Morire “stefaniani”?

di Salvatore Romeo (’84)

I giochi sembrano essersi chiusi. Dopo Michele Emiliano, presidente regionale del PD, anche Nichi Vendola – e con lui tutta SEL – “blinda” Ezio Stefàno come candidato unico del centro-sinistra alle prossime amministrative a Taranto. Intanto uno dei principali concorrenti, Michele Pelillo, abbandona i toni battaglieri di qualche settimana fa e dichiara di essere ancora disposto a fare le primarie, ma se non ci saranno poco male: lui ha “la coscienza apposto”. E poi… “fare il sindaco non è mica la mia ambizione personale. In giunta regionale, ho già un incarico discreto, mi pare. E poi tra un anno ci sono le Politiche. Qualcuno ha dimenticato che sono stato il consigliere regionale tarantino più suffragato di sempre?”¹. Che sia un messaggio in codice (ma neanche tanto) lanciato alla dirigenza regionale del PD per dettare le condizioni dell’armistizio? La partita che si gioca nella nostra città si inserisce infatti in un più complesso equilibrio che chiama in causa i rapporti di forza fra i partiti del centro-sinistra a livello pugliese: ora che Loredana Capone (PD) ha ottenuto la candidatura a Lecce, restano da piazzare Taranto e Brindisi; il pronunciamento di Vendola lascia pensare che il governatore abbia fatto la sua scelta. Toccherebbe al PD la prossima mossa e Pelillo ha fatto capire chiaramente qual’è il prezzo che si deve pagare per la sua rinuncia.
Nel frattempo, il “Comitato per le primarie”, costituitosi lo scorso autunno, continua a chiedere che si vada al voto per eleggere il candidato del centro-sinistra entro febbraio: chi c’è c’è e chi non c’è “si assumerebbe una grave responsabilità determinando la rottura del centrosinistra”². Ma i giorni passano e, nonostante questo anno bisestile regali ancora 24 ore di tempo alle farraginose macchine dei partiti, le decisioni tardano ad arrivare.

Ma lasciamo per un momento le “alte sfere” della politica politicante e poniamoci per una volta una domanda: “il centro-sinistra tarantino è destinato a morire stefaniano?”. Evidentemente se le cose andranno secondo le premesse appena delineate questa conclusione diventa ineluttabile. Ma con quali conseguenze? Probabilmente migliaia di persone – fra militanti, simpatizzanti e semplici elettori – abbandonerebbero la nave; e a quel punto non basterebbero gli imperiosi ordini di comandanti De Falco della situazione per convincerli a rientrare. Perché è inutile continuare a nasconderselo: grande è la disillusione e il malessere che cova sotto il cielo del centro-sinistra jonico, nelle viscere di donne e uomini che hanno visto stravolte le proprie aspettative. Una disillusione e un malessere accentuati dalla fermezza con cui Stefàno ha rigettato la proposta di primarie e, ora, dalla leggerezza con cui i principali partiti lo stanno assecondando. Di fatto se la ricandidatura del primo cittadino avvenisse col solo avallo delle segreterie dei partiti, si avrebbe la chiusura definitiva della parabola iniziata nel 2007, quando lo stesso Stefàno si fece alfiere della partecipazione popolare contro la “vecchia politica”.
Il punto allora diventa: i tanti – e non mi riferisco solo a militanti e simpatizzanti, ma anche (se non soprattutto) ai semplici cittadini attivi – che da tempo reclamano partecipazione e una svolta decisa rispetto ai cinque anni appena trascorsi che faranno di fronte al desolante scenario che si prospetta? Si limiteranno a somatizzare – con i “mal di pancia” che si addicono a queste situazioni – lo stallo della democrazia che si verrebbe a determinare? Vestiranno i panni degli “esuli in patria”, astenendosi dal voto? O saranno piuttosto disposti a scaricare del tutto la coalizione che sostiene Stefàno, elaborare un progetto condiviso di città – che parta da una radicale messa in discussione dell’operato dell’ultima giunta – ed esprimere una candidatura in grado di rappresentarlo validamente? Certo, in questo caso per i militanti dei partiti (in primis, di PD e SEL) si tratterebbe di una “diserzione”. Ma sempre meglio disertare che andare incontro alla più atroce delle sconfitte: quella che viene dalle battaglie che si è deciso di perdere.
Il futuro di idee e progetti emersi in questi anni dalla rielaborazione del lutto per la speranza tradita oggi non dipende tanto dagli accordi di retrobottega fra le segreterie, ma dal coraggio che sapranno esprimere le donne e gli uomini che si ostinano a credere che un’altra città sia possibile.

¹ http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/politica/2012/26-gennaio-2012/stefano-annuncia-pelillo-si-ritiratoe-lui-per-niente-sono-campo-1903019309322.shtml

² http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article24211