FSE: Train de vie

di Salvatore Romeo

Anni fa Daniele Silvestri cantava “se almeno si vedesse l’autostrada/ci porterebbe senz’altro a una città /oppure proseguire ovunque vada meglio / meglio che qua” . Già l’autostrada. Per molti pugliesi l’autostrada è simbolo di fuga, di un viaggio verso l’America del lavoro, del riscatto. Ma in molti paesi della Puglia l’autostrada è solo un miraggio, una striscia di bitume ed automobili da osservare lontano, da sognare. In Puglia ci si muove in autobus (con le poche compagnie esclusiviste/monopoliste delle tratte più lunghe ed importanti) o in treno. Già il treno. La compagnia di bandiera italiana (Trenitalia) ha già “abbandonato il relitto”: troppo costoso per lo Stato fornire un servizio decente ai suoi cittadini-limoni. E allora li abbandonano. Ma in Puglia per fortuna c’è una compagnia regionale, che cerca di mettere in contatto i paesi più piccoli. Ma potrebbe presto scomparire. I binari della rete ferroviaria regionale più lunga d’Italia (475 km), sono sorretti da una struttura di acciaio e traverse, ma anche da una ingente quantità di debiti: si parla di oltre 200ml di euro. Un carico troppo pesante per i binari della FSE. Se si considera che il precedente dato è quello rivelato dalla stessa azienda, si può facilmente immaginare che la cifra reale sia molto più alta. La regione Puglia, nelle veci dell’assessore ai trasporti Guglielmo Minervini, ne è convinta. A rendere così scettica la regione è una motivazione valida e fondata: da molti anni la società FSE non dichiara i propri bilanci all’ente regionale.

Ad aggravare la situazione dell’azienda amministrata da Luigi Fiorillo è un’accusa che la guardia di finanza ha inoltrato alla FSE a seguito dei risultati di alcuni controlli svolti nel 2011. In particolare sotto la lente delle fiamme gialle è finita una transazione, caratterizzata da una “strana triangolazione”: nel 2008 la FSE ha comprato 25 carrozze “Siberling” dismesse dalle ferrovie tedesche. Qualche mese dopo la FSE ha affidato alle officine croate Gredelj di Zagabria il loro “revamping”, cioè ad una completa revisione/ristrutturazione per poterle re-impiegare nel servizio attivo. Ciò che ha fatto insospettire la GdF è stata la cifra di 22,9 ml di euro pagata all’azienda croata, considerata fin troppo eccessiva. Secondo i periti incaricati della valutazione economica dell’intervento, FSE avrebbe speso 3 ml di euro in più rispetto a quanto normalmente necessario all’operazione. Tre milioni di euro probabilmente finiti chissà dove, che alimentano la già pesante zavorra di debiti della società che, come si può leggere dal loro sito, è di proprietà del ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Dunque i debiti sono di tutti noi. La notizia più interessante è che i 25 mezzi acquistati, dopo aver effettuato solo pochissimi viaggi, risultano abbandonati in “ricovero” in due depositi della provincia di Bari (precisamente tra il Parco Sudest a Bari e la stazione di Putignano). Per l’azienda si tratta di problemi “collaterali”. Per i pendolari pugliesi, stanchi di continui ritardi e disagi, una vera beffa.

Eppure questa “realtà dell’imprenditoria” (certamente non “illuminata”) pugliese, dotata di una flotta di locomotive a gasolio (dunque assolutamente inquinanti), rappresenta l’unica ancora di salvezza di chi per lavorare è costretto a intraprendere la dura vita del pendolare. Parafrasando De Andrè, lo Stato che fa? “Si costerna, s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità”. Il refrain non è molto originale. Ci aveva pensato il governo Monti a “risolvere” la situazione, la soluzione era diabolicamente semplice: se i debiti per lo Stato sono risultati troppo eccessivi per intraprendere la strada del risanamento societario, hanno “fortemente consigliato” alla regione Puglia l’acquisto di FSE e della ingente montagna di debiti. Geni della finanza! Ma con uno slancio di acume, l’assessore Minervini ha “fiutato l’inghippo” e ha bloccato le procedure d’acquisto. Ovviamente a trarne le conseguenze peggiori di questo “Italian Affaire” sono i cittadini pugliesi, che già retrocessi dalle gerarchie del trasporto nazionale, si misurano ora con la possibilità di perdere un servizio fondamentale per la loro normale quotidianità. E non credo si stupirebbe nessuno se lo Stato non si batterà strenuamente affinché la situazione possa tornare alla normalità.