di Benjamín Prado
Alcune persone muoiono. Altre scompaiono solamente. Lo scrittore Charles Dickens, ad esempio, lasciò questo mondo nel 1870, ma continua ad essere qui. E non solo perché opere come David Copperfield, Canto di Natale, Oliver Twist o Racconto di due città, fra le tante, costituiscono classici imprescindibili in qualsiasi biblioteca degna d’essere tale, ma anche perché la maggior parte dei suoi temi principali, come la lotta di classe, lo sfruttamento minorile o l’inefficacia della giustizia, constano di attualità ed i suoi personaggi continuano a vivere fra di noi, con nomi differenti, ma con gli stessi problemi. Non potrebbero ritrovarsi in Oliver Twist, assieme ai bambini di strada, protagonisti del romanzo, questi altri bambini reali che oggi vengono abbandonati dalle proprie famiglie per le strade della Grecia, con la speranza che qualcuno li sfami? I carcerati de “La piccola Dorrit”, stipati nel carcere di Marshalsea, alle rive del Tamigi, colpevoli di non poter saldare i propri debiti, non ci ricordano i senza speranza di qui e di adesso, nella Spagna del XXI secolo, gettati nella miseria dalle banche quando non possono più pagare loro l’ipoteca salvaggia? I metodi e le teorie del neoliberalismo non ci fanno pensare molto a quelle dell’usuraio Scrooge in Canto di Natale, o a quelle dell’avaro Uriah Heep in David Cooperfield? Dickens fu uno dei principali esponenti del realismo, assieme a Balzac, Tolstoi, Stendhal o Benito Pérez Galdós¹, oltre che uno scrittore sociale, che denunciò nei suoi libri le diseguaglianze che si perpetravano nell’Inghilterra vittoriana e, specialmente, il modo in cui si sfruttavano i lavoratori per industrializzare il paese. Il suo contemporaneo Karl Marx disse di lui che “nei suoi libri si proclamano più verità che in tutti i discorsi dei politici e moralisti della sua epoca messi insieme” . E senza alcun dubbio, l’autore di “Grandi speranze” è la migliore prova di ciò di cui Balzac era convinto quando disse che i migliori romanzi sono le storie segrete dei paesi. Oggi ricorrono i 200 anni della sua nascita e la nostra realtà, sfortunatamente, in troppi aspetti somiglia alla sua. Per capirlo basta leggere l’incipit di Racconto di due città: “Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità, il periodo della luce e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l’inverno della disperazione.”
In “Tempi difficili”, Dickens critica aspramente le deplorabili condizioni di vita degli operai inglesi e la sproporzionata differenza fra la loro esistenza e quella dei ricchi del paese.
Oggi, in piena crisi, con la Borsa in perdita, le imposte alle stelle e i salari a terra; con i Governi Europei che cercano di riempire con denaro pubblico il pozzo senza fondo del sistema finanziario e le cifre della disoccupazione che crescono nel nostro paese all’orlo dell’abisso, è possibile che il lettore si sorprenda nel vedere come questo romanzo, pubblicato nel 1854, descriva la situazione attuale.
Lo squilibrio tra le case miserabili dei lavoratori che descrive Dickens, fredde, buie e quasi senza mobili, e le sontuose ville dei capitalisti, che considerano i loro dipendenti semplici bestie da soma, non è paragonabile a quello tra i salari della generazione “mille euro” e gli stipendi astronomici che i manager delle banche stabiliscono loro stessi per sé, oggigiorno?
L’unica differenza fra quei privilegiati e questi di oggi, è che allora si chiamavano utilitaristi e oggi si chiamano neoliberali, e che gli uni citavano Stuart Mill, gli altri Milton Friedman. Ma nulla più.
Quando Dickens descrive ne Il circolo di Pickwick, David Copperfiels o La piccola Dorrit una serie di esseri senza scampo e della famiglia dei picari spagnoli², il Lazarillo de Tormes, Rinconete y Cortadillo o El buscón,
sapeva di cosa stava parlando perché lui stesso aveva sofferto durante la sua infanzia le frustrazioni della miseria: quando suo padre fu per tre mesi detenuto nella prigione di Marshalsea, a causa di un debito contratto con un fornaio che oggi equivarrebbe a 3,50 euro, e fu mandato a lavorare in un’infernale fabbrica di lucido da scarpe.
