso i propri propositi, e dunque hanno visto nell’autorganizzazione dei cittadini la risposta a queste inadempienze.

Le attività e le progettualità che l’Archeo Tower metterà in atto, come da voi largamente espresso nei comunicati, non potranno scindersi dalla vita del quartiere e dalle necessità dei suoi abitanti. Tralasciando per un attimo quest’ottica futura e facendo una valutazione sull’immediatezza, quale è stata la reazione degli abitanti in relazione alla vostra presenza e quale tipologia di rapporti si è creata?

La risposta è stata assolutamente positiva e il consenso degli abitanti si è manifestato non solo dal punto di vista verbale, ma anche pratico. Infatti moltissimi di loro, con pratiche differenti ci hanno sostenuto; chi mettendo a disposizione la propria professionalità, chi sovvenzionandoci economicamente, chi contribuendo con la donazione di oggetti e attrezzi utili alla riqualificazione, chi con il semplice saluto e incoraggiamento morale, chi mettendo a disposizione le potenzialità di una scuola, come nel caso del preside della scuola Alessandro Volta, adiacente al parco archeologico.
Il bilancio generale che possiamo fare a poco più di due settimane dalla nostra presenza nell’Archeo Tower è che da un lato il malcontento degli abitanti del quartiere, nei confronti di chi ha permesso che questo luogo rimanesse abbandonato al degrado per oltre dieci anni, era altissimo, dall’altro è che gli abitanti di questa città non attendono altro che una possibilità e una situazione proficua per poter imprimere una svolta verso il cambiamento.

Tornando alle progettualità, cosa si sta costruendo nel cantiere-laboratorio di Archeo Tower?

Riprendendo la metafora del cantiere, quello che si sta costruendo sono proprio le fondamenta di quello che nell’immediato futuro diventerà un laboratorio.
E gli “operai” impegnati in quest’ opera sono giovani e meno giovani mossi dall’entusiasmo di poter costruire un’altra Taranto possibile. In che modo?
Attraverso le proprie specifiche professionalità e i propri sogni, mettendosi in gioco e contaminandosi l’un l’altro.
Nell’Acheo Tower si progetta la costruzione di laboratori di ogni genere, dalla fotografia a quello della musica, dai corsi di lingua straniera ai progetti di riciclaggio creativo di materiali in disuso, dal dopo scuola gratuito per i bambini alla creazione di un orto urbano, e tanto altro ancora!

Dunque, il riappropriarsi di uno spazio fisico, diventa in senso astratto metafora della riappropriazione di un luogo dell’esistenza e dell’anima. Questo luogo appare lontano dalle “stanze del potere”, dove risiede il sistema della rappresentanza troppo spesso arido e incapace di accogliere i semi del cambiamento. E’ possibile allora che i “semi del cambiamento” e quindi l’alternativa, possano attecchire attraverso pratiche come quelle che i tanti e diversi stanno mettendo in pratica nell’ Archeo Tower in questi giorni?

Ovviamente noi crediamo di si e abbiamo un esempio tangibile che lo dimostra: la straordinaria pratica democratica attivata dal popolo dell’acqua che ha portato alla vittoria del Referendum lo scorso giugno.
Se da un lato le istituzioni non riescono a dare risposta alle esigenze dei cittadini, se dall’altro il privato ha come unico interesse lo sfruttamento delle risorse umane e ambientali, esiste una terza via basata sulla partecipazione e sull’auto-organizzazione dei cittadini, che mette al centro il bene comune e la costruzione attraverso la condivisione e la contaminazione, giorno dopo giorno, di un’altra città e di un altro mondo possibile.