Le tante speranze di Terra Ionica

di Roberto Polidori

Incontro Sergio Pargoletti qualche settimana fa: mi ha invitato alla presentazione del suo libro, Terra Ionica, edito da Scorpione Editrice e, diversamente da quanto faccio solitamente, ci vado  violentando la mia proverbiale pigrizia. Il motivo? E’ il primo libro che cita Siderlandia e sono onestamente curioso: la rivista on-line creata e gestita da giovani e brillanti intelligenze locali – di cui io sono solo il “fuori-quota ospite” – menzionata in un libro su Taranto? Mi interrogo sul perché.
Sergio, giornalista professionista, è il capo Ufficio Stampa della Provincia di Taranto e, per mezzo del libro, persegue uno scopo dichiarato: pubblicizzare luoghi e tradizioni della Terra Ionica, che è anche, ormai, il nome di un brand conosciuto. Questo obiettivo è raggiunto dall’autore in modo agile e puntuale.
Ma nel libro c’è altro e questo valore aggiunto lo si percepisce dal sottotitolo: “il talento dei giovani e l’eccellenza dei risultati”. Sergio è partigiano, critico, realista e sognatore.
E’ partigiano perché sta dalla parte di chi vorrebbe, pur nella diversità delle opinioni, che tutti si impegnassero per l’esaltazione delle peculiarità positive del nostro territorio: le contrapposizioni basate sui troppi particolarismi non ha finora permesso di “fare squadra” e di instaurare quel percorso virtuoso di carattere economico- culturale (o forse dovrei dire culturale-economico) che altre terre italiane hanno ben praticato.
E’ critico quando cerca di rispondere alla domanda: come mai ci sono così pochi rappresentati della Provincia di Taranto nella “nutrita pattuglia” di rappresentanti del popolo in Puglia nominati alle Politiche del 2008 e allae Regionali del 2010? Si risponde individuando alcune cause storiche: “l’asettica aggregazione di comunità cittadine dagli assi gravitazionali di senso inverso se non opposto” e lo “sviluppo senza progresso” pasoliniano, quest’ultima strettamente derivante da un imprimatur industriale promanato dall’alto (leggi Italsider e cantieri Tosi) che hanno annichilito per lungo tempo l’imprenditoria privata locale abituata a vivere di commesse statali e, poi, a soccombere. Se non ci pensiamo come comunità sarà sempre grande il rischio di essere governati (male) all’uomo solo al comando.
E’ realista quando afferma che Taranto non è l’inferno sulla terra e neanche Roma o Firenze, ma solo un’inquinata città-provincia (data la sua estensione) con grandissime potenzialità turistiche e imprenditoriali; suggerisce perciò alcuni semplici modi per diffondere il marchio Terra Ionica e rendere la gente più consapevole di poter e dover diventare “comunità”: il premio, le insegne, l’Università, il festival e la rivista.
E’ sognatore quando rivendica alla bistrattata “politica” il compito di svecchiare la collettività ionica da alcuni luoghi comuni e da una classe dirigente che, a suo parere e sulla base dei fatti, non ha così troppo ben gestito la cosa pubblica (i dati su occupazione e PIL sintetizzati alla fine del libro lo dimostrano).
In quest’ottica il segno del cambiamento si chiama “possibilità” offerte ai giovani talenti del territorio, quelli che, per “darsi pane”, vanno via da Taranto con la morte nel cuore e, talvolta, criticano con amarezza dall’esterno le istituzioni che non li hanno “coltivati” nella comunità.
Mentre leggo il libro, allora, capisco perché Sergio ha citato la nostra rivista: la considera un tentativo imbastito da giovani per prendersi i “propri spazi” e fornire la propria versione dei fatti; l’azione di chi vuole raccontare la collettività per sentirsene parte e diventarne protagonista; proseguendo nella lettura mi accorgo che le “ragionevoli speranze” dell’autore sono riposte in talenti locali come Luigi Baldari, o i ragazzi del Paisiello o i Terraross.
E, allora, tutto ciò che ha contribuito e contribuisce a smuovere Taranto dal suo immobilismo assonnato ha un senso: l’esperienza del teatro Tatà, il museo Martà, il Cras Basket, la ceramica di Grottaglie, il pane di Laterza e persino il capocollo di Martina.
Rimane l’impressione di aver letto un libro in cui, a parte le informazioni utili su luoghi e persone e le proposte avanzate, l’autore “fa dire” a famosi personaggi locali e non (le citazioni non mancano) parecchie cose condivisibili che ben si attagliano alla nostra realtà.