Perché io so io…

di Annarita Digiorgio

Una leggina per salvarmi il futuro. Perchè mannaggia la Legge grande mi costringe a dimettermi se voglio candidarmi al Parlamento. E allora io, siccome sono bravo, ho tanti successi elettorali, in questi anni ho imparato tanto e me lo merito (e poi si sa: le province prima o poi con sta fissa che vi siete messi in testa dei costi della politica, saranno abolite) mi devo pur trovare qualcosa che mi dia il pane per il futuro. Mica posso restare qua a fare il commissario liquidatore in mezzo alle cozze e agli inceneritori. E però. Voi lo sapete come stanno le cose nel PD, che stiamo a fare la gara a chi ce l’ha più lungo, e quello mo, mannaggia a lui, il piu figo del bigoncio ha fatto eleggere una squadriglia al Comune, e a me solo con uno m’ha lasciato (che quello poi tutti quei voti solo lui: non poteva fare a mezzo con un altro almeno erano due, no doveva fare lo sborone!). Anzi, menomale che almeno a sto giro abbiamo fatto fuori Dartagnan va: meno siamo e meglio stiamo!

 

E però a me chi me la dà la garanzia che mi candidano proprio a me a Roma? Che poi finché ci sta il Porcellum ci sguazziamo tutti, ma mo questi altri che si sono messi in testa di fare i Democratici che vogliono le primarie per il Parlamento, insomma io qua rischio di lasciare tutto a ottobre e rimanere con il popò a terra. Allora sapete che faccio? Una bella proposta politica. Utile per il futuro del paese. Una leggina. Che mi permetta di candidarmi al Parlamento rimanendo fino all’ultimo giorno sul Lungomare. Così sto al sicuro. E poi scusate. Perché il figo del bigoncio e Nichimachestaiadì devono poterlo fare e io no?

Dai sì. Una leggina che ci risollevi da questo periodo di crisi. Perchè poi la differenza tra i comuni mortali e noi è questa no? Che se a loro una legge non gli piace, possono solo scegliere tra rispettarla o sperare di non essere beccati. Noi invece abbiamo la terza scelta. Cambiarcela. Con una leggina, sì. Alla fine io un umile Presidente di Provincia sono, e i cittadini lo dicono sempre che le province non servono a niente no? Quindi io che non c’ho niente da fare, almeno mi faccio una leggina e faccio vedere che qualcosa faccio.

Mo gli unici che mi rompono le scatole sono questi squinternati che stanno con me. Che sono tanti poi: tra assessori, consiglieri e staffasti pare la ex Miroglio. Ma che si credono che sono l’ufficio di collocamento io? Ce li ho tutti alle calcagna adesso, perché dicono che se mi dimetto io loro poi che fine fanno? Ma che me ne frega a me. Si andassero a iscrivere a un sindacato e facessero la gavetta là come ho fatto io, mica possono scambiare la politica per un lavoro.

Che io non sono uno che difende la casta. Anzi. Gliel’avevo fatto capire già dall’anno scorso che io sono uno che pensa ai fatti miei a basta. Vi ricordate? Stavano le amministrative e tutti i miei assessori s’erano montati la testa che volevano fare i candidati sindaci nei loro comuni. E però in questo caso la legge porcamiseria non prevede alcuna incompatibilità: lo potevano fare. Ma qui oltre alle leggi, esiste o no un’etica politica?

Allora indovinate che ho fatto? Una leggina.

Apposta per loro e la loro morale. Se volevano candidarsi alle comunali, dovevano dimettersi dalla giunta provinciale, perché noi non possiamo accettare i doppi incarichi. Non è bello. Anche se in questo caso la legge lo permetteva.
E cosi ad esempio l’avv. Vito Miccolis, grazie a me, fu costretto a lasciare il suo incarico da assessore al lavoro in provincia che con tanto piacere gli avevo dato, per candidarsi manco direttamente alle amministrative, ma alle primarie di Massafra. E poi cosa ce ne importa se Miccolis le elezioni le ha perse: in giunta provinciale comunque non ci mette più piede, che mica le leggine e le garanzie sul futuro le possono avere tutti.  Tiè.

Che poi volete sapere qual è la cosa bella? Che io, siccome sono bravo, questa leggina dell’incompatibilità della giunta provinciale con i consigli comunali l’ho fatta sì, ma sapete quando? Dopo che dal consiglio comunale mi ero dimesso io. E sì. Perchè dovete sapere che mentre ero gia presidente della provincia al primo mandato mi sono pure candidato a sindaco. Mica al comune di Taranto sono fiscali come a Palazzo Madama che uno se si vuole candidare si deve dimettere prima da dove sta. E quindi mi sono candidato a Sindaco mentre ero Presidente. E ho perso. Però siccome ero candidato sindaco sono comunque finito in consiglio comunale. E siccome al comune avevo perso le elezioni, ma la poltrona alla provincia non l’avevo lasciata manco un giorno, per premiarmi i miei amici del partito che mi vogliono tutti bene e sono tanto meritocratici hanno pensato di rimettermi un’altra volta alla provincia.  E lì mica sono tirchi che non mi fanno candidare se sono consigliere comunale. Allora alla fine senza stare neanche un giorno senza fare niente mi sono ricandidato. E stavolta però ho vinto. Gne gne. Al ballottaggio e per un soffio.

E ho fatto la giunta, ma poi quelli hanno avuto pure il coraggio di consegnarmi le dimissioni perché pensate un po’ il TAR aveva detto che era illegale non avere neanche una femmina. Ma io la femmina gliel’ho messa e quelli sono tornati tutti al loro posto.

E io poi dopo tanto che ho fatto? Mi sono dimesso dal consiglio comunale di Taranto. Facendo vedere i sorci verdi al Sindaco, che quello che scattava al posto mio non gli piaceva. E’ che mi sono ricordato che avevo il doppio incarico. Dopo tre anni. Sì. “Lascio il comune per moralizzare la politica”.
Che se no i cittadini si allontano.

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