Truffaut non sapeva quel che diceva

di Cosimo Spada

Ciao carissimi lettori com’è andata l’estate? Ci siamo lasciati alle spalle le spiagge affollate, il caldo afoso, gli aloni di sudore sotto le ascelle, le birre fredde e il Pulcino Pio… Non pensate che tutti quei discorsi sull’amore e la pace si dovrebbero arrestare di fronte a simili stronzate sonore?

Io sono convinto di sì. Se permetti anche una volta sola all’idiozia di entrarti nel cervello glielo permetterai sempre. Io lo so bene, è dal primo anno di ginnasio che glielo permetto e i risultati non hanno tardato a farsi vedere.

Francois Truffaut faceva dire, non ricordo se a Gerard Depardieau o a Fanny Ardant, la seguente frase dal film La signora della porta accanto: “Le canzonette dicono la verità. E più sono stupide più dicono la verità”. Che verità c’è dietro il Pulcino Pio? Forse che i posteri in futuro avranno ben più che un’ardua sentenza da esprimere? Forse che i trattori che investono i pulcini andrebbero elogiati? Forse che anche Truffaut ogni tanto sparava cazzate?

Il successo del Pulcino Pio, come di altre oscene canzoni, si spiega grazie alla loro immediatezza; la mancanza di mediazione tra il suono che ascoltiamo e la sua comprensione da parte del nostro cervello è il segreto di certe canzoni.

L’immediatezza non è però un traguardo facile da raggiungere e soprattutto non è appannaggio esclusivo di canzonette stupide. Forse uno dei migliori autori di “immediate music” che io conosca è Phil Spector, se non lo conoscete non vi preoccupate, conoscete molte canzoni su cui ha messo le mani, su tutte Be my Baby. Sicuramente uno degli ingredienti fondamentali per la riuscita di una canzone immediata è la melodia. Deve arrivare alla testa e non uscire più per nulla al mondo. Non è una roba facile, sarebbe più facile aspettarsi che D’Alema dica qualcosa di sinistra, piuttosto che qualcuno tiri fuori una melodia. C’è poco altro che una canzone immediata deve avere; certo non è importante il testo. Prendete ad esempio Surfin Bird dei Trashmen: gorgheggi, nonsense, sillabe in libertà, per uno dei pezzi più scatenati e divertenti che possiate conoscere. Con un po’ di impegno anche Di Pietro potrebbe scrivere una hit.

Poche settimane fa è uscito uno degli album che sto ascoltando di più e che per me racchiude tutta la mia idea di immediatezza. Parlo di Overgrown Path di Chris Cohen.

Brevissima biografia del signor Cohen: ha trentasette anni ed è un polistrumentista che ha dato lustro a tanti dischi di band e artisti, tra gli altri Deerhoof, Cass McCombs e Ariel Pink Hauntede Graffiti. Dopo tanti successi Chris si perde un po’, piccoli problemi. Forse anche lui ha dimenticato di pagare il bollo della macchina ed ora deve pagarlo con la mora? Sono cose dure da superare ragazzi.

Beh il nostro Chris si ritira nel Vermonth, tra le montagne, per ritrovarsi e provare a scrivere il primo disco solista. E arriviamo a Overgrown Path.

È un album diretto ed immediato, merito di un suono pulito, privo di qualsiasi furberia (con furberia vinco a mani basse la gara delle parole vintage) elettronica; i riferimenti sonori immediati sono sicuramente i primi Pink Floyd e il Syd Barret solista, ma anche il Donovan più psichedelico di Yellow Mellow.

Overgrown Path è pieno di momenti emozionanti, come in Solitude, l’esperienza di un tramonto vissuto in piena solitudine mentre si alza un polverone sonoro a circondare la voce di Chris. Oppure Rollercoster Rider che affianca ad una melodia molto semplice una ritmica accattivante che, mentre sto scrivendo, mi impedisce di tenere fermo il piede. I miei pezzi preferiti sono sicuramente Monad, il pezzo più psichedelico dell’album, e Optimistic High, per la dolcezza del reef e quel sapore antico come la torta della nonna.

In conclusione il punto di forza di quest’album, che lo differisce da molti che vanno a pescare in quell’immaginario sonoro, sta secondo me nella dinamica tra basso e batteria. Da buon polistrumentista Chris Cohen sa cosa una canzone deve assolutamente avere: le parti di batteria di tutte le nove canzoni dell’album arricchiscono il suono ed evitano che il disco prenda una noiosa via intimista.

Bene l’articolo finisce qui. Dato che lo sto consegnando in grosso ritardo mi prostro nel chiedere scusa alla nuova redazione di Siderlandia a cui faccio gli auguri. Spero che non vengano alla mia porta per farmi sentire la loro giustizia proletaria al mio sederino.

Mentre scrivevo questo pezzo ascoltavo:

Thee oh Sees, Carrion Crawler/The Dream, 2011;

jon Spencer Blues Explosion, Meat and Bone, 2012