Campagna elettorale: ipotesi di bestiario

di Massimiliano Martucci

Sta arrivando, mancano poche ore e le nostre città saranno letteralmente tappezzate di manifesti e di volantini, di santi, di materiale di propaganda elettorale. Sarà curioso fare una statistica delle parole più usate, ma già adesso è possibile fare una previsione. Innanzitutto la parola “cambiamento” diventerà un tormentone: dobbiamo cambiare le cose, c’è bisogno di un cambiamento. Quindi “la gente” che è stanca, che non ne può più, che ha bisogno di “rinnovamento”. Perché i politici finora sono stati “autoreferenziali”, hanno pensato agli “affari loro”, e non agli “interessi della città”. Una città che da troppo tempo “non è stata governata”, che ha subito gli interessi dei “gruppi di affari”.

Quindi, come le previsioni astronomiche, la campagna elettorale sfornerà slogan e messaggi buoni per tutte le stagioni, buoni per la destra e per la sinistra. Così, per esempio, chi sta in Consiglio Comunale da decenni fa manifesti in cui chiede alle persone di “far sentire la propria voce” per “far sentire i propri diritti”, chi è stato condannato per falso in atto pubblico e implicato in vari scandali sessuali dice di essere “da sempre vicino alla gente”.

La gente, animale strano, che non ha volto, non ha colore, che bisogna “intercettare”, come se fosse un asteroide, come se fosse un assist. La gente che incontri per strada e che non vuole farsi intervistare sulla politica, non vuole parlare, consapevole, purtroppo, che ci sono cose che non possono cambiare. E quindi, in maniera gattopardiana, si cambia tutto ma non si cambia nulla, perché bisogna ricostruire il “rapporto di fiducia” con i cittadini. Da troppo tempo, ormai, la politica “è lontana dai problemi della gente”, soprattutto se è gente “comune”. A proposito di “comune”, non bisogna dimenticare che stiamo lavorando per il “bene comune”, perché la “comunità” ha bisogno di “rinnovamento”, di qualcuno che badi più agli interessi del “territorio” e non ai suoi.

Ovviamente c’è il lavoro. Sono anni che l’amministrazione non si è “occupata dei problemi delle imprese / degli operai / dei cassintegrati / dei giovani / dei disoccupati” ed è “arrivato il momento di cambiare / rinnovare / dare spazio ai giovani”.

I giovani, una categoria che non si capisce quali limiti anagrafici abbia. I giovani sono i trentenni, oppure i quarantenni che non si sono mai candidati? Chi sono i giovani di cui va in cerca la politica? I “giovani” di solito sono espressione di qualche “vecchio” che, in classico stile cooptazione partitico, utilizza le speranze e le passioni di chi di politica partitica non ha esperienza e lo catapulta nel tritacarne.

La verità è che bisogna vivere e fare la politica con “passione” per ridare “speranza” alla “gente”. Oppure, molto più semplicemente fare domande ai candidati:

  • Chi sei?
  • Dove vuoi andare?
  • Perché io dovrei votarti.

Se non rispondono in maniera soddisfacente sono solo facce buone per la collezione di santini.