La sua battaglia contro l’ingiustizia anticipava il fallimento di un sistema che si basa sullo sfruttamento, ma i suoi avvertimenti rimasero voci nel deserto per i potenti: “Oh economisti utilitaristi” scrive “commissari delle realtà, distinti miscredenti..se continuate a riempire di poveri la vostra società e non coltivate in loro la speranza, quando dalle loro anime verrà strappato ogni idealismo e si ritroveranno sole con la propria vita nuda, la realtà si trasformerà in un lupo e vi divorerà”
Si sbagliava. Basta volgere gli occhi ancora una volta verso la Grecia di oggi e si vedrà che i due estremi continuano ad esistere: le televisioni parlano di bambini che a metà giornata svengono a scuola per colpa della fame e i giornali dicono che, mentre il paese chiede un aiuto dall’Unione Europea, i suoi potentati spostavano in Svizzera più di 200.000 milioni di euro.
Sullo sfondo, e come mostrano le code brutali davanti agli uffici di INEM(collocamento) e nelle mense dei poveri delle nostre città, i romanzi di Charles Dickens sono una constatazione di come il capitalismo ha fallito nella sua ricerca del famoso “Stato del benessere”.
Altre ossessioni di Dickens sono la lentezza, inettitudine e talvolta la corruzione del sistema giudiziario, la cui sua maggiore espressione si trova in Casa desolata, dove si riflette la miscela di incompetenza e prepotenza di una Corte di Cancelleria che a qualcuno potrà far pensare ad alcuni magistrati e alle cause della nostra Audencia Nacional e al nostro Tribunale Supremo³.
Altre ossessioni di Dickens sono la lentezza, inettitudine e talvolta la corruzione del sistema giudiziario, la cui sua maggiore espressione si trova in Casa desolata, dove si riflette la miscela di incompetenza e prepotenza di una Corte di Cancelleria che a qualcuno potrà far pensare ad alcuni magistrati e alle cause della nostra Audencia Nacional e al nostro Tribunale Supremo³.
O in Oliver Twist, dove si può vedere la maniera in cui la legge è attenta con i forti e abusiva con con i deboli, nella maniera in cui il giudice Fang insulta e punisce con sproporzione lo sventurato protagonista. O ancora una volta, in Tempi difficili, dove lo scrittore si burla dell’incompetenza del sistema e della sua invenzione più perversa, la burocrazia, un labirinto senza uscita rappresentato da un supposto Dipartimento di Circonlocuzioni, la cui funzione è “fare il possibile affinché non si possa fare niente”.
In un paese come la Spagna, dove solo il 27% dei cittadini ritiene che i mezzi che lo stato destina per garantire la tutela legale sono sufficienti e la stragrande maggioranza, invece, pensa che funzioni male, sia obsoleta e incomprensibile, i libri di Dickens continuano a raccontare la verità: il nostro mondo, non ha saputo mantenersi a galla, perchè non ha saputo essere né solidale, né imparziale, né flessibile, e alla fine è rimasto senza risposte.
Nel Giugno 1865, Dickens viaggiava a bordo di un treno che quando attraversò un ponte in costruzione subì un incidente terribile. I sette vagoni che precedevano il suo precipitarono in un precipizio e lo scrittore trascorse ore assistendo i feriti fino all’arrivo delle ambulanze. Così fu in grado di tornare al suo posto e di recuperare il manoscritto, ancora incompiuto, del suo penultimo romanzo, Il nostro comune amico.
Non c’è bisogno di una grande immaginazione per vedere in questa scena una metafora di questa Europa che oggi deraglia a poco a poco, prima la Grecia, in seguito l’Irlanda, poi il Portogallo… Sarà che il collasso si fermi in tempo, che coloro che ci conducono alla catastrofe recuperino il sentimento comune come fece il taccagno signor Scrooge in Canto di Natale, che assistendo al futuro buio annunciato dagli spiriti del Passato, Presente e Futuro, potendo vedere una tomba con il proprio nome e senza alcun fiore ad adornarla, seppe cambiare in tempo e convertirsi in un uomo generoso. Questa è una parabola che, oggi più che mai, vale la pena di non dimenticare.
Articolo comparso il 7 febbraio 2012 sul “El Pais” col titolo “Dickens sigue dicendo la verdad“. L’autore è uno scrittore e poeta spagnolo. Traduzione a cura di Serena Miccoli
¹ Benito Pérez Galdós: esponente del realismo spagnolo, uno dei principali scrittori della letteratura spagnola. Tradusse nella propria lingua The Posthumous Papers of the Club
² Picaro: furbetto, astuto, furfante. Il romanzo picaresco è un genere in cui il protagonista vive di espedienti come furti, inganni, omicidi.
³ http://giustiziaincifre.istat.it/Nemesis/html/inter/ITA/intro_spagna.htm. L’inefficacia e la lentezza del sistema giudiziario spagnolo sono state sottolineate anche dalla Commissione Europea.