Lacrime dai microchip: l’umanizzazione del supplente Monti

di Luca Frosini

C’era una volta Mario Monti, professore esimio e molto rispettato in ambito internazionale, tecnico capace, chiamato a risollevare il Paese dai disastri economico-sociali del ventennio precedente, figura superpartes che trovava la sua forza proprio dal suo essere altro e diverso di fronte all’inquietante panorama politico offerto dal Belpaese.  Un  personaggio, il Supplente( che professore non ci piace), che ai frizzi e lazzi, alle boutade( parola nuova del giorno) dell’agone parlamentare contrapponeva uno spirito e un atteggiamento sobrio e pragmatico, totalmente “acomunicativo” rispetto alla normalità nazionale, lontano dall’idea stessa di presenza mediatica così come intesa dalla nostra classe parlamentare.

A distanza di un anno dalla sua comparsa nei nostri bagni, però, la situazione appare molto diversa. Il buon Monti, spesso così rigido nel suo aspetto da aver dato l’impressione di un cyborg privo di sentimenti umani, ha deciso infatti di candidarsi, di provare a “salire” ai piani alti di Montecitorio con le proprie forze, costringendosi così a ricorrere a tutta una serie di accorgimenti, scorciatoie e meccanismi ormai automatici in altre forze ma totalmente assenti nel nuovo schieramento del premier, sostenuto certo da frange importanti dell’establishment italico ma molto lontano dall’essere una faccia spendibile di fronte ad una platea più vasta dei consigli d‘amministrazione o di eleganti aule universitarie come quelle del Cep… .della Bocconi di Milano.

Eh sì, Marione nostro non appariva, almeno fino a pochissimi mesi fa, in grado  di sopravvivere ad una corrida elettorale. Noioso, freddo, troppo simile ad un annunciatore automatico che ad un politico, Monti necessitava quindi di un radicale restyling, di un’umanizzazione (secondo termine nuovo della giornata) necessaria a renderlo appetitoso al fruitore italiano, notoriamente onnivoro se non coprofago di fronte alla tavolata politica.

La strategia dei montiani all’indomani della sua candidatura è risultata quindi molto chiara: inondare il video di immagini del Supplente, cercare di renderlo più simpatico e famigliare, provare così a lanciarlo nella sfida dei barzellettieri nota come ospitate televisive.

Ecco quindi Monti avventurarsi nei territori inesplorati delle promesse elettorali, nel annunciare una modifica dell’IMU e della riforma Fornero, nel dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, nel definirsi soggetto nuovo e progressista rispetto ai big bipolari e poi blandire determinate parti di questi, nell’imbarcare figure che nel sistema vecchio ben ci sguazzano, arrivando infine ad un tenero tentativo di utilizzare la tattica tipicamente berlusconiana dell’“acchiappafregna“, approcciando con il trasporto di un iguanodonte la conduttrice di Unomattina  Elisa Isoardi durante una puntata dello scorso dicembre, in un tripudio di clangori metallici dati dall’evidente impaccio del Supplente di fronte al professionismo di tanti dei suoi nuovi colleghi.

Un tentativo, quello che troverà la sua conclusione ormai a fine mese, che ha dato risultati contrastanti. Accanto alla presenza ormai costante di Monti sui nostri teleschermi, tale forse da respingere i tentativi silviani di escluderlo dalle parti più accesso del confronto politico, si registra la conferma di quasi tutti i difetti prima riportati, rimanendo così l’ aristocratico androide ben tratteggiato in numerosi esercizi di satira.

Un animale strano, questo Monti 2.0, ancora impacciato da apparire come un secchione improvvisatosi anima della festa, invisibile ma fin troppo ingombrante, un punto di domanda destinato a rimanere tale fino al 26 febbraio ed oltre, una “novità”che di nuovo ha poco o nulla. Quindi restate in ascolto che siamo solo all’inizio, purtroppo.