Dai “Monti” arriva un “Profumo” di Austerity

di Remo Pezzuto

Dal 2008 noi studenti siamo stati la principale opposizione al governo Berlusconi, manifestando contro un processo di smantellamento della scuola e dell’università che non ha eguali in Europa e nel mondo. La legge 133 del 2008 ha portato gli investimenti in formazione e ricerca in rapporto al Pil del nostro paese al penultimo posto tra i paesi Ocse; e la riforma Gelmini del 2010 ha continuato su questa strada, con una svolta autoritaria nel governo degli atenei, affidati ai soli rettori e a privati di loro fiducia, con una delega in bianco sul diritto allo studio, con la divisione tra baroni privilegiati e ricercatori precari senza futuro.

Il combinato disposto di queste due leggi, con l’aumento vertiginoso delle tasse agli studenti (siamo i quarti in Europa) e l’ingresso dei privati nei cda, sta rendendo ormai indistinguibili le università pubbliche da quelle private, se non per la qualità dei servizi, sempre meno dignitosa. Migliaia di studenti, perché privati delle borse di studio con cui si mantenevano o perché privati del proprio corso di studio – chiuso per tagli – sono espulsi dall’università. Chi si laurea è di fatto espulso dal Paese, costretto a cercare lavoro all’estero. Quando lavoriamo dobbiamo subire contratti precari, senza una prospettiva, senza diritti, senza welfare né ora (non abbiamo maternità né malattia) né domani (avremo mai una pensione?).

Per questo abbiamo festeggiato quando il governo Berlusconi, responsabile di questo scempio, si è dimesso, e abbiamo apprezzato quando Mario Monti, nel suo discorso al Senato, ha indicato proprio nei giovani la risorsa con cui l’Italia può uscire dalla crisi. Noi ci consideriamo infatti una risorsa per far ripartire il nostro paese, vogliamo mettere la nostra intelligenza e le nostre energie al servizio del cambiamento, di un modello di sviluppo diverso, che metta al centro i saperi, l’ambiente, i servizi sociali. Però queste parole sono state subito contraddette dalle successive, in cui Monti ha di fatto ripreso un suo editoriale di gennaio, in cui indicava nella riforma Gelmini dell’università e nel modello Marchionne di relazioni industriali due esempi da seguire.

Ha detto che continuerà l’iter dei decreti attuativi della riforma Gelmini. Ma come? Non aveva appena affermato che bisognava partire dai giovani? E allora perché ostinarsi con una riforma contestata in maniera praticamente unanime da studenti e ricercatori? Perché non fermare quell’iter e ricominciare da capo, chiedendo magari a chi vive l’università di dire la sua? Noi abbiamo le nostre proposte, condivise tra studenti, dottorandi, precari e ricercatori, e sono pubblicate su www.altrariforma.it. Perché non ripartiamo da quelle, invece che da un modello che ci ha reso il fanalino di coda d’Europa?

Monti ha poi annunciato che per dare diritti ai giovani precari bisogna colpire i lavoratori “troppo tutelati”. Ci domandiamo chi siano. Forse i metalmeccanici di Pomigliano che sono scesi in piazza con noi lo scorso anno? A noi sembra che la competizione globale ci abbia reso tutti precari, e che non si possa ripartire se non si stabilisce che certi diritti devono valere per tutti. Parliamo di principi di minima ragionevolezza, come quello secondo cui chi fa lo stesso lavoro deve avere la stessa retribuzione e gli stessi diritti. Ma è progresso se questi diritti vengono livellati verso l’alto, non se noi giovani veniamo strumentalizzati per giustificare il livellamento verso il basso le condizioni di vita di tutti.

Per noi non ci sono governi tecnici o governi politici, governi amici o governi nemici: noi viviamo in prima persona la condizione studentesca, e poniamo a ogni governo le questioni che ad essa sono legate. Sarà in grado Monti di darci una risposta diversa dal mutismo autoreferenziale a cui ci aveva abituato Berlusconi? Si degnerà di ascoltare i 150 mila studenti che il 17 Novembre sono scesi in piazza in tutta Italia o presterà orecchio solo alle banche?

Da pochi giorni Mario Monti ha presentato la lista dei ministri per il nuovo Governo: il nuovo ministero dell’Istruzione e dell’Università è Francesco Profumo. Ma chi è Francesco Profumo? Un professore di ingegneria, rettore del Politecnico di Torino, recentemente diventato presidente del CNR (centro nazionale delle ricerche) per volontà dello stesso ex-ministro Gelmini. Profumo è senza dubbio un uomo dei poteri forti: negli ultimi anni ha indirizzato il Politecnico di Torino verso una gestione sempre più aziendalistica, tanto che le grandi multinazionali – General Motors, Fiat e altre – oggi la fanno da padroni.

Senza dubbio si tratta di una persona di uno spessore ben differente dal ministro Gelmini, che con le sue gaffes e la sua ignoranza aveva costantemente offeso il suo dicastero e tutti noi che costantemente viviamo dentro scuole e università; ma in una recente intervista a Famiglia Cristiana Profumo aveva dichiarato “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi”. Si, ma progressi per chi? Per le banche e le imprese? Per la ricerca pubblica?Le prime dichiarazioni del ministro Profumo sono distensive “investiremo nel sapere e nella conoscenza” “ascolteremo studenti e ricercatori”. Noi giudicheremo l’operato del nuovo ministro dell’istruzione dai fatti e dalle azioni che metterà in campo dalle prossime settimane, ma già da oggi non abbiamo intenzione di fidarci e di fare sconti.

Non ci fidiamo di un governo fatto di baroni universitari, non ci fidiamo di un ministro che ha aperto l’università ai privati ben prima della definitiva attuazione della legge Gelmini, e che è membro dei Cda di alcune aziende private, tra cui Telecom Italia e Pirelli. Profumo inoltre è stato membro del Cda di Unicredit private banking; per noi studenti, parte di quel 99% che si rifiuta di pagare una crisi che non ha creato, noi che lottiamo tutti i giorni contro la privatizzazione delle università il nuovo ministro pare troppo compresso con gli stessi istituti di credito che sono responsabili della crisi.

Monti ha costruito un Governo di tecnici, ma questi tecnici sono in realtà docenti baroni di università pubbliche e private, membri o direttori dei Cda delle grandi banche italiane, avvocati e altri professionisti in grado di rappresentare perfettamente gli interessi dell’1% della popolazione mondiale, non di certo quel 99% di cui noi studenti facciamo parte. Inoltre il neo ministro Profumo è stato l’organizzatore del G8 delle università, tenutosi a Torino nel 2008. Contro la sua idea di università schiacciata sui privati e contro quel summit da lui convocato con oltre 20 università auto nominatesi le migliori al mondo eravamo scesi in piazza. Non ci dimentichiamo di quella giornata e della volontà dello stesso Profumo di rinchiudersi dentro all’università blindata dalla polizia rifiutando qualsiasi confronto con gli studenti in una città militarizzata e presa in ostaggio da questi rettori venuti a discutere di alta formazione e impresa mentre noi studenti, che avevano dato vita quell’autunno alle oceaniche manifestazioni dell’onda, manifestavamo contro di loro e lottavano contro i tagli a scuola e università.

Sappiamo chi è Profumo: uno uomo delle banche, che apprezza molto i prestiti d’onore, uno che ha rilasciato tante dichiarazioni contro il ministro Gelmini ma che è stato uno dei primi ad adottare le misure da lei imposte al Politecnico di Torino. Profumo ha infatti approvato un nuovo statuto dell’università votato in maniera favorevole dal 70% dei docenti ma sul quale oltre il 70% dei tecnici amministrativi ha votato no.

Noi studenti di scuole e università che ci siamo mobilitati in questi anni contro le politiche di Gelmini e Tremonti che miravano a privatizzare e dequalificare scuole e università abbiamo un’altra idea di scuole e università e ci mobiliteremo perché sappiamo che anni di tagli non si cancellano con la sola caduta di Berlusconi. Ci aspettiamo dal nuovo ministro la cancellazione della legge Gelmini, il blocco dei decreti attuativi ancora in fase di approvazione, il rifinanziamento del FFO e del Fondo per il diritto allo studio universitario. Crediamo che debba immediatamente essere rifinanziata l’edilizia scolastica, dato che il 40% delle scuole italiane sono prive di certificati di idoneità statica. Serve con urgenza una legge quadro sul diritto allo studio, prendendo atto della frammentazione italiana del sistemo di servizi e borse di studio, alle volte inesistenti. Bisogna inoltre con urgenza ridefinire la programmazione didattica, le metodologie e aprire una nuova fase di ampliamento di diritti e partecipazione nelle scuole.

Va seriamente ridiscusso tutto l’impianto dei cicli scolastici. Per fare tutto questo però occorre necessariamente aprire un processo nuovo dove gli studenti possano essere reali protagonisti del cambiamento delle scuole. Non accetteremo in nessun modo altri processi dall’alto che dicono di cambiare tutto per non cambiare niente. Dalle scuole e dalle università noi vogliamo costruire quell’idea di cambiamento da trasferire poi alla società tutta. Partendo dal basso: dalle assemblee, dai collettivi, dal progetto di AltraRiforma .

Ad un sistema repressivo ed antidemocratico noi rispondiamo partecipazione. Per costruire un movimento che, partendo da scuole ed università, si allarghi a tutti gli ambiti sociali.