Dagli Au pair alle badanti…tutto il mondo è paese

di Serena Mancini

Oggi voglio parlare di lavoro e in particolare di due “figure professionali” che tanto professionali in fondo non sono: mi riferisco a quella degli Au pair e delle badanti. E voglio parlare della nostra abitudine tutta italiana di sentirci migliori degli altri. Prendiamo un curriculum di un under 30, leggiamolo attentamente ed esaminiamolo nel dettaglio. Quali sono le capacità richieste ad un neolaureato? Un giovane che abbia terminato gli studi deve necessariamente conoscere l’inglese, avere dimestichezza con i principali programmi informatici e, possibilmente, dimostrare di avere alle spalle un’esperienza lavorativa. In caso contrario l’esclusione è assicurata! Seconda la tradizionale logica di “unire l’utile al dilettevole” molti italiani scelgono allora di seguire la strada dell’Au pair, nobile espressione francese che indica il lavoro di babysitter e di domestica in un paese straniero. Questo programma viene visto come un’occasione per migliorare le competenze linguistiche e, nello stesso tempo, arricchire il cv con appunto una nuova “esperienza”. Si tratta ormai di una vera e propria moda molto diffusa nei paesi anglosassoni, in cui le famiglie sono abituate ad affidare i propri figli nelle mani di giovani provenienti da tutto il mondo. In cambio di vitto e alloggio e di una paga settimanale di circa cento euro, ciascuna mamma riceve un supporto per le faccende domestiche più semplici e soprattutto un aiuto per occuparsi dei bambini. E’ molto comune quindi, a differenza di quanto possa pensare il nostro ministro del lavoro e delle politiche sociali, trovare annunci di giovani laureati il più delle volte in materie umanistiche, disposti a partire per prendersi cura di neonati e teenagers. Questo tipo di lavoro non prevede una diversa retribuzione per il babysitter a seconda del numero dei bambini e raramente ci si imbatte in famiglie con un solo figlio. In media si parla di nuclei con tre/quattro figli al seguito, ai quali vanno aggiunti diversi animali domestici. Il lavoro è di circa 25/35 ore settimanali e prevede diverse mansioni: vestire i bambini, preparare loro la colazione, accompagnarli a scuola e, in attesa di andarli a riprendere, lavare le stoviglie, stirare, pulire il pavimento ecc… Passeggiando nei parchi di Dublino è facile dunque imbattersi in un gruppetto di ragazzini dai capelli rossi accompagnati da una ragazza dai tratti mediterranei che, mentre tiene d’occhio le piccole pesti spinge un carrozzino lungo il viale. Nascono spontanee allora domande del tipo: “Ma come si può pensare di affidare i propri figli nelle mani di perfetti sconosciuti? Come possono queste famiglie fidarsi di giovani mai visti prima?”alle quali seguono risposte del tipo “noi siamo diversi” “noi non lo faremmo mai”. Ma è davvero così?

Effettivamente questa situazione potrebbe apparire molto lontana dalla mentalità italiana che, un po’ per tradizione, un po’ per la mancanza di un adeguato sistema di welfare, delega ai nonni il compito di accudire i propri figli. Ma, a ben pensarci probabilmente anche il nostro consueto attaccamento alla famiglia negli ultimi anni sta svanendo. Potremmo citare il fenomeno delle badanti, per intenderci quelle signore quasi sempre rumene o polacche che a Taranto vediamo passeggiare per il lungomare o in villa peripato in compagnia di un vecchietto in carrozzella o di una signora sotto braccio. Sino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile affidare un anziano ad una sconosciuta, mentre ora si è reso necessario. Queste donne si occupano dei nostri nonni, della casa e spesso vivono con loro condividendone gli stessi spazi, mentre noi siamo assorbiti dal lavoro e a stento riusciamo a fare loro visita.

Ci affidiamo a queste signore ciecamente e ci aspettiamo che diventino “persone di famiglia” quando invece sono semplicemente nostre dipendenti.

Così, mentre in Gran Bretagna e in Irlanda si cercano Au pair per i bambini, in Italia le badanti stanno diventando indispensabili per la cura degli anziani. Esattamente come accade per gli Au pair anche in questo caso si tratta di persone sconosciute, si tratta di donne che non hanno alcuna esperienza nel settore e di persone disposte a trascorrere dei mesi in un paese straniero pur di raggiungere il proprio obiettivo. L’unica differenza consiste nella finalità: mentre gli Au pair si spostano per imparare la lingua, le badanti lo fanno per raccogliere denaro da portare con sé quando torneranno in patria. Non stupiamoci dunque dei costumi anglosassoni perché i nostri non sono poi così diversi.