Napoli e Taranto. Quando le apparenze ingannano

di Salvatore Romeo (’84)

Il risultato di De Magistris a Napoli assomiglia molto a quello che l’attuale sindaco di Taranto, Stefàno, ottenne al primo turno nelle elezioni del 2007. Nella capitale del Mezzogiorno l’ex magistrato ha conseguito da solo il 27% dei consensi, distaccando di 10 punti la coalizione. A sua volta il pediatra tarantino, col 37%, racimolò circa 8 punti in più dell’alleanza che lo sosteneva.
L’analogia, oltre che meramente elettorale, sembra estendersi al piano politico più generale. Anche fra i due mari le precedenti elezioni comunali conobbero una profonda spaccatura nel campo del centrosinistra. Le forze che di lì a poco sarebbero andate a costituire il PD (Democratici di sinistra, Margherita, Lista Florido, Italia di Mezzo), l’Italia dei Valori e lo SDI sostennero il Presidente della Provincia, Gianni Florido. Stefàno venne candidato invece da due liste civiche (Sinistra Democratica per Stefàno e Movimento Stefàno), Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi, UDEUR e Nuovo PSI. Il grande risultato di SDS e Movimento Stefàno (entrambe raggiunsero l’8%) fece parlare i commentatori di trionfo del “civismo” contro la politica dei partiti. Anche a Napoli il centrosinistra si è spaccato di fronte alla candidatura di De Magistris: da una parte, Italia dei Valori e Federazione della Sinistra hanno recepito da subito la candidatura dell’ex magistrato; dall’altra, il PD ha preferito optare su Morcone, seguito a breve giro di boa da SEL. I media nazionali hanno giudicato il risultato di De Magistris come frutto del “voto di protesta”, anche in questo caso ponendo l’accento sulla reazione di rigetto che i cittadini avrebbero espresso nei confronti dei partiti. Oltre tutto, il buon risultato ottenuto dalla lista civica ispirata dal candidato sindaco (col suo 4,6% “Napoli è tua” è stata la seconda lista della coalizione) sembrerebbe dimostrare anche in questo caso una certa tendenza al “civismo”.
Le analogie fra le due esperienze sono però più apparenti che reali. Non solo perché quattro anni fa Stefàno raccolse il sostegno anche delle componenti che a tutt’oggi compongono SEL, mentre Italia dei Valori sostenne Florido; la differenza qualificante riguarda proprio il “civismo”. Siamo sicuri che “Napoli è tua” sia una vera e propria “lista civica”? A giudicare dalle personalità più votate non si direbbe proprio. Al primo posto troviamo Vittorio Vasquez. Prima tessera socialista, segue la sinistra del partito nella scissione che diede vita al PSIUP. All’inizio degli anni anni ’80 viene eletto in Consiglio comunale nelle liste di Democrazia Proletaria e riveste la carica di assessore ai Servizi Sociali in una delle giunte guidate dal sindaco PCI di allora, Maurizio Valenzi. Vasquez è stato fra i fondatori dei COBAS Scuola di Napoli e, dopo una parentesi in Rifondazione Comunista durata fino al , ha abbandonato la militanza di partito. Il secondo più votato è Alberto Lucarelli. Docente di diritto pubblico alla Federico II, Lucarelli è fra gli autori dei quesiti referendari contro la privatizzazione dell’acqua pubblica che andremo a votare il 12 e 13 giugno. Candidato da indipendente nelle liste di Italia dei Valori per il Parlamento europeo nel 2009, Lucarelli non ha mai militato attivamente in un partito. Al quarto posto troviamo Pietro Rinaldi. Attivista storico dei centri sociali partenopei, Rinaldi è in particolare molto vicino all’Insurgenzia, realtà che in questi anni è stata in prima linea nella battaglia contro le discariche a Chiaiano e negli altri siti dell’hinterland napoletano dove si è manifestata l’emergenza. Settimo posto per Carlo Iannello, anche lui docente di diritto pubblico e studioso in particolare di servizi pubblici. Con l’assise di Palazzo Marigliano – una delle istituzioni culturali più autorevoli della realtà napoletana – Iannello si è battuto soprattutto contro l’attività della Bagnoli Futura s.p.a., la società interamente controllata dalle istituzioni pubbliche locali (Comune, Provincia e Regione) che avrebbe dovuto realizzare il piano di riconversione dell’area ex-Italsider. Sempre su questo tema Iannello è stato consulente dell’assessore all’urbanistica della prima giunta Bassolino (quella che tante speranze accese a Napoli e in tutto il Mezzogiorno), Vezio De Lucia, autore di un Piano Regolatore Generale eccellente sulla carte, ma sostanzialmente inattuato – se non addirittura stravolto – negli anni a venire.
A queste personalità ne andrebbe aggiunta un’altra che, pur non essendo in lista, probabilmente andrà ad assumere un incarico cruciale nell’eventuale Giunta guidata da De Magistris, Riccardo Realfonzo. Già allievo del grande economista Augusto Graziani, direttore del dipartimento di Scienze Economiche dell’Università del Sannio, Realfonzo ha già avuto un’esperienza amministrativa – alquanto traumatica, a dire il vero. Nel gennaio 2009, a seguito degli scandali che avevano travolto la giunta comunale per la collusione di alcuni assessori con l’affarista Alfredo Romeo, il professore venne indicato dalle forze di sinistra presenti in maggioranza come assessore al Bilancio. Avrebbe dovuto essere l’avvio di un’operazione di rinnovamento sia sul piano del personale politico che su quello della gestione amministrativa. Dopo aver messo al sicuro i conti comunali, evitando un nuovo dissesto (Napoli ne ha già dichiarato uno, nel ’93), Realfonzo è stato però osteggiato in quella che avrebbe dovuto essere la sua principale opera: la ristrutturazione della Napoli Servizi, la partecipata comunale che gestisce tutti i servizi pubblici erogati in città. Epicentro di un sistema clientelare radicato e assolutamente trasversale alle coalizioni e ai partiti politici, l’azienda è diventata il terreno di un’aspra battaglia fra conservazione degli equilibri di potere correnti e istanze di rinnovamento. Da buon economista “eretico” (rispetto al “pensiero unico” dominante), Realfonzo ha sempre difeso la proprietà pubblica della società, ma sulla base di un orientamento preciso: il pubblico deve fornire servizi di qualità ai cittadini, non può essere inteso come leva per scambi politici al limite – limite spesso varcato, a dire il vero – dell’illegalità . Un anno dopo Realfonzo è costretto a dimettersi. Il suo sindaco lo saluta in maniera sprezzante: “voleva fare il Robin Hood”. In queste settimane si è speso attivamente al fianco di De Magistris e sono in molti a considerarlo l’assessore al bilancio in pectore dell’eventuale compagine di governo guidata dall’ex magistrato.
In conclusione, quello che emerge da questa breve disamina è che De Magistris non ha semplicemente canalizzato la più che legittima protesta dei cittadini napoletani contro il dissennato governo del centrosinistra negli ultimi quindic’anni; egli è riuscito altresì a mobilitare forze intellettuali che sembravano aver assunto ormai una posizione marginale nella vita pubblica cittadina. Queste forze presentano due caratteristiche di fondo: sono chiaramente orientate a sinistra – nell’analisi ci si è concentrati prevalentemente sulle biografie dei protagonisti, ma i programmi riflettono nella sostanza quella che è stata fino ad oggi l’attività dei soggetti che li hanno sottoscritti – ed esprimono competenze di altissimo valore. Il “civismo” dunque c’entra poco o nulla.
Per carità di patria ci risparmiamo un’analoga ricostruzione dei percorsi personali e politici degli eletti a Taranto nel 2007. Certo, le due realtà per tradizione e vivacità culturale sono incomparabili; tuttavia una cosa va sottolineata: le liste civiche che alle precedenti comunali sostennero il successo di Stefàno erano semplici aggregati di donne e uomini di “buona volontà”, senza una definizione politica precisa, prive di una chiara ispirazione programmatica. L’impostazione che allora prevalse fu quella della “crociata degli onesti” contro i razziatori delle casse comunali. Inclinazione in certa misura inevitabile, se si considera la catastrofe che aveva travolto le finanze del Comune. Tuttavia, conseguito in buona sostanza il rientro dal dissesto, questa strategia ha mostrato tutti i limiti di una programmazione inconsistente. Emblematica la vicenda dell’AMIU, che dimostra come nella gestione delle partecipate non vi sia stato un radicale cambiamento nel senso dell’efficienza.
Sarà allora finalmente il caso di ammettere che le “brave persone” non bastano? In realtà questo pare essere ormai un dato acquisito. Piuttosto bisognerebbe chiedersi se davvero le differenziazioni politiche contino poco in ambito locale – come un certo senso comune continua a suggerirci. Il caso del primo turno a Napoli sembra dimostrare esattamente il contrario: De Magistris vince su Morcone sulla base di un programma che affronta alla radice i grandi problemi della città; l’elettorato premia quelle personalità che di quei contenuti sono i principali portatori. D’altra parte le partite che si giocano in contesti come Napoli o, in scala ridotta, Taranto non riguardano certo le buche per la strada o il verde pubblico poco curato (c’è anche questo ovviamente). Quelle sono realtà complesse, già indebolite da un ventennio di politiche di sviluppo insufficienti o sbagliate e ora stritolate dalla morsa della crisi. I problemi che le affliggono si chiamano disoccupazione, precarietà, emigrazione intellettuale, desertificazione produttiva… Ma anche inquinamento del paesaggio, peggioramento delle condizioni di vita, devastazioni urbanistiche. Di fronte a questi drammi di portata storica l’atteggiamento da “amministratore di condominio” è inadeguato e persino mistificatorio; esso può esasperare il malcontento dei cittadini, alimentando una protesta disperata. Occorrerebbe forse liberarsi del “civismo” e del suo presupposto culturale, il municipalismo. Decontestualizzare la posizione delle singole città, battersi per il loro successo individuale equivale a prestarsi al “mercato delle vacche” che caratterizza il capitalismo contemporaneo: una gara a chi si rende più attraente agli occhi degli investitori del Nord, una guerra fra poveri combattuta con le armi del dumping salariale, della disponibilità ad accettare le peggiori condizioni di sfruttamento del lavoro e dell’ambiente, della subalternità politica.
Le forze che lavorano attorno a De Magistris sembrano indicare un’altra strada: il problema riguarda il Mezzogiorno d’Italia e, in generale, i tanti Mezzogiorni che compongono l’Unione Europea. L’eventuale vittoria a Napoli avverrebbe a poche settimane dall’imponente sciopero generale greco e in concomitanza con le sollevazioni che stanno scuotendo le città spagnole. Addirittura la capitale del Mezzogiorno potrebbe prospettare ai moti di protesta che attraversano l’Europa meridionale un modello politico che gli consenta di sfuggire al rischio della marginalità e della dispersione: quella combinazione di radicalità, concretezza progettuale e competenza che sembra essere il valore aggiunto dei soggetti che hanno animato la campagna di luigi De Magistris. E a Taranto… qualcuno saprà cogliere il segnale?