Taranto: emergenza profughi. Cronaca e riflessioni

di Pietro Rizzi

Sabato pomeriggio. Ore 16.30, riunione organizzativa all’Archeo Tower con Enzo Pilò (Associazione Babele), i volontari e i ragazzi Nordafricani che sono rimasti da giovedì senza tetto, a seguito dello sgombero dei diversi centri di accoglienza della provincia di Taranto.
Decido di andarci e di prendere parte alla riunione. Lo scorso anno assieme a quelle stesse persone, ebbi il piacere di organizzare la Giornata Mondiale del Rifugiato, un’esperienza che difficilmente dimenticherò e che mi ha permesso di comprendere molte cose.

Lo immaginavo, ma ne ho avuto la conferma nel momento in cui è iniziata la riunione che la situazione fosse di gran lunga più grave di ciò che avremmo potuto pensare.

Questi ragazzi si vedono costretti a dormire da 2 giorni per terra come cani all’interno di un’ala del dormitorio, che si trova presso il quartiere Salinella a Taranto, nel quale ci sono 27 posti letto riservati ai senza tetto tarantini. Una città, in uno Stato civile, dovrebbe garantire loro cibo, un letto, dell’acqua calda per potersi lavare e delle coperte per ripararsi dal freddo, ma ad oggi offre solo un pavimento. L’unica cosa che giunge dalle istituzioni, nonostante fossero al corrente della imminente scadenza dell’emergenza Nord Africa è solo un assordante e doloroso silenzio.
Leggo negli occhi di quei ragazzi, tanta, tantissima voglia di riscattarsi dalle ingiurie subite nel loro (non) Stato e da quelle che continuano a subire al di fuori di esso. L’Italia li ha liquidati con 500 miseri euro, dopo averli fatti attendere più di un anno per un documento e senza aver permesso loro di integrarsi e avere una vita normale. E ora? Che ne sarà di loro? Ascolto i dialoghi tra i volontari che dicono: “con il culo degli altri non si gioca, dobbiamo trovare una soluzione, noi torniamo a casa nostra e possiamo dormire tranquilli, loro no!

Mi rincuora ma allo stesso tempo mi fa rabbia sapere che lì dove lo Stato non arriva ci sono però i cittadini, giovani e meno giovani che mettono il proprio impegno e si danno da fare per gli altri. Su Facebook, sulla pagina di Archeo Tower moltissimi sono i commenti, da parte della gente che si mobilita per donare delle coperte, materassi gonfiabili, cibo e anche dei contributi in danaro. Ma sempre troppe poche persone sono quelle che spengono quel dannato computer (che alle volte paragono ad un trespolo) e vanno a vedere con i propri occhi.

Sono le 17, il briefing pomeridiano termina. Prossima destinazione, Palazzo di Città-Salone degli Specchi. C’è la sorella di Paolo Borsellino, Rita, per un incontro dal tema “Dialoghi su giustizia e legalità”. Una delegazione dei ragazzi accompagnati da volontari e mediatori culturali si recherà lì per esporre il proprio disagio e richiamare l’attenzione delle istituzioni presenti.

Fermo Enzo Pilò, una persona della quale ho immensa stima. L’ho sentito sabato mattina. Durante la nostra conversazione telefonica mi aveva anticipato: “’sta situazione è diventata intollerabile, pensavamo che il tutto si fosse risolto più facilmente, attrezzando il dormitorio e con l’ausilio delle mense per i pasti”.

Nei pochi minuti successivi alla riunione organizzativa, mi spiega brevemente ma in maniera assolutamente precisa il quadro della situazione:

La chiusura dei centri di accoglienza, ha portato esattamente a quei problemi che vennero sollevati dalle associazioni del settore all’inizio dell’emergenza nel 2011. Il ritardo nel rilascio dei documenti, ha messo nelle condizioni i ragazzi di non potersi spostare più di tanto per crearsi un futuro rendendoli fondamentalmente, prigionieri di queste strutture. Per cui nel momento in cui hanno ottenuto i documenti dopo 20 mesi, sono stati messi sulla strada senza avere la possibilità di intraprendere un percorso di inserimento sociale.

Hanno trovato un lavoro a nero, sono diventati altra carne da macello per il sistema economico. La metà di quelle persone, una strada l’ha trovata; una percentuale molto bassa ha trovato una casa e un lavoro in regola, un’altra parte ha raggiunto amici e parenti in altri territori; moltissimi sono andati all’estero, ma il rischio è che tra tre mesi li rivediamo tornare indietro tutti.
Di queste persone sapevamo che almeno un terzo si sarebbe trovato in serie difficoltà, perché non possiede i soldi per potersi pagare una casa in affitto, e anche perché è difficile trovarne una se non si ha un contratto di lavoro, oltre alla diffidenza nei confronti dei migranti.

A Settembre chiedemmo al Comune di Taranto che attrezzasse una struttura di accoglienza di bassa soglia, un dormitorio in cui queste persone potrebbero costruirsi una vita, un percorso individuale. Ad oggi noi ci siamo occupati di una collettività di persone e questo non ha permesso a loro di uscire da una condizione di massa per diventare individuo, perché ognuno di loro condivide una situazione collettiva. Noi abbiamo bisogno di una struttura di accoglienza pubblica permanente, che esista sul territorio e che dia risposte al disagio sociale non solo degli stranieri ma anche degli italiani che aumenta giorno per giorno. Dobbiamo evitare che episodi come quelli verificatisi a Roma, dove due ragazzi somali che dormivano in un sottopassaggio, hanno acceso il fuoco e sono bruciati vivi, non succedano più.

Sono circa 4000 persone che stanno vagando su territorio italiano senza una meta. Una parte è partita verso l’estero con una destinazione precisa.”

Torno a casa, soddisfatto e speranzoso, ma con un senso di vuoto dentro di me e una domanda in particolare alla quale non troverò almeno per il momento, una giusta risposta. “Perché?”

Di seguito uno dei video publicati sul canale youtube del Cloro Rosso, relativo all’intervento durante l’incontro con Rita Borsellino.
(Nota della redazione